La Sicilia e le rivolte nel mondo arabo
Data: Martedì, 22 febbraio 2011 ore 07:27:49 CET Argomento: Eventi
Nulla
possono la politica, la diplomazia contro la meteorologia: con la
bonaccia, infatti, sono ripresi gli sbarchi di clandestini dalla
Tunisia verso Lampedusa. E' questo un risvolto diretto delle rivolte
arabe, soprattutto nordafricane, che ha provocato in Sicilia una nuova
emergenza che mette a dura prova le strutture d'accoglienza e le miopi
politiche migratorie del governo Berlusconi
Per altro, è prevedibile che l'esodo si estenda a Egitto, Libia,
Algeria.
Insomma, una fuga di massa che è una prima avvisaglia di un più grande
dramma sociale e politico che, secondo gli esiti politici delle
rivolte, potrebbe infiammare le sponde sud ed est del Mediterraneo.
La Sicilia potrebbe ritrovarsi al centro di tensioni e di conflitti,
anche devastanti, per la ridefinizione degli assetti dei poteri in
queste regioni vitali del mondo, in aderenza ai nuovi equilibri della
globalizzazione. Perché, a occhio e croce, di questo si tratta. In
quest'area, infatti, insistono grandi risorse energetiche, fenomeni
ideologici irriducibili (islamismo radicale e terroristico) e conflitti
sanguinosi che sembrano essere divenuti insolubili, fra cui quello
israelo - palestinese che, presto, potrebbe ri-diventare arabo -
israeliano.
In caso di estensione di tali conflitti la Sicilia potrebbe restarne
coinvolta. Direttamente. Per la sua prossimità geografica e per essere
divenuta la piattaforma più avanzata degli Usa e della Nato proiettata
verso gli scacchieri mediterraneo e mediorientale.
Non è un mistero svelato, oggi, da Wikileaks (l'abbiamo già scritto in
"la Repubblica" del 6/5/2005) che a Sigonella sono concentrate le più
sofisticate capacità Usa di dispiegamento rapido per la cosiddetta
"lotta al terrorismo".
Scenari terribili si possono, dunque, avverare e trovare impreparate
l'Italia e l'Europa le quali, a differenza degli Usa, non hanno
elaborato verso questi paesi una dottrina unitaria, una politica
autonoma di pace e di cooperazione reciprocamente vantaggiosa.
Ma torniamo all'emergenza emigrazione che, in pochi giorni, ha visto
sbarcare in Sicilia quasi 6.000 persone; un dato allarmante e anche un
po' strano poiché non si capisce come mai da un paese finalmente
liberato i giovani fuggano invece di restare per ricostruire l'economia
e consolidare la democrazia.
Evidentemente, qualcosa non quadra in queste "rivoluzioni incompiute"
che hanno detronizzato i rais, ma lasciato il potere ai loro colleghi
militari e agli esponenti dell'ancien regime.
I siciliani hanno accolto con spirito umanitario la nuova ondata
migratoria, tuttavia non hanno gradito la volontà del governo di
concentrare nell'Isola i flussi in arrivo.
Diversi sindaci, specie quelli di Lampedusa, Mineo e Caltagirone, hanno
espresso alcune comprensibili preoccupazioni.
Ovviamente, il disagio non è solo locale, ma riguarda l'intera Sicilia
che certo non può fronteggiare, da sola, un'emergenza di dimensioni
nazionale ed europea, nemmeno con gli aiuti promessi. Questo- a me
pare- il punto politico principale su cui la Regione deve puntare i
piedi.
Un'insistenza sospetta quella del governo delle "eterne emergenze"
nelle quali- sappiamo- anche i sentimenti più genuini vengono travolti
da manovre e interessi spudorati.
Specie se in ballo ci sono contratti milionari che facilmente accendono
appetiti affaristici e clientelari.
Come quelli che si profilano con l'operazione "villaggio della
solidarietà" di Mineo dove Berlusconi e Maroni vorrebbero concentrare
sette mila rifugiati regolari.
Una proposta che farà la gioia del cavaliere Pizzarotti, ma non quella
dei sindaci della zona e delle stesse associazioni dei profughi che la
considerano un marchingegno, per altro molto costoso, che, invece di
favorire l'integrazione, isolerebbe i rifugiati in una sorta di ghetto
a quattro stelle.
Come mai una proposta simile non è stata avanzata a una regione del
Nord dove i profughi e gli immigrati desiderano vivere?
Forse per tenerli lontano dalla "padania" ed evitare problemi
elettorali alla Lega?
Solo così si può spiegare tanta sospetta benevolenza nei confronti
dell'Isola e degli immigrati che è un'amara conferma del ruolo
subalterno assegnato all'Isola nella prospettiva strategica dell'Italia.
Anche in questo caso, si riscontrano un approccio detestabile e
un'iniqua suddivisione dei ruoli derivati dallo sviluppo del paese: i
benefici, il valore aggiunto al centro-nord, le conseguenze negative, i
problemi al sud, in Sicilia. Gli esempi sono tanti, antichi e recenti.
Valga per tutti l'anomalia degli scambi commerciali con i Paesi arabi
rispetto ai quali le regioni del centro-nord sono le principali
esportatrici di beni e servizi, mentre la Sicilia si deve far carico
dell'importazione di enormi e inquinanti quantitativi d'idrocarburi,
destinati a incrementarsi con la costruzione dei due rigassificatori.
Spiace rilevarlo, ma la concentrazione nell'Isola di questa massa
d'immigrati e di rifugiati ha tutto il sapore di una nuova azione
discriminatrice e, anche, un po' razzistica. (da
http://www.paneacqua.eu)
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