Milleproroghe più furbo che colto
Data: Venerdì, 25 febbraio 2011 ore 08:30:49 CET
Argomento: Rassegna stampa


Il milleproroghe ha ormai destato perplessità fin nella suprema magistratura. La parte riguardante lo spettacolo conferma in generale quel che si può dire del resto. L'elaborato legislativo non risponde alle necessità del settore, e al suo posto il problema viene rinviato a tempi migliori; nel caso in esame, di due anni.
Le fondazioni liriche, come ho scritto altre volte, non contemplano distinzioni di ruolo fra direzioni e sindacati. Né i soprintendenti né i sindacati possono esser definiti controparte del governo. Il sistema spettacolo, in particolare quello delle fondazioni lirico-sinfoniche (le sole prese in considerazione dal milleproroghe) è di fatto un sistema di partecipate comunali. E la partecipata comunale, anche dove la Lega impera, nel nostro paese è sovente in odore di clientelismo. Quanto è venuto alla luce nelle opere pie milanesi non è molto differente da quanto si verifica correntemente a Roma (Atac) e nell'Italia meridionale (Napoli servizi o Gesip a Palermo).
Un po' di storia e un po' di cifre. La riforma Dini-Veltroni, passata poi come riforma Melandri (1996), ha trasformato gli enti lirico-sinfonici in fondazioni lirico-sinfoniche, aprendo contestualmente la porta alla dismissione del settore. L'organico e i Ccnl degli enti lirici, allora di diritto pubblico, dovevano esser approvati dal ministero vigilante. Nell'approvare organico e contratti, il Mibac assumeva di riflesso una corresponsabilità nella voce principale di spesa. Le fondazioni sono istituzioni di diritto privato, anche se il consiglio d'amministrazione prevede una maggioranza pubblica e il sindaco ne è presidente per statuto. Allo stesso tempo l'ipotesi salvifica dei soci privati finiva col deresponsabilizzare lo Stato. In breve giro di tempo i fondi privati invece che integrativi furono considerati sostitutivi. Già nel primo anno del nuovo ordinamento (1996) il settore musica subì un taglio dell'8,2% da 325 milioni di euro a 312 milioni. E negli esercizi 2010 e 2011, si è passati da 210 a 129 milioni. A prescindere dal taglio numerario del 60% sul 1996, il taglio comprensivo di svalutazione raggiungeva già il 35% nel 1996 rispetto alla base 1985, oggi sarebbe sull'80 per cento. Chiaramente il recupero di differenze così elevate non sarebbe stato possibile senza un incremento consistente del supporto da parte degli enti locali. Questi hanno per molto tempo fornito una quota ingente di quanto lo Stato toglieva. Quanto ai privati, il recupero è stato vistoso soltanto alla Scala. Sta di fatto che nel 2010 si calcola che le fondazioni lirico-sinfoniche abbiano aumentato la loro esposizione di circa 70 milioni. E si parla di una esposizione totale sui 200 milioni. 
I beneficati del milleproroghe sono 13 fondazioni che percepiranno 15 milioni secondo la ripartizione del Fus. Ma quel che ha fatto discutere sono i 3 milioni a testa assegnati a tre istituzioni del lombardo-veneto: L'Orchestra Verdi, la fondazione Teatro alla Scala, la fondazione Arena di Verona. E anche qui la procedura e le motivazioni sono differenti e diverse dall'apparenza.
L'Orchestra Verdi ha una cospicua esposizione con l'Enpals per contributi non corrisposti, e questa somma servirà ad avviare un concordato. È sostanzialmente un contributo di salvataggio. E in tal senso con vari precedenti.
Nel caso della Scala i 3 milioni si tradurranno in un incremento della disponibilità con forbice di 40-400mila euro. Perché se la Scala avesse partecipato a un fondo di 21 milioni assegnato a tutte le fondazioni ne sarebbe uscita con un 14%, o poco meno, atteso che quest'anno si debbono trovare circa 2 milioni per il Petruzzelli di Bari, fino al 2010 sovvenzionato a parte. E il 14% di 21 milioni fa 2 milioni 940mila euro! Il 14% di 19 milioni fa 2,6 milioni. Ora i casi sono due. O la mano destra del legislatore non sa cosa fa la sinistra, oppure si costruisce un appiglio per sanare ipso facto il bilancio 2010 e consentire alla Scala di accedere subito al Pin, la sigla che definirà i teatri di Primario interesse nazionale, quelli che dovranno esser salvati destinando loro una quota maggiore del Fus, nel qual caso gli altri saranno abbandonati agli enti locali. E, in cauda venenum, la Scala potrà motivare a decreto approvato l'aumento dell'integrativo al personale e nuove assunzioni a tempo indeterminato. Gli scaligeri, guarda caso, nell'attesa non scioperano.
L'Arena di Verona sui 3 milioni ne porterà netti a casa 2. Il motivo è qui politico. I meriti artistici dell'Arena appartengono al tempo che fu. Gli spettacoli del 2010 si sono retti su Franco Zeffirelli (la sua regia di Turandot era la zampata di un vecchio leone), le compagnie erano spesso deboli, e il festival infarcito da cantautori è stato presentato da «Lo spettacolo sta per iniziare», una serata dissennata, con arie liriche e altro a volte affidate a dilettanti, massima fra questi Carmen Masola, così celebrata da Antonella Clerici, ideatrice dell'"evento": «La serata vedrà anche il debutto in Arena di Carmen Masola, che interpreterà l'Ave Maria di Schubert. Per la vincitrice di Italia's got talent, amante dell'opera fin da piccola è la realizzazione di un sogno». A norma della legislazione autoritaria la serata è stata trasmessa dalla Rai. I have a dream è stata la parola vincente di Obama. Ma al momento i sogni delle adolescenti italiane hanno corto respiro.





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