Per i vescovi il credito del Cavaliere è esaurito. E anche sull’educazione il premier usa parole pericolose
Data: Mercoledì, 02 marzo 2011 ore 07:17:13 CET
Argomento: Rassegna stampa


È impossibile non cogliere nelle parole del cardinale Angelo Bagnasco una voluta presa di distanza da Silvio Berlusconi. Innanzitutto sul merito della sortita domenicale del premier, che aveva giustapposto la scuola pubblica alla scuola privata, sia pure per far cadere l’accento sul valore di quest’ultima e sul diritto delle famiglie a scegliere liberamente le modalità di educazione dei propri figli.
Bagnasco si è dissociato nettamente da ogni affermazione, suonata come una critica alla scuola statale e ai suoi insegnanti. Anzi, il presidente della Cei ha elogiato i «tantissimi» professori e maestri che ovunque si prodigano per i giovani. Ma ancor più ha negato una contrapposizione tra scuola pubblica e privata. È questo uno dei principi-chiave del progetto educativo della Chiesa, architrave della stessa sussidiarietà.              
 Nel vocabolario di Bagnasco sono persino abolite le definizioni «scuola pubblica» e «scuola privata», cioè quelle usate da Berlusconi nel suo intervento al congresso dei Cristiano riformatori. Il cardinale usa infatti le espressioni «scuola statale» e «non statale», nella sua visione integrate in una più ampia idea di «pubblico». E non si tratta di una questione nominalistica, ma di un tema di grande rilevanza culturale, che impegna ormai da decenni il dibattito politico. In fondo fu Luigi Berlinguer, ministro di Prodi, il primo a definire nella legge sulla parità scolastica un nuovo sistema integrato, costituito dalle scuole pubbliche «statali» e dalle scuole pubbliche «non statali», i cui titoli sono certificati e riconosciuti dallo Stato. Con il centrosinistra poi ci sono state frizioni per l’erogazione delle risorse alle scuole non statali. Frizioni che la Cei ha tuttora pure con il centrodestra. Ma sulla nuova idea di «pubblico» la Chiesa intende tenere fermo il punto. Le maggiori resistenze sono ancora nella sinistra più radicale, che tendono a far coincidere pubblico e statale. Ieri comunque Bagnasco ha voluto segnalare che le ultime sortite di Berlusconi giocano a favore esattamente di quelle componenti.

Nella critica, comunque, si coglie anche il crescente distacco personale del vertice ecclesiale rispetto al premier. Se Berlusconi ha iniziato un’offensiva del dialogo con la Chiesa per recuperare posizioni dopo le imbarazzanti rivelazioni del Rubygate e del bunga bunga, la risposta non poteva essere più gelida. Questo non vuol dire condanna per il centrodestra e per i cattolici che militano da quella parte. Non vuol dire neppure che è all’orizzonte un diverso collateralismo. Ieri lo stesso Bagnasco ha ribadito la critica al relativismo, ricordando il beato John Henry Newman e le sue riflessioni sulla coscienza che non va «intesa come pura soggettività», ma che rappresenta «l’eco della voce di Dio». La Cei sembra intenzionata a instaurare con la politica un confronto più aperto del recente passato, comunque esigente per i cattolici ovunque collocati e a questo punto proiettato sul dopo-Berlusconi, dove i vescovi non vedono tuttora emergere una credibile alternativa. Ma facendo leva proprio su questo, il Cavaliere proverà ancora a ridurre le distanze, a partire dalla legge sul testamento biologico. (di Claudio Sardo  da http://www.ilmessaggero.it/)

redazione@aetnanet.org






Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-240028.html