“Gli abbandoni frutto dell’egoismo collettivo”
Data: Domenica, 20 marzo 2011 ore 09:55:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Un’inchiesta del mensile Tuttoscuola di marzo ha calcolato che l’anno scorso ben 190 mila giovani sopra i quindici anni hanno abbandonato licei e istituti pubblici: quasi il 31%cento della popolazione scolastica dell’istruzione superiore. Una parte (la stima è di 70 mila) potrebbe essere passata in scuole private o negli istituti professionali, ma gli altri sono usciti da qualsiasi percorso scolastico o formativo. «Un vero disastro educativo» , commenta il direttore della rivista Giovanni Vinciguerra.           
Certo, si tratta di una dispersione che racconta in modo drammatico quale sia il disastro della nostra scuola, al di là dell’individuazione di specifiche responsabilità. Ma non soltanto questo. Non importa per ora analizzare questi dati nel dettaglio. Del resto non ci sono grandi scarti tra Nord e Sud: subito dopo le isole c’è infatti il Nord-Ovest tra le macroregioni, Lombardia e Liguria in testa. Questi giovani non entrano nel mondo del lavoro e lasciano per sempre i libri, rivela l’inchiesta, per rimanere del tutto inattivi nelle famiglie, dove vengono a costare come un secondo affitto. È una realtà che dovrebbe mettere in secondo piano per un momento le polemiche dei mesi scorsi e costringerci a una riflessione più profonda su questo fenomeno di dissipazione di un potenziale intellettuale che va letteralmente in frantumi. Penso che sia troppo facile (e comodo) scaricare come sempre ogni responsabilità solo sulla scuola e su chi vi insegna, sui tagli o su un ministro, pur di continuare a non vedere una realtà palese. Il nostro Paese, specie nelle metropoli, ha una società che tollera quartieri-ghetto, facendo finta che basti cancellarne la realtà per sostenere che non esistono; ha una società che predica i servizi assistenziali ma non li pratica, o se li pratica lo fa alla maniera che Habermas ha stigmatizzato: in modo burocratico; ha una società che irride i valori non effimeri e riduce il valore dell’uomo al denaro e al successo. Una società così, che enfatizza l’egoismo, può far voltare anche un modesto insuccesso in un fallimento con molta (troppa) facilità.    (di Giorgio De Rienzo dal Corriere della Sera)

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