150* UNITA': Censis, nuove generazioni maggiori 'tifosi' Italia  
Data: Luned́, 14 marzo 2011 ore 17:13:00 CET
Argomento: Sondaggi


Le nuove generazioni di italiani sembrano essere i maggiori 'tifosi' del Bel Paese che pero', secondo gli stessi giovani, necessita di un profondo cambiamento. Oggi non ci si stringe piu' intorno ad un'unica comunita' e lo spirito nazionale, insieme al senso d'appartenenza, lasciano il passo ad un individualismo che ha perso le sue ''radici storiche''. La fotografia dell'Italia e' scattata dal direttore del Censis, Giuseppe Roma che, all'Asca, ha richiamato gli italiani a ritrovarsi protagonisti di un unico progetto: L'Italia unita.               
Ma se da un lato, il direttore del Censis, commenta il presente come un ''momento di disorientamento'', dall'altro lascia aperto lo spiraglio di un ritrovamento identitario con tutti i ''pregi e difetti'' degli italiani. La storia di questi 150 anni d'Unita' d'Italia e' ''conosciuta poco'' e la causa, per il Censis, e' da ricercare nel mondo della scuola, troppo spesso negli ultimi anni ''penalizzata'' e ''depotenziata''. Il nodo resta, ancora, l'unita'. Dalla 'questione meridionale', infatti, spiega Giuseppe Roma, l'Italia rimane ''sconfitta''. Il divario tra Nord e Sud non si e' ridotto e il Federalismo non sembra essere la soluzione, considerato che per gli italiani ''portera' ad un incremento del peso burocratico e un aumento delle tasse''.

D. Gli italiani quanto sentono vicina la festa dei 150 anni dell'Unita' d'Italia?. ROMA: ''Penso che la sentano abbastanza, anzi, capita in un momento di disorientamento per cui la festa del 17 marzo fara' da stimolo per un'autocoscienza nazionale. Si dice che l'Italia non ha mai avuto uno spirito di nazione, di appartenenza, di patria, credo che ci sia piu' attaccamento di quanto non appaia. Forse siamo meno retorici, siamo meno appassionati delle cose rigide, siamo capaci di reagire momento per momento, pero', in realta' questo aspetto dell'italianita' alla fine e' sentito. Non in modo retorico, non con la bandiera, non con l'inno ma ci sono molte piu' radici storiche di quanto non crediamo''.

D. Quanti italiani conoscono la storia del nostro Paese?.

ROMA: ''Non penso che in tanti la conoscano. Noi siamo un Paese analfabeta di ritorno e quindi la storia del nostro Paese e' conosciuta poco. Si sovrappongono ad esempio il Risorgimento con la Resistenza, Garibaldi con il Rinascimento, non mi meraviglierei che ci sia una certa confusione. Questo deriva dal fatto che oggi si sono moltiplicate le agenzie d'informazione, per cui c'e' la televisione, internet, lo spettacolo, il cinema e invece quella piu' istituzionalizzata, la scuola, e' stata in qualche modo penalizzata. Su questa, infatti, sono state costruite continue riforme che l'hanno depotenziata''. D. Le nuove generazioni italiane sono formate anche da figli d'immigrati. Com'e' cambiato il Paese negli ultimi anni?.

ROMA: ''I nuovi italiani sono i maggiori tifosi dell'Italia.

Sono i piu' entusiasti, sono quelli che pensano con piu' ottimismo al futuro. Abbiamo solo da guadagnare ad avere questi nuovi italiani perche' saranno un elemento in piu' per l'Italia''.

D. Qual e' il giudizio degli italiani sul Federalismo?. ROMA: ''La maggioranza degli italiani ritiene che sia un buon strumento per responsabilizzare la politica ma pensa anche che portera' ad un incremento del peso burocratico e un aumento delle tasse''.

D. Gli italiani si sentono orgogliosi di questo Paese?. ROMA: ''La maggioranza direi di no. Gli italiani non si vogliono bene ma ritengono di essere i piu' bravi di tutti, all'estero invece si dice che l'Italia dagli italiani e' molto amata.

Noi siamo degli eterni esterofili perche' non sappiamo apprezzare le nostre vere qualita' e in qualche caso riteniamo che le nostre furbizie siano delle qualita'''.

D. Dopo 150 anni la 'Questione meridionale' e' ancora aperta?.

ROMA: ''Secondo me e' sepolta. Siamo praticamente sconfitti. Dalla prima commissione sulla poverta' del mezzogiorno ad oggi praticamente il percorso e' stato quello di ritenersi sconfitti dal poter avvicinare la parte ricca e la parte povera del Paese. L'emblema di tutto questo e' che le ferrovie siciliane sono ancora quelle fatte subito dopo l'Unita' d'Italia, il che vuol dire che il mezzogiorno non e' riuscito a operare il riscatto, che non puo' che avvenire dalla coscienza dei meridionali. Questo e' il punto piu' debole perche' l'aiuto e la solidarieta' e' indispensabile ma solo a chi vuole aiutarsi da se'. Quindi il divario, tra Nord e Sud non e' cambiato. Negli ultimi 50 anni, il reddito del Sud e' costantemente il 56% di quello del Centro-Nord. Tutte le politiche fatte da De Gasperi e altri ma anche quelle piu' recenti, infatti, non hanno negli ultimi 50 anni ridotto il divario tra Nord e Sud, il che vuol dire che c'e' un male oscuro che viene dalla criminalita' organizzata''.

D. Cavour disse: 'Fatta l'Italia ora dobbiamo fare gli italiani'. A che punto siamo oggi ?.

ROMA: ''Oggi bisogna fare l'Italia perche' gli italiani ci sono con i loro pregi e difetti. Gran parte di loro sono stati protagonisti di un'incredibile ascesa dell'Italia ma oggi ci mancia il senso della direzione collettiva, ci manca il senso della comunita' nazionale, quindi dovremo rovesciare la questione: sono gli italiani che dovrebbero fare l'Italia''.    (ASCA)

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