150 candeline “epocali” per una festa epocale nell'epoca dell'epocale-storico
Data: Mercoledì, 23 febbraio 2011 ore 11:04:51 CET
Argomento: Redazione


Nelle “questio medioevalis”  era importante e fondamentale prima di iniziare a discutere su un argomento o una tesi fare la “explicatio terminorum”. Oggi c’è da parte della maggioranza politica un abuso dell’aggettivo “epocale”, tanto da farlo diventare logoro, banale, retorico, fumoso, antipatico, fuorviante…
Tutti i dizionari ci avvertono che, questo aggettivo derivato, è relativo a una determinata epoca, capace di caratterizzarla come una svolta, una riforma, una, una sfida epocale. Di importanza tale da segnare la fine o l'inizio di un'epoca: mutamento, avvenimento rivoluzione epocale. Questo è l’uso corrente, la “lectio facilis” utilizzata dagli  imbonitori. Il significato vero e genuiono dei termini è sempre quello etimologico che va alla radice.
Epocale deriva dal sostantivo greco “Epochè” e sta per sospensione, interruzione, fermata, arresto. I filosofi dallo Stoicismo ad Husserl hanno teorizzato l’importanza metodologica dell’epochè: a volte sospensione del conoscere oppure strada maestra della fenomenologia. La riforma epocale di Gelmini (povero avvocato!) sospende, interrompe, ferma, arresta, congela… la scuola. Il ministro parla come in un trailer, quelli in cui si annunciano film che faranno epoca, che perciò sono imperdibili o eccezionali. Se fossi Mariastella ringrazierei la legge Casati 1859), la legge Coppino (1877), i siciliani Vittorio Emanuele Orlando (1904) e Giovanni Gentile (1923), la riforma del 1962, il senatore Brocca, Luigi Berlinguer e persino la Moratti… Il palazzo della scuola unitaria è come un cantiere sempre aperto!
Appartengo alla Classe 1947, anno di  sospensione epocale, nasco quando non c’era più la monarchia né la dittatura e stavano costituendo la Repubblica italiana. Festeggerò il 150.mo compleanno dell’Italia unificata. Il 17 marzo di quest’anno inizierà ufficialmente il 150.mo dell’unità e quel giorno sarà una festa nazionale epocale proprio perché sospenderà il sentire unitario degli Italiani. Già tre ministri del governo si sono dissociati: “Non c’è nulla da festeggiare. Quando ci sarà il Federalismo, allora festeggeremo”. Vent’anni fa Franco Battiato ce la cantava già chiaro e tondo: “Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere di gente infame, che non sa cos'è il pudore, si credono potenti e gli va bene quello che fanno; e tutto gli appartiene. Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni! Questo paese è devastato dal dolore (…)”.
La domanda è: che cosa devo festeggiare? Semplice. La nascita, l’arrivo “epocale”, il passaggio dalla gestazione (troppo, troppo lunga nel tempo) al taglio del cordone ombelicale, dalla dipendenza assoluta a una vita autonoma, il passaggio dal buio alla luce. 150 anni sono tanti ma per uno stato unitario, come recita Benigni, sono pochi. L’Italia è una Nazione “bambina”… minorenne. Abituati da secoli alle divisioni e frammentazioni siamo tentati dalle separazioni e disunioni federali. Ne abbiamo passati anni terribili e i “Fratelli d’Italia” ci possiamo permettere persino la libertà di festeggiare o no i primi vagiti della madre comune.
Ho fatto qualche calcolo, e mi sono dato i numeri. Tra la fine dell’unità dell’Impero romano e il 1861 ci sono voluti 1385 anni cioè 505.525 giorni, 12.132.600 ore, 727.956.000 minuti !!! Il Parlamento italiano ha impiegato 9 anni per raggiungere Roma nel 1871, lasciando la sabauda Torino e dopo una sosta quinquennale a Firenze. Si sono succeduti 4 re in 85 anni, (uno di loro affiancato e guidato da un duce con la “M” maiuscola per un ventennio); siamo andati tutti a votare al Referendum del 2 giugno del 46 e poi 16 volte per le politiche: Dinanzi a 11 presidenti hanno giurato  62 governi repubblicani in 65 anni! Ci hanno scomunicato e perdonato, oltre Tevere, 11 papi da Pio IX a Benedetto XVI. Abbiamo vissuto la “notte” della Repubblica, dello stragismo e “conviviamo” con la Mafia, una sottocultura violenta e inumana che ha brindato alla morte dei valori. Siamo arrivati tante volte in ritardo coi tempi della Storia: gli Stati europei vivevano la seconda industrializzazione e noi iniziavamo la prima; abbiamo raccolto le briciole degli altri per la nostra avventura coloniale africana a fine 800; gli inglesi mozzarono la testa a Carlo I nel 1649 e la ghigliottina rimandò al creatore Luigi XVI nel 1792 mentre noi abbiamo assassinato il “re buono” all’alba del XX secolo, a Monza con 3 spari; sia nella prima guerra mondiale che nella seconda siamo “interventi” dopo un anno dall’inizio. Una decina di disastrosi terremoti da Messina a L’Aquila e tante ricorrenti alluvioni hanno unito i cuori e le mani di un popolo di santi, navigatori, di eroi e di… calciatori: 4 volte abbiamo portato a casa la coppa del mondo. Abbiamo avuto 6 scrittori insigniti del Nobel per la Letteratura, alla media di uno ogni 20 anni. Abbiamo regalato all’umanità doni straordinari: il telefono e la radio. E siamo cresciuti seduti davanti alla TV.
Mi guidano ancora i numeri nell’analisi del Tempo da quando sventola il tricolore: divido i 150 anni a metà e mi trovo al 1936 con due contraddizioni: diventiamo un Impero con la conquista di Etiopia ma affrontiamo in Spagna la nostra prima guerra civile fornendo aiuti fascisti  al duce locale “F.F.” ma partendo anche volontari a fianco della “izquierda”: italiani contro italiani a uccidere o morire “disuniti a coorte” nella terra del Cervantes.
Husserl propone di "mettere tra parentesi" cioè sospendere il giudizio,  su tutto ciò che si conosce, arrivando a non poter mettere tra parentesi se stessi come coscienza.
Brindo all’Italia perché quest’anno 150.mo sia una “epochè”: quella sospensione che rende capaci di raggiungere le massime profondità culturali, le sole capaci di rendere possibili i mutamenti radicali dell’umanità.
E…scusate la retorica dello stile. Buona festa a Tutti!

 Giovanni Sicali
giovannisicali@gmail.com






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