Napolitano avverte: rigore nei tagli, ma no al machete
Data: Sabato, 05 marzo 2011 ore 14:10:58 CET
Argomento: Istituzioni


Il messaggio non poteva essere più chiaro: basta con i tagli alla ricerca fatti con il machete. Giorgio Napolitano, da Ginevra, nel corso di un incontro con i ricercatori del Cern, il centro europeo dove si cerca di comprendere la materia e le forze che regolano l’Universo, è nettissimo. «Anche in questa fase di tagli della spesa pubblica, di rigore in seguito all’accumulo di un grande stock di debito pubblico - chiarisce il Capo dello Stato - ritengo che i tagli della spesa pubblica non possano essere fatti con il machete. Non si possono mettere sullo stesso piano tutte le spese».
Musica per le orecchie dei circa 1.500 ricercatori che rappresentano una bella fetta dei 6.000 scienziati che operano al Cern grazie alle intese tra l’Infn, l’Istituto nazionale di Fisica Nucleare. Non sono dunque «cervelli in fuga» della scienza, anzi: sono l’avanguardia di una scuola in cui l’Italia ha una grandissima tradizione, che nasce con Enrico Fermi ed Edoardo Amaldi. Il Cern è il più importante laboratorio di fisica del mondo, e l’Italia vi partecipa al 18% insieme ad altri 19 Paesi europei. Nel complesso c’è Lhc, l’acceleratore di particelle che con i suoi 27 chilometri di circonferenza è la più grande macchina mai costruita dall'uomo.  
Il guaio è che in Finanziaria il governo ha tagliato ancora gli stanziamenti per la ricerca, compreso il contributo italiano al Cern. Napolitano non ci sta: «Come sapete - spiega a un certo punto ai ricercatori - io sono un presidente non esecutivo, ma credo che saranno condivise da altri alcune ragioni fondamentali di sviluppo della comunità italiana che si riflettono nell’investimento per la ricerca. C’è una nostra forte ragione di sostenere il Cern e sono convinto che questo impegno non verrà meno perché occorre uno sguardo un po’ più lungo e lungimirante».

Insomma, per il Capo dello Stato «non è retorico dire che cosa si può tagliare e che cosa non si può tagliare. Ci sono voci di spesa che non possono essere sacrificate in modo schematico e alla leggera, perché sono in un certo senso dei finanziamenti dati ai nostri giovani, alla scienza e al nostro futuro. Non so se sia più miope trascurare il valore in sé della scienza o sottovalutare le ricadute che le scoperte scientifiche hanno sulla nostra vita sociale». Anzi, le risorse vanno assicurate persino quando non è detto che ci siano ricadute economiche immediate. «Non so se Galileo Galilei - spiega Napolitano - era in grado di garantire le ricadute delle sue ricerche. Dobbiamo pensare che è in gioco il ruolo dell’Italia nel mondo in una fase in cui rischia di declinare anche il ruolo mondiale dell’Europa di fronte all’avanzata nel campo della ricerca di Paesi, come quelli asiatici, da secoli ai margini dello sviluppo. Se l’Europa non vuole essere condannata a giocare un ruolo minore, il nostro patrimonio scientifico va accresciuto e questo dipende da noi».

Parole che sono state ovviamente accolte con entusiasmo dagli scienziati presenti, che le hanno definite una «boccata d’aria fresca». «La commozione di questi giovani è stata il miglior complimento per il Presidente», commenta il direttore scientifico del Cern, Sergio Bertolucci. Per Guido Tonelli, responsabile dell’esperimento Cms (uno dei quattro più significativi condotti con Lhc) la visita di Napolitano è stata «un sostegno e uno stimolo nel proseguire nella nostra strada». Anche per Pierluigi Campana, che coordina l’esperimento Lhcb, le parole di Napolitano sono «motivo di soddisfazione per tutta la comunità scientifica italiana: vediamo riconosciuto il lavoro fatto in questi anni. Oggi - aggiunge - ho sentito una grande tensione e una grande soddisfazione: abbiamo sentito di avere un interlocutore». È stata una «grandissima emozione» anche per Fabiola Gianotti, a capo dell’esperimento Atlas, e Paolo Giubellino, alla guida dell’esperimento Alice. Il problema, ahimè, è che l’Italia spende in ricerca soltanto l’1% del prodotto interno lordo in ricerca. La media dell’Unione Europea è quasi il doppio. (da La Stampa)

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