Ecco Unileaks, contro il marcio del mondo accademico
Data: Sabato, 26 febbraio 2011 ore 17:15:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


C’è del marcio nel regno dell’istruzione? È probabile di sì. Ostacoli artificiosamente posti all’accesso degli studenti meno abbienti, precarietà degli addetti, riduzione degli studenti a “meri consumatori o clienti delle Università” sono alcuni dei fattori contro cui si scaglia l’ennesimo clone di Wikileaks denominato, senza troppa fantasia, Unileaks.
Il sito si auto definisce un’organizzazione giornalistica, ed è opera di alcuni attivisti australiani che intendono svelare le magagne degli atenei del loro Paese, della Gran Bretagna e degli Stati Uniti. “La particolarità delle Università – ha spiegato l’amministratore di UL al magazine The Chronicle of Higher Education – è che ricevono un cospicuo ammontare di fondi pubblici. Crediamo che il pubblico abbia diritto a che esse operino in maniera molto trasparente, in modo da rendere conto di quanto fanno”.     
Per il momento non ci sono rivelazioni clamorose nel database del sito, ma lo staff assicura di aver già ricevuto una considerevole quantità di informazioni da parte di studenti e docenti britannici, compreso l’archivio completo delle email di una prestigiosa Università del Regno Unito. Del resto, affermano, anche Wikileaks è stata online per diverso tempo, prima di diventare un fenomeno internazionale grazie ai documenti fatti filtrare (pare) dal soldato Manning.

In attesa dello scoop che li porti alla ribalta mondiale, i responsabili di questo nuovo sito di indiscrezioni hanno scritto un paio di lettere aperte ai referenti del mondo universitario britannico e australiano, la prima delle quali particolarmente significativa per l’accenno alla “resistenza creativa” dei giovani di oltremanica alle politiche neoliberiste di tagli e aumento delle tassazioni che farebbero ridiventare l’istruzione accademica ciò che era fino a pochi decenni fa, ossia un privilegio per pochissimi.

Le buone intenzioni dei promotori non sembrano però coadiuvate da altrettanta perizia tecnica. L’errore più grave è quello di non avere una casella elettronica criptata dove i leakers possano inviare le segnalazioni; viene suggerito di usare il software open source Tor per navigare in maniera anonima il quale però, pur trattandosi di un ottimo programma non è semplicissimo da usare correttamente, in modo tale da essere sicuri non lasciare tracce.

E il fatto che la riservatezza delle fonti giornalistiche venga tutelate dalla legge nelle democrazie occidentali, come ricordato nelle Faq, potrebbe non essere sufficiente per proteggere i "soffioni", tanto più che è il fatto che a Unileaks venga concesso lo status di “testata” giornalistica è tutto da dimostrare. Non è stato così per Wikileaks, tacciata di essere un’organizzazione di pirati e attaccata in maniera frontale, senza un'oncia del rispetto tributato al New York Times, al Guardian, a El Pais e a gli altri giornali che pure hanno pubblicato gli stessi, identici, documenti.(di Federico Guerrini da  http://www.lastampa.it )

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