Serianni: ''L'italiano, lingua pilastro a prova di untorelli''
Data: Sabato, 26 febbraio 2011 ore 05:00:00 CET Argomento: Eventi
Lo usiamo "con la stessa
naturalezza con cui respiriamo". A volte lo "dominiamo perfettamente".
A volte invece l'esattezza invocata da Italo Calvino lascia il posto a
un "modo approssimativo, casuale, sbadato", tanto da provocare un
"fastidio intollerabile". Ma tant'è: l'italiano è lì per tutti, e da
solo è in grado di raccontare 150 anni di storia di un Paese che di
linguaggi ne conta infiniti. Non solo, ma lo fa così bene - e da così
tanto tempo - che proprio nell'anno delle celebrazioni "la lingua
italiana" diventa, ancora una volta, "il cemento più saldo, e comunque
indiscutibile, che unisce oggi un Paese alquanto lacerato al suo
interno". La dimostrazione di questo, per il linguista e filologo Luca
Serianni è il semplice "fatto che anche chi di unità proprio non vuol
sentire parlare, e magari sogna la secessione di una parte del
territorio nazionale, esprime queste idee e questi umori in italiano: o
l'italiano parlato perfettamente posseduto, con la stessa naturalezza
con cui respiriamo, da ogni parlante madrelingua; o l'italiano scritto
dominato dalle persone istruite".
Professore di Storia della lingua italiana all'università di Roma
La Sapienza, Serianni spiega all'agenzia di stampa Dire che, per quanto
qualcuno si possa sforzare, "non c'è alcun dialetto che servirebbe allo
scopo". E del resto "nessuno ha finora proposto seriamente di
rinunciare all'italiano per passare, in tutti i rapporti tra
connazionali, all'inglese".
Ma come si può tutelare un patrimonio così, in grado di essere veicolo
attraverso cui rinsaldare lo spirito unitario? "Semplicemente
continuando a studiare la lingua italiana a scuola e, in particolare,
non perdendo il controllo con i grandi classici, che hanno garantito la
fondazione dell'italiano e ne segnano la continuità: dal Trecento di
Dante, Petrarca e Boccaccio, fino a oggi".
Perché loro non sono soltanto autori di libri conosciuti e letti in
tutto il mondo, ma veri e propri narratori del Paese, di un'Italia che
si vedeva - e si vede - prendere forma nelle parole scritte, nelle
storie che una dopo l'altra diventano la storia. Di libri così ce ne
sono. Eccome. Due, per Serianni, "il Cuore di De Amicis e Pinocchio di
Collodi, sono tra i più grandi successi editoriali tra fine Ottocento e
inizio Novecento, e hanno profondamente contribuito alla costruzione
dell'immaginario infantile e adolescenziale, tenendo conto di quelli
che ne sono stati i tipici destinatari". Poi altri due testi, "gli
Indifferenti di Moravia e il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa:
rappresentano una riflessione critica su certi aspetti del costume
nazionale, che in parte è diventata persino proverbiale". Il quinto
libro scelto dal professore è "Se questo è un uomo di Primo Levi"
perché "rappresenta uno dei massimi capolavori della letteratura
europea del secondo Novecento ed è un monito perenne sugli orrori che
si annidano nell'animo umano".
Autori che insieme a molti altri del presente e del passato, unitamente
alla musica e all'arte italiana, hanno regalato al mondo un immaginario
culturale dell'Italia oggi forse un po' cambiato. Ma "non
drammatizzerei", dice Serianni, perchè se è vero che melodramma e
sonetto fanno spazio a gastronomia e moda, è altrettanto vero che "la
cultura, in senso antropologico, è fatta anche di cucina e di
abbigliamento". Certo, ma se vogliamo rintracciare nel tempo un
riferimento a livello planetario? "Temo- risponde il linguista- che
l'ultimo episodio italiano di portata davvero internazionale sia stato
il Futurismo, da cui ci separa ormai un secolo. Il melodramma, l'ultimo
grandioso episodio dell'eccellenza musicale italiana, si è di fatto
concluso nei primi decenni del XX secolo".
E se gastronomia e moda sono le nuove arti del made in Italy, forse è
lecito chiedersi se anche l'italiano non abbia attraversato cambiamenti
sostanziali. "Come avviene per le altre lingue, l'influsso del parlato
è notevole soprattutto in certe aree della scrittura, come la narrativa
e il giornalismo, ma non arriva al punto da sovvertire le strutture
tradizionali". Non solo, per Serianni "se andiamo in cerca di tendenze
che si presumono nuove, verifichiamo quasi sempre che esse hanno dietro
di sé secoli di storia". Un esempio? "E' il caso del periodo ipotetico
con imperfetto indicativo, invece che con i canonici congiuntivo e
condizionale: 'se lo sapevo, non venivo', invece di 'se l'avessi saputo
non sarei venuto'".
Ma i nuovi media, i social network e lo slang usato dai ragazzi per gli
sms? Insomma, la lingua 'ufficiale', quella dei Lincei e della Crusca,
di cui peraltro Serianni è membro, è in grado di seguire i cambiamenti
della lingua parlata e le nuove tendenze messe in campo dai new media?
Il professore non ha dubbi: "La loro importanza nel modellare la lingua
comune è ampiamente sopravvalutata. Non è che se negli sms si scrive
'xke' invece di 'perché' l'ortografia vada a carte quarantotto: si
tratta di usi marginali, spesso stimolati da meccanismi ludici. Non
saranno questi untorelli - se posso arieggiare un celebre passo
manzoniano - che distruggeranno la lingua italiana". Sì professore,
certo che può.
(www.dire.it)
redazione@aetnanet.org
|
|