Radiografia del disagio sociale
Data: Domenica, 13 febbraio 2011 ore 14:40:42 CET Argomento: Opinioni
Lettere in redazione
Dal sisma del 1980 sono trascorsi 30 anni che hanno stravolto la realtà
della nostra terra, che ha smarrito la fisionomia statica e chiusa
mantenuta nei secoli passati non solo sul piano economico, territoriale
e paesaggistico, ma anche sul versante etico e spirituale, senza
assumere una nuova identità socio-culturale, se non quella del
consumismo e dell’edonismo di massa che, nei suoi aspetti più alienanti
e regressivi, di appiattimento e omologazione intellettuale, impedisce
un’effettiva liberazione dei corpi e delle menti.
Alle antiche lacerazioni si sovrappongono le nuove. La disoccupazione e
la conseguente emigrazione giovanile, è drammaticamente dannosa per la
nostra gente, che, abbandonata dai suoi migliori cervelli, perde ciò su
cui ha investito in termini di affetto, educazione, sostegno economico,
ciò su cui ha riposto le proprie speranze per un avvenire migliore. Le
piccole comunità “a misura d’uomo” che esistevano 30 anni fa non sono
più le stesse e sembra siano trascorsi secoli e non pochi decenni.
Tuttavia, la rapidità con cui si sono consumate le tappe di uno
sviluppo economico irrazionale e selvaggio, è stata devastante. Anche
in Irpinia viene sacrificata ogni forma di solidarietà per esaltare una
visione utilitaristica in cui gli individui isolati instaurano
relazioni contrattuali, sottovalutando le affinità elettive e i
rapporti disinteressati di amicizia.
Basta soffermarsi sul tema del "disagio giovanile" per cogliere gli
aspetti inquietanti di un fenomeno diffuso anche nelle nostre zone,
spesso considerate “oasi felici", ma che tradiscono un crescente
degrado sociale e un imbarbarimento dei rapporti interpersonali.
Aggiungo che questo articolo non pretende di fornire una soluzione, ma
si propone di sollecitare una riflessione a partire dall’innegabile
realtà del “disagio giovanile”, che esige nuovi strumenti di indagine e
di intervento, non ancora concepiti e messi in opera. Nessuno s’illude
di poter esaurire un argomento così vasto e complesso, né di fornire la
soluzione "magica" e definitiva. Tuttavia, è possibile (oltre che
necessario) lanciare un input per avviare un dibattito corale e plurale
intorno a problemi che ormai fanno parte della nostra quotidianità, che
lo si voglia ammettere o meno.
Bisogna anzitutto comprendere che il tema delle tossicodipendenze non è
di ordine pubblico, benché come tale sia presentato, rinunciando ad
un’analisi seria e rigorosa e ad un’azione democratica, per abdicare a
favore della repressione poliziesca. Tale scelta non solo non ha mai
dissuaso comportamenti ritenuti "devianti", al contrario li ha
aggravati. La risposta istituzionale è il ricorso alle forze
dell'ordine, come se questo potesse rimediare al malessere diffuso che
scaturisce da questioni che non hanno mai ricevuto una soluzione. Sono
problemi che richiedono interventi separati, ma esigono un'analisi
organica che li inquadri nella loro totalità per tentare di spiegarne
le cause.
Sgombrando il campo da ogni luogo comune, il problema delle
tossicodipendenze appare per ciò che è: una questione educativa e
socio-culturale, da un lato, e una grave emergenza sanitaria,
dall’altro. È indubbio che alcune sostanze come le "droghe pesanti"
siano letali, ma è altrettanto certo che la pericolosità di tali
droghe, proprio perché proibite, sia acuita. Del resto, qualsiasi
comportamento che generi effetti nocivi per la salute psicofisica delle
persone, nella misura in cui viene trattato in termini di ordine
pubblico, cioè vietato e perseguito penalmente, rischia di alzare il
livello della tensione sociale, degenerando in atti condannati alla
clandestinità e alla disapprovazione sociale. Le tossicodipendenze sono
solo il sintomo di un malessere più profondo e sotterraneo. La
questione del disagio giovanile è da tempo oggetto di una vasta
rassegna di studi e di ricerche, malgrado ciò non si conoscono ancora
risposte efficaci, mentre l’universo giovanile, anche nelle nostre
zone, continua a manifestare aspre contraddizioni, a cominciare
dall’emergenza di nuove forme di tossicodipendenza e devianze troppo
spesso sottovalutate. Inoltre, rispetto al tema del disagio
esistenziale dei giovani si dovrebbero tener presenti alcune nozioni
che non sono ovvie e tantomeno superflue.
Occorre puntualizzare che la categoria del "disagio giovanile" è errata
e fuorviante dato che il disagio non è legato ad una condizione
anagrafica. Sarebbe più corretto parlare di "disagio sociale", benché
il malessere investa soprattutto le fasce dei giovani e degli anziani,
cioè i settori più fragili e più esposti alle difficoltà che il vivere
quotidiano frappone sul cammino delle persone, senza concedere una
possibilità e una speranza di superamento. La scarsità di un lavoro
degno di questo nome, lo spauracchio dell’emigrazione, il ricatto delle
clientele elettorali, la crescente precarizzazione dei rapporti di
lavoro e in generale della stessa qualità della vita, l'assenza di ogni
elementare diritto e tutela sociale, tranne la protezione assicurata
dalla famiglia: queste sono le condizioni più drammatiche, le cause
strutturali che generano il disagio esistenziale dei giovani. Se non si
affrontano alla radice tali problemi, difficilmente si potrà estirpare
il malessere dilagante soprattutto tra i giovani delle nostre
comunità.
Giovani abbandonati all'angoscia e allo sconforto di una vita
precaria, una situazione disperata e disperante, nella misura in
cui non consente di nutrire nemmeno la speranza verso un avvenire
più sereno e dignitoso. Intere generazioni crescono e studiano nella
nostra terra, ma poi sono costrette ad emigrare. Se restano, i giovani
sono soggetti ad esperienze umilianti, come inchinarsi al solito "santo
protettore" o farsi mantenere a vita dalle famiglie, che non consentono
di ottenere un’indipendenza economica, sociale e politica. Sono
situazioni ricattabili, segnate da dolorose frustrazioni. I giovani
fuggono da un contesto sterile e avvilente, le popolazioni invecchiano,
i paesi irpini sono destinati ad un inarrestabile decremento
demografico. E’ triste scoprire che anche dove vivono poche migliaia di
anime, i giovani sono sopraffatti dallo stato delle cose e sono
trascinare in comportamenti alienanti e distruttivi. Il malessere
diffuso tra i giovani si manifesta attraverso varie forme e raggiunge
il suo apice nell’uso di stupefacenti.
Bisogna denunciare l’estrema pericolosità sociale derivante dalle
risposte alienanti e repressive innescate dal proibizionismo. Malgrado
i divieti legati alle norme vigenti, l’inasprimento delle pene
derivanti da una legislazione proibizionista, i posti di blocco e i
controlli frequenti, le droghe sono ormai una piaga dolorosa anche
nelle piccole e ristrette comunità di provincia. Molti giovani perduti
nell’eroina o nella cocaina, vari decessi per overdose, specie tra gli
adolescenti. I problemi giovanili circoscritti in passato alle
metropoli, affliggono oggi pure i piccoli paesi. Anche in questo
contesto ha vinto l’individualismo sfrenato in nome del primato che il
neoliberismo accorda al mercato e alle relazioni di scambio, rette
dalla logica del consumo e del profitto. Oggi la situazione è sfuggita
di mano perché è arduo accettare che anche in Irpinia si è verificato
l’avvento della globalizzazione, per cui predominano sempre di più
tendenze e comportamenti edonistici e consumistici di massa, comprese
le devianze più deleterie.
Lucio Garofalo
l.garofalo64@gmail.com
|
|