Morale e politica. Le leggi contro concussione e peculato furono costruite dai romani
Data: Martedì, 22 febbraio 2011 ore 07:43:19 CET Argomento: Redazione
Le “leges de
repetundis “( sulla concussione, per intenderci) furono istituite a
Roma a partire dalla metà del II sec.a.c., ai tempi dei Gracchi;
tali leggi servivano ad assicurare alla giustizia quei
politici lestofanti che si fossero arricchiti in modo disonesto,
abusando del loro potere ai danni della collettività. Le
leggi contro il peculato erano “ acerbissime “, a detta di
Cicerone , perché imponevano non solo la restituzione, talora il
doppio, della somma sottratta illecitamente dai magistrati all’erario
pubblico durante le loro funzioni di governatori nelle province, ma
addirittura prevedevano la condanna a morte dei colpevoli di tale reato
o, in subordine, l’esilio.
Il conflitto tra Potere giudiziario e interessi politici , che segna il
nostro tempo post-moderno, esisteva già anche allora:
era quello aspro e litigioso tra l’oligarchia senatoria, gelosa custode
dei profitti tratti dai suoi possedimenti fondiari, da una
parte, e gli Equites, la classe imprenditoriale, avida detentrice
degli appalti delle imposte nelle province, dall’altra! I processi “ de
repetundis” rappresentano un caso paradigmatico della violenza con cui
nella Roma antica le diverse fazioni politiche si lanciavano accuse e
strumentalizzavano i processi per accaparrarsi ricchezze e potere!
La storia politica dell’età antica è anche storia di processi, di
conflitti di interessi, di lotte partigiane, consumatisi non solo sui
campi di battaglia ma anche nelle aule giudiziarie, senza
risparmio di colpi bassi, di ferocia, di tradimenti, d’inganni, di
spergiuri, maldicenze, di ripudi, di delazioni, di ricatti, di
false testimonianze,di calunnie, di trame e di brogli, e di
“gossip”,anche, e di immoralità varie e mostruose, che
nulla hanno da invidiare alle miserie nostre e alle
fragilità del tempo nostro presente..
“ Homo sum: humani nihil a me alienum puto”. Così Terenzio, a
condivisione, suppongo, delle consustanziali incongruenze che
sono insite nell’umana nostra natura , “l’uomo essendo –già anche per
gli antichi - qualcosa di miserabile e problematico”( B. Snell, la
scoperta dell’”umanità” e la nostra posizione di fronte ai greci, in La
cultura greca, Torino1963,p.335)
Ed allora, di che cosa stiamo parlando? Del” mos maiorum”? Niente di
nuovo da registrare sotto il sole!
I comportamenti sono rimasti tali e quali; sono quelli atavici; il
cinismo trasformistico del potere è rimasto sempre uguale e fedele a se
stesso da più di duemila anni a questa parte! Non ha mai cambiato
pelle!
Così pure l’immoralità che esibisce la trasgressione come norma di
vita, sia privata che pubblica, non è pratica solo odierna .
L’antica civiltà classica greco-latina( e non solo) docet! Di festini e
banchetti a luci rosse, d’ inviti a cene trimalcioniane, di
capricci e passioni senili è piena la storia dei palazzi dei
potenti di tutti i tempi! Narra Svetonio che
l’imperatore Tiberio, impegnato ufficialmente nella “ correctio morum”,
dopo avere in Senato pubblicamente biasimato la condotta di un vecchio
crapulone che già da Augusto aveva ricevuto la nota di ignominia, in
privato gli aveva promesso di andare a cena da lui, a condizione che
mantenesse le abitudini per le quali lo aveva appena rimproverato in
pubblico e in special modo di mantenere quella(abitudine) di far
servire i convitati da procaci fanciulle nude!
Che, forse, ha ragione l’apostata Giuliano, a prendersela con quei
moralisti politici nostrani tanto ” puritani e giacobini”, quanto
digiuni di storia? Chi può dirlo. Forse ha ragione a
tuonare, bofonchiare, sgolandosi a quel modo contro certi
sepolcri imbiancati, lui, così grande e grosso seduto ad un
tavolo pavesato di slogan e mutande? Chi può dirlo! Sì, forse lui, che
di trasformismi se ne intende, ha ragione ,sì ! Naturalmente, ma
mutatis mutandis!
Perché l’indignazione mia- che qualcosa pure di storia so- resta lo
stesso, e non riesce a digerire le anomalie dei politicanti della
politica arida d’idealità, di fede e d’interesse sincero per il bene
comune; non riesce a concepire una politica lontana dalla “ patríos
politeía “, priva di valori di riferimento ideale.
O dobbiamo forse rassegnarci a credere che siano valori orientanti e
positivi: la mercificazione del corpo della donna, la doppiezza morale,
la lussuria , lo stravizio, la concussione, l’evasione fiscale,
l’incoerenza ideologica, il trasformismo politico, l’inaffidabilità
rispetto alle dichiarazioni d’intento, l’agire in chiave
personalistica, l’uso e l’abuso disinvolto e strumentale del
potere, in una parola , il relativismo etico politico culturale ,
anticamera tutte, ahimé, del nichilismo?
Nuccio Palumbo
redazione@aetnanet.org
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