Credo in una scuola con poche carte e molta vita
Data: Lunedì, 21 febbraio 2011 ore 13:44:29 CET
Argomento: Redazione


Sono stanco della burocrazia a scuola! Non mi va di sprecare il tempo che posso dedicare agli studenti e alla mia formazione per compilare moduli, schede, carte varie. Proporci questi lavori nasce sicuramente da ottime intenzioni e da persone che hanno grande esperienza e conoscenze nel mondo della scuola, ed è proprio questo che mi preoccupa di più. Mi chiedo se davvero la scuola possa migliorare grazie sondaggi, statistiche, test, ecc. In un tempo di conclamata emergenza educativa la scuola può ritenere veramente di fare educazione attraverso la raccolta di schede, numeri, dati percentuali, ecc.? Il nostro tempo, le nostre risorse, le diverse intelligenze dobbiamo proprio impiegarle a riempire caselle, spazi vuoti, immersi nella “teoria per la teoria”? Si considera utile, per rispondere ai bisogni dei giovani, produrre fogli su fogli, investire denaro (immagino) per chi dovrà fare sintesi dei dati e per chi farà la formazione su questi temi, facendo magari ore ed ore di videoconferenze o libri che nessun leggerà mai?

Sono queste le richieste che i nostri alunni ci fanno quotidianamente in modo esplicito o implicito? Siamo sicuri di non essere lontani dalla concretezza e di pensare alla scuola solo come ad un’azienda? Cosa si aspettano i nostri giovani? Quali le loro attese? Cosa fare per educare il loro desiderio?

Mi piacerebbe che il mio tempo, la creatività e la fantasia, le competenze, le forze potessi donarle ai miei studenti (e anche agli ex allievi) sapendo che alle spalle c’è una riflessione seria e appassionata sui temi educativi, un’azione concreta e significativa per rinnovare il modo di fare scuola, perché ritorni il piacere dello studio, perché i giovani sappiano di essere voluti bene e non di essere valutati e basta! Con ciò non voglio di dire che la valutazione non sia importante, che rifletterci su non serva, ma per me è l’ultima cosa che conta quando sto in aula. Penserete che sono un incompetente, che brucio con queste parole immensi studi di immensi studiosi del settore, che non sono un buon insegnante? Forse è vero, forse no, so che devo crescere, che ho molto da imparare, che scopro ogni giorno cose nuove, che mi fermo, mi confronto, poi riparto ogni giorno con i piedi per terra, lo sguardo al cielo, le maniche rimboccate al lavoro.

Non è presunzione la mia, solo la consapevolezza che stare nella scuola con la passione per lo studio e per il bene dei giovani, viverla ogni giorno, è ben diverso dal proporre o fare questionari. Non voglio perdere il gusto delle cose vere, non voglio essere un burocrate della scuola, non voglio perdermi tra le carte, quando mi accorgerò di questo – spero non accada  mai – mi ritirerò, farò altro nella vita.

Ripeto, non banalizzo il lavoro di altri, ma voglio sentirmi libero, da docente, da studioso, da uomo, di dirvi ciò che penso e in cui credo fermamente: i ragazzi hanno bisogno di Professori che testimonino il piacere di stare a scuola, la dolcezza del sapere, l’interesse per il bello, con i sacrifici, con lo stare sui libri, con le interrogazioni e le valutazioni, con le attività alternative, con qualche buona chiacchierata nelle pause, con una serena discussione in chat. I ragazzi hanno bisogno di chi risponda alla loro domande di senso e abbia tempo, voglia, risorse e formazione per farlo. Noi Docenti, invece, abbiamo bisogno di riscoprire il senso della comunità educativa per essere significativi, per essere modelli credibili. Sono convinto che solo così, solo costruendo relazioni significative e serene, ci potrà essere una didattica efficace, una valutazione migliore, la condivisione dei saperi, la crescita culturale dei nostri ragazzi. Marco Pappalardo

 

 

 







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