Scritti d’esilio – Escritos de exilio di Antonio Ferrieri
Data: Lunedì, 07 marzo 2011 ore 09:00:00 CET
Argomento: Redazione


Scritti d’esilio di Antonio FerrieriRitorno ad indagare sulle vite umili e possenti dei miei cari colleghi. Come un esploratore, un cercatore d’oro, inseguo storie, uniche e irripetibili, di uomini e di passioni, vissute d’un solo fiato in luoghi lontani. Con occhi attenti m’inerpico nelle loro vite a racimolare ricordi e speranze d’un tempo passato. E dopo aver già narrato della collega pittrice, ecco che in pausa di ricreazione, al bar didattico, tra il vocio dei ragazzi e lo sconforto della collega di scienze per la verifica andata a male della terribile 1^ D, scorgo la storia semplice e accattivante di Antonio Ferrieri, insegnante e poeta. Nato in provincia di Bari, il professore Ferrieri, spinto dalla passione per i viaggi e per la letteratura si trasferisce in Veneto, dove si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova, si laurea e continua gli studi occupandosi di letteratura francese moderna. Ha pubblicato un libro di poesie bilingue, italiano e spagnolo, “Scritti d’esilio – Escritos de exilio” (Ed. Cleup; 2009), pensato come “un viaggio tra ricordi, paesaggi e riflessioni che hanno trovato nella poesia, nel monologo e nel diario, un unico canale comunicativo”. Antonio Ferrieri è “come un artigiano che si è formato da solo, che ricava da dentro il suo stesso materiale, le forme poetiche…I colori della natura attraversano gli stati d’animo dello scrittore si manifestano in una scrittura unica di luci e ombre”.
Le poesie di Antonio Ferrieri hanno degli ingredienti, semplici, affabili, invitanti: la vita, l’amore, il viaggio. Le sue parole sono stille di buon vino e di suggestioni, di ricordi di giovinezza e di presagi; raccontano l’amore per la propria terra, per il sud, la necessità di emigrare, la dignità della scelta e l’orgoglio del lavoro. Il linguaggio è scevro da un “lessico altro”, avulso, lontano, estraneo all’uomo, con assonanze obbligate e con scarabocchi pseudo musicali, il poeta usa, invece, la lingua parlata e reale, espressiva, comunicativa, di tutti i giorni e per questo poetica, arricchita, nella traduzione spagnola, “da una musicalità e da un trasporto sanguigno ed emotivo, che interpretano al meglio i contenuti e le atmosfere”.
L’autore, “mettendo nella propria valigia  le passioni per le parole, i suoni” costruisce un percorso lirico sincero di innocenza e di armonia con il proprio vissuto di “nomade, di ricercatore della bellezza e del rigore nella forma e nel contenuto”.
Antonio Ferrieri racconta il viaggio, come necessità di superare “l’inquietudine di uno spazio fisso”, di “un luogo delimitato e definito”, “Di tutte le storie che vorrei raccontare / quelle degli emigranti, / viaggiatori della notte, / mi incuriosiscono più di ogni altra”. L’autore “ferma le scene delle tante stazioni visitate nel tempo. Poiché le stazioni sono dei limiti, una linea di demarcazione tra qualcosa di sicuro e l’incerto”, perché “lo sguardo visivo delle stazioni porta ad andare lontano nel tempo…una sensazione metafisica del luogo, di passaggio a metà tra natura e la città”. “Nelle stazioni non ci si annoia mai” perché sono “luogo di possibilità e di solitudine”.
Parla della sua terra, del sud e della giovinezza perduta, “In questa vita tutto è passaggio”. “Quale strano attrito mi lega al sud? / Le passeggiate notturne sul lungomare? /…/ Sogni e richiami di una vita feconda d’amore. / Incanto del sud”.
Per la madre, Antonio, comunica un legato d’amore sublime e indissolubile, raccontato con tenerezza e pudore: “Luce dei miei occhi, / tu che mi hai generato, / a te devo l’amore che tiene in vita i miei giorni.” E ancora, “Dedico a te la mia vita / grande timoniera / stella guida / non ho amato altra donna.”
E scrive, anche, dell’amore per una donna, un sentimento vivace e inconsueto, “Ti porto nel cuore in segreto…Dappertutto…come un angelo ti respiro a fianco”. “La vidi seduta una serata calda su un marciapiede / di fine primavera. / Mi si incendiò il cuore…/…/ Era lei.” E poi, “su quei occhi gravidi d’amore / ho avanzato innumerevoli ipotesi / sfumate in delirante fantasticherie e cieco trasporto.”
Ferrieri racconta, soprattutto, la vita lieta e irripetibile di tutti i giorni, “Il tempo trascorso in riva al mare non è vano. /…/ I bambini che giocano al pallone la sera, / le loro madri li chiamano per la cena / ma si attardano per un momento ancora di piacere.” Il tempo “irrestituibile” dell’infanzia, “alle grandi feste di famiglia / ai lunghi pranzi”. “La vita senza musica è silenzio assordante, / è irreversibile malinconia, è morte.”
E poi la partenza per terre lontane, lo strappo della memoria, dell’identità. ”Lasciai il mare, rincorsi il destino su terre lontane. / Dimenticai tutto, mi immaginai diverso…/…/ e come un bambino corsi a braccia aperte verso la / nuova vita./…/ le correnti ti spingono verso lo sconosciuto”.
Il poeta confida l’illusione leopardiana, “all’apparir del vero”, “Come fu amaro constatare col tempo la caduta nel / vuoto…/…/ Mi resta ancora della vita in questa vita riluttante? / La vita ingannatrice, / avversaria del tempo misterioso / custode avara dei ricercati perché”. Riflessione amara e pacata che traspare dalla lirica “Verso la Puglia”, la rincorsa ansimante verso “gli ulivi antichi e fieri /…/tra le inabitate masserie /…/ smarriti e incantati / dal fascinoso passato millenario”.
Il poeta si interroga sul significato dello scrivere, “E’ dar vita a qualcosa che prima non esisteva / a far respirare tra la riga / la prosperità dei fatti e delle parole”. E, “legato come l’ubriacone alla bottiglia”, alla fine si confessa, “La letteratura è stata di rifugio, / in lei ho scorto riflessioni introspettive / … / intrapreso viaggi immaginari”.
Le parole di Antonio Ferrieri hanno il pregio di denudare la sofferenza delle partenze, la gioia del viaggio e del ritorno nei luoghi felici d’origine. E’ la vita sobria e sofferta dell’emigrante, del docente precario.
“In questa malinconica visione non trionfa mai e comunque la rassegnazione, anzi, sembra che il dolore diventi culto della personalità e vanità emotiva”, dice, nella prefazione, Giuseppe Berardi.
Ferrieri, infine, si rassegna, con misurata nostalgia, alla vita, semplice e mite, “Anche questo giorno finirà / come un foglio di giornale /…/  rinfrescherà il vuoto / della perturbante eternità.”
“Incluso este dìa terminara / como una hoja de periodico / … / refrescara el vacio / de la perturbante eternidad.”
Adesso, il professore Antonio Ferrieri vive in Lombardia, insegna in un Istituto Alberghiero ed è costantemente impegnato a scuola in progetti didattico – educativi per i ragazzi e nel territorio bresciano in tante iniziative culturali di notevole valore sociale.
Angelo Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it





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