Manifesto del movimento “no congelamento – si trasferimenti – no tagli”
Data: Giovedì, 10 marzo 2011 ore 09:00:07 CET
Argomento: Comunicati


Da alcuni anni la scuola statale italiana vive sotto lo scacco della pseudo-riforma Gelmini, grazie anche allo smarrito immobilismo del personale scolastico. Tuttavia, attorno all’idea che non esista riforma che possa passare attraverso un taglio orizzontale di risorse, si sono riuniti (virtualmente) diversi lavoratori della scuola pubblica (docenti precari e non, personale ATA) costituendo il gruppo spontaneo su Facebook: “NO CONGELAMENTO – SI TRASFERIMENTI – NO TAGLI”; gruppo che, in pochi giorni dalla sua creazione, ha registrato quasi mille iscritti. L’obiettivo del movimento è quello di riportare al centro del dibattito il patrimonio dell’istruzione statale italiana, che attua la Costituzione perché promuove la libertà delle donne e degli uomini.
Una riforma reale del sistema dell’istruzione doveva essere pensata affrontando i nodi critici di tale complesso sistema e partendo dall’esperienza dei quei lavoratori (docenti, dirigenti, ATA) che conoscono le esigenze effettive dei ragazzi, del territorio, gli sprechi reali e i punti di forza delle istituzioni scolastiche. Di contro, in Italia, il campo dell’istruzione è divenuto il settore prediletto per il recupero di fondi attraverso una politica sartoriale del “taglia e non cuci”, sottraendo fondi (8 miliardi) e personale (132.000 posti di insegnanti e personale ATA nel triennio).             
Quale scuola può essere definita di “qualità” quando è costretta a RINUNCIARE ALL’INSEGNANTE SPECIALISTA DI INGLESE, nella primaria, a fronte di esigenze di bilancio? Quando TAGLIA L’UNICA ORA DI INFORMATICA nella scuola secondaria di primo grado? Quando costringe gli studenti a essere SUDDIVISI TRA LE ALTRE CLASSI per la mancata sostituzione dell’insegnante assente, impedendo il regolare svolgimento della didattica? Quando RIDUCE le ore di “scuola”?
Assicurare un’istruzione statale di “qualità”, capace di garantire la libertà e l’eguaglianza dei cittadini e tale da rimuovere tutti quegli impedimenti che possono ostacolare il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 3), vuol dire, ad esempio, sostegno a province e comuni per mantenere e potenziare i servizi necessari per garantire il TEMPO SCUOLA (tempo pieno e prolungato) e modularlo in base alle reali necessità del territorio, tenendo in considerazione anche l’alto tasso di dispersione scolastica, fattore di criticità del Mezzogiorno. Vuol dire ripristinare e valorizzazione le COMPRESENZE, occasione di inclusione, collegialità e condivisione del lavoro educativo e didattico, soprattutto nei contesti problematici. La razionalizzazione economica, infatti, ha penalizzato paradossalmente proprio le aree difficili, quelle zone di periferia geografica e culturale dove manca tutto, dalla biblioteca a internet, dove l’incontro tra le due agenzie formative (scuola e famiglia) è ridotta a mera utopia.
“Qualità” vuol dire anche riqualificazione e rifunzionalizzazione degli edifici scolastici, affrontando il problema “non risolto” della sicurezza, elemento che ha pesanti ricadute sull’incolumità degli alunni all’interno delle aule (spazi ridotti e classi pollaio) e che comporta una inevitabile rinuncia alle didattiche laboratoriali. Eppure è sempre più evidente che agli studenti non può bastare la lezione frontale e l’apprendimento sequenziale. Cresciuti, nell’epoca della televisione e della multimedialità, la net-generetion manifesta apprendimenti di tipo globale e simultanei, e solo una didattica laboratoriale e individualizzata può assecondare la molteplicità delle esigenze del percorso formativo. Ma come attuare ciò SENZA DOCENTI?
Infatti tutti gli elementi della pseudo-riforma hanno un unico denominatore: la mortificazione della professione docente. L’insegnante, con una professionalità e delle competenze acquisite, lungo il percorso formativo e professionale, competenze necessarie per una didattica appropriata ed efficace, è stato trasformato in “fastidiosa eccedenza”, in apparenza riconosciuto ma inutile; è stato ridotto al ruolo di babysitter in classi pollaio dove qualunque proposito-necessità di piano di apprendimento individualizzato diventa una chimera.
In una situazione così complessa, partendo da un necessario ripristino di tutte le risorse umane necessarie al fine di stabilizzare e rendere più funzionali gli assetti scolastici, la priorità di un Governo responsabile dovrebbe essere non quella di assicurarsi un insegnante del nord, del sud o di tale regione, ma un insegnante preparato, con esperienza, capace e desideroso di affrontare sempre nuove sfide. Regionalizzare le graduatorie, bloccare la libera circolazione di professionisti all’interno del territorio nazionale con il solo scopo di tutelare la “possibilità di lavoro” dei docenti residenti in loco, vuol dire, in un’ottica realmente miope e distorta, non valutarne la “qualità” ma RIDURRE IL MESTIERE DOCENTE AD AMMORTIZZATORE SOCIALE all’interno di una realtà in forte crisi economica.
Nel percorso di questa “riforma-tagliola”, che si innesta su una evidente equivoco sui termini “qualità” e “merito”, qualunque disegno di legge volto a regionalizzare le graduatorie diviene, quindi, ultimo scarso e contraddittorio obiettivo della “missione politica” della nostra ministra Gelmini che nel giugno 2008 aveva affermato che “la scuola deve smettere di essere un ammortizzatore sociale e uno stipendificio”!
Paola Biscoglio per il gruppo: NO CONGELAMENTO – SI TRASFERIMENTI – NO TAGLI

Paola Biscoglio







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