I bulli costretti alla messa. Se la fede diventa un dovere
Data: Domenica, 20 febbraio 2011 ore 11:30:00 CET Argomento: Redazione
Il Tribunale
dei minori di Mestre ha disposto per due minorenni di Bassano del
Grappa, responsabili di rapina ed estorsione a danno di coetanei, un
anno di «messa alla prova» sulla base del quale valutare se e quali
pene infliggere loro. Si tratta di un provvedimento normale per la
giustizia minorile. Ed è anche normale che la prova consista in un
intenso impegno scolastico, nel volontariato e nella riconciliazione
con le vittime, il tutto sotto la sorveglianza dei servizi sociali del
Comune. E’ a questo punto che giunge la sorpresa: il Tribunale di Mestre ha aggiunto ai vari
obblighi consueti, quello straordinario di andare in chiesa la
domenica. Così, un caso che poteva essere come tanti altri
diventa eccezionale e rimbalza alle
cronache.
Il dibattito si apre. Il nostro diritto minorile è avanzato e,
salvo eccezioni, interpretato con scrupolo. Il periodo di osservazione
è un istituto importante, che chiede al giudice fantasia e misura.
Includendo la messa domenicale nella «prova» , il Tribunale di Mestre
ha seguito lo spirito della legge o ne ha abusato? Ha innovato con
saggezza, o ha divagato impropriamente? Di certo il giudice non ha
pensato, come i primi critici hanno dato per scontato, che la messa
domenicale sia «una pena» , un’afflizione, un’espiazione. Che dopo la
sofferenza di un anno di funzioni religiose, i ragazzi ci penseranno
due volte prima di ricattare nuovamente i compagni. Questa lettura
offende l’intelligenza del magistrato ed è inverosimile. Il giudice ha
invece concepito la messa come un corso di etica, un’istruzione alla
convivenza civile, un’iniezione di morale. E’ in questo ragionamento,
più sottile e plausibile, che sta l’errore. Anzitutto, nessun organo
dello stato può definire il contenuto di un atto religioso, foss’anche
definirlo positivamente quale «evento che migliora eticamente» . Secoli
di civiltà ci mettono in guardia dalla blasfemia culturale e giuridica
di uno stato che dice cosa è e a cosa serve la fede. La messa è dei
credenti. Solo a loro spetta definirne la natura e la funzione. In
secondo luogo, nessun organo dello stato può prescrivere un atto
religioso. Qualsiasi vincolo imposto dallo stato alla piena libertà di
un atto religioso viola i supremi principi della libertà religiosa e
della laicità. Anche l’impegno della messa assunto dai minori di
Bassano, magari con l’accordo delle famiglie, se sanzionato da un
giudice, perde quel carattere di libertà che per il nostro ordinamento
è carattere inalienabile di ogni atto di religione. Vi è una
distinzione tra civile e religioso che neppure la buona fede e la
generosità dei nostri giudici minorili possono ignorare. (da
Corriere della sera)
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