17 marzo, parola agli studenti: ''Scuola o no, bisogna celebrarlo''
Data: Giovedì, 17 febbraio 2011 ore 11:00:00 CET
Argomento: Eventi


Scuole aperte, scuole chiuse. Uffici pubblici sì, imprese no perchè fa male all'economia. Sindaci pro, ministri contro. Nel valzer tutto italiano delle polemiche sul da farsi il 17 marzo in occasione del 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia, una cosa è certa: "Noi non siamo in grado, non lo sappiamo fare. Gli italiani non sono capaci di festeggiare in stile 4 luglio". Parola di Sergio, 20 anni, liceale romano all'ultimo anno del liceo Righi, che sulle celebrazioni ha le idee più che chiare. E non è l'unico, perché mentre appelli e dichiarazioni in merito si rincorrono sui giornali e in tv, loro, gli studenti, sanno perfettamente cosa vorrebbero per quel giorno.         
 "E' sacrosanto festeggiare una data così importante- spiega all'agenzia Dire- è incredibile che ci siano così tanti scandali per un giorno di ferie". Zaino in spalla e molta voglia di parlarne, Sergio se la prende con Marcegaglia, Tremonti e pure con la Lega, "che adesso con questo fatto del federalismo celebrare l'Unità è ancora più importante. E poi non è mica, che so, il 135esimo. Ma noi italiani non ci siamo mai distinti per queste celebrazioni". Ecco perchè secondo lui "una volta che ne abbiamo la possibilità, è importante mandare un messaggio: oggi è festa, gli uffici sono chiusi, le scuole sono chiuse, si festeggia. E lo si fa tutti insieme". E poi questo storia del ponte, "è ridicola. Ma cosa siamo, dei bambini?".
Si avvicina Marta, 18 anni, lei fa il classico al Tasso, liceo storico di Roma che per le celebrazioni del 17 marzo ha organizzato un pomeriggio di studi in collaborazione con la casa editrice Laterza. Marta trova "patetico che non ci sia una decisione unica: o vanno tutti o non va nessuno". E poi, "al di là dell'atmosfera che c'è", celebrare resta "un dovere in memoria di chi è caduto per l'unità del Paese. Non esiste che nel 2011 ci siano pareri così discordanti". Damiano ripassa la lezione prima di entrare in classe, ha 17 anni, è al quarto anno e secondo lui "è giusto non andare a scuola, né a lavorare". Si fa serio, e spiega: "Perchè nel Paese c'è qualcosa di più importante della produzione economica: l'unità nazionale. Marcegaglia dovrebbe capire che l'unico valore della vita non sono i soldi". Col cappello calato sugli occhi e le mani in tasca contro il freddo, Damiano vorrebbe "non andare a scuola e festeggiare". Anzi, ci pensa bene e dice "ok, entriamo in aula, ma per conoscere il Risorgimento. Perchè è chiaro che se vai e studi matematica non puoi sapere che cosa è successo il 17 marzo".
Già, il 17 marzo. Tutti sanno che sarà quello il giorno in cui si celebreranno i 150 anni, ma quasi nessuno sa perché. Lorenzo e Marco si passano la versione di latino prima della campanella. Loro hanno 14 anni, fanno il IV ginnasio, sempre al Tasso, e il Risorgimento per ora lo hanno studiato soltanto alle scuole medie. "L'annessione all'Italia di Trento e delle regioni che mancavano? Ah sì, il Parlamento".
Con gli occhi bassi Lorenzo dice che "sarebbe giusto festeggiare a scuola, ma pure stare a casa e seguire le parate in tv o andando al Colosseo o a piazza Venezia, con Napolitano che parla". A lui piacerebbe vederlo. Alla fine va bene tutto, "basta che si festeggi. Tanto noi non contiamo niente, ci diranno loro cosa fare". Però Durnwalder proprio gli non va giù: "È orribile quando in tv parlano di Bolzano che non vuole festeggiare. Queste sono cose che fanno arrabbiare".
Allora, scuola sì o no? Elena e Claudia, 16 anni, vanno di fretta, ma trovano il tempo di spiegare che "se dici allo studente medio 'stai a casa', lui dice 'bene, dormo, o esco con la mia ragazza'. Invece è meglio come facciamo noi, un pomeriggio di incontri sul tema, qui al Tasso. Altrimenti che fai? Festeggi da solo? Questa non è unità". Pure per Caterina ed Eleonora, che di anni ne hanno 18 e frequentano il liceo classico al Giulio Cesare, lo "studio- rispondono decise all'agenzia Dire- è la migliore forma di celebrazione. Magari facendo una giornata di approfondimento, trovare modi per coinvolgerci". Perchè, diciamo la verità, "il Risorgimento di suo è noioso". E siccome "all'atto pratico non mi sembra che il Paese sia molto unito, non è che sento molto mia l'Unità d'Italia". Il 17 marzo "se resto a casa dormo fino all'una, e quando mi sveglio non è che accendo i ceri per l'occasione". Ecco, e allora diciamo che "in questo, come in altri casi, il sapere è la soluzione
    (da www.dire.it)

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