Quale federalismo si sta veramente realizzando?
Data: Domenica, 13 febbraio 2011 ore 12:15:00 CET Argomento: Redazione
La montagna
di retorica prodotta dalla propaganda leghista sul cosiddetto
federalismo fiscale sta producendo i suoi mostriciattoli che
potranno avere, al momento della loro effettiva incidenza sulla
realtà amministrativa delle Regioni e degli enti locali, solo due
possibili esiti: o restare, lettera morta e finire accantonati
da provvedimenti di urgenza in attesa di una loro radicale
modifica, o aprire una stagione di grave disordine e di possibile
collasso nel funzionamento amministrativo delle autonomie locali,
con gravi conseguenze, specie nel mezzogiorno d’Italia,
nell’erogazione di fondamentali servizi.
E' davvero sorprendente che fino ad oggi quel poco di
attenzione dell’opinione pubblica, che si è riusciti a sollecitare
per tale argomento, sia stata concentrata sul tema della qualità
della tassazione aggiuntiva o sostitutiva e sul futuro assetto del
sistema fiscale che dovrebbe essere incentrato
sul superamento della finanza derivata, fondata sul criterio
della spesa storica.
La legge delega ha stabilito la struttura fondamentale delle
entrate di regioni ed enti locali, ha definito i principi che
dovrebbero regolare l’assegnazione di risorse perequative agli
enti dotati di minori capacità di autofinanziamento e ha delineato gli
strumenti attraverso cui dovrebbe essere garantito il
coordinamento fra i diversi livelli di governo in materia di
finanza pubblica.
I Decreti legislativi delegati stanno realizzando tutto ciò
con gravissime omissioni e illegittimità.
E’ di queste questioni che bisogna, a mio avviso, trattare oggi
se non si vuole correre il rischio che la prossima campagna
elettorale sia condotta all’insegna della superficialità su un
terreno più favorevole alla propaganda leghista.
Due sono i decreti legislativi finora approvati o in via di
definitiva approvazione: quello sulle spese di Comuni e Province
(D.P.R. n. 216 del 26 novembre 2010) e quello sulle entrate
comunali, il cosiddetto federalismo municipale, rinviato da
Napolitano alle Camere. Il Decreto riguardante le entrate
regionali e provinciali sta iniziando il suo iter parlamentare e
dovrà concluderlo entro l’11 marzo 2011.
I decreti delegati approvati o in via di approvazione indicano
due fasi, di cui una transitoria, per la realizzazione del nuovo
assetto della finanza locale.
Per i Comuni e per le Province dal 2011 al 2013
cessano gradualmente i trasferimenti statali e nello stesso
periodo si dovrebbero definire i costi standard in base a cui
consentire il superamento del principio del finanziamento della
spesa storica.
Mi sembra al riguardo scarsamente evidenziato il rischio reale
che, stante la farraginosa procedura proposta per la
individuazione dei fabbisogni-costi standard delle funzioni
fondamentali di tali Enti, si realizzi un clamoroso
disallineamento temporale rispetto alle date previste per la
progressiva cancellazione dei corrispondenti trasferimenti
statali. In questa fase transitoria i Decreti delegati prevedono
la costituzione di un fondo sperimentale di riequilibrio, peraltro
non previsto dalla legge delega, che rinvia l’avvio dell’autonomia
impositiva tranne che per una modesta compartecipazione all’IVA e
che di fatto rappresenta, con l’impiego, per alimentare tale fondo
di riequilibrio, di una parte delle tasse e dei tributi statali
sugli immobili (registro, bolli , catasto ecc.), la continuazione,
con altra veste, delle vecchie modalità che caratterizzavano i
trasferimenti da parte del Ministero degli Interni.
E’ utile al riguardo ricordare che l’art.14 della legge 122/2010 ha
tagliato per il triennio 2011-2013 i trasferimenti statali
alle Regioni, alle Province autonome di Trento e di Bolzano,
alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000
abitanti come di seguito indicato:
a) le regioni a statuto ordinario per 4.000 milioni di euro
per l'anno 2011 e per 4.500 milioni di euro annui a decorrere
dall'anno 2012;
b) le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento
e Bolzano per 500 milioni di euro per l'anno 2011 e 1.000 milioni
di euro annui a decorrere dall'anno 2012;
c) le province per 300 milioni di euro per l'anno 2011 e per
500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012, attraverso
la riduzione di cui al comma 2;
d) i comuni per 1.500 milioni di euro per l'anno 2011 e
2.500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012.
Tale articolo, integrando di fatto gli articoli 8 e 11 della legge
delega n.42, ha stabilito che dei tagli apportati ai trasferimenti
“non si sarebbe dovuto tenere conto in sede di stesura dei decreti
delegati”.
Ciò di fatto non è avvenuto, ma la questione è stata
solo genericamente presentata all’opinione pubblica, quasi come
fosse una scelta ineluttabile non in contrasto con quanto
stabilito dalla legge delega per effetto delle modificazioni in essa
introdotte dall’art.14 della legge 122/2010. Così tranne che per
che per un impegno assunto con le Regioni con l’accordo del 16
dicembre 2010, ancora peraltro non attuato, tutto il problema delle
modalità di ripristino degli effetti dei tagli ai trasferimenti
statali agli enti locali è stato ignorato dai decreti delegati sul
federalismo...
Si tratta con ogni evidenza di una violazione della legge
delega, essendo le modifiche apportate dall’art.14 suddetto una
sua parte integrante, che pregiudica la costituzionalità di tutto
l’impianto dei decreti delegati.
Il vero colpo allo stato sociale di Tremonti é questo.
Infatti nei primi due anni, almeno per i Comuni e le Province, non c’è
alcun recupero di questi tagli ai trasferimenti. La finanza locale
inizia quindi il suo percorso verso il federalismo da un livello
notevolmente più basso che sarà difficile recuperare specie nel
Sud.
Ciò accade fra l’altro a causa delle modalità di interpretazione
del ruolo da assegnare al funzionamento dei fondi di riequilibrio
e di quelli perequativi.
Infatti mentre l’art. 21 comma 1 lettera d) della legge
delega (42/2009) stabilisce per la gestione dei fondi perequativi
che la determinazione dei medesimi, per i Comuni e le
Province, si deve realizzare in misura uguale, per ciascun livello
di governo, alla differenza fra i trasferimenti statali
soppressi e le maggiori entrate spettanti in luogo di tali
trasferimenti, il comma 2 dell’art.1 del Dl.gvo 26 novembre 2010,
n. 216 (Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei
fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e
Province.) stabilisce che, ai fini del finanziamento integrale, il
complesso delle maggiori entrate devolute e dei fondi perequativi
non può eccedere l'entità dei trasferimenti soppressi.
E’ bene avere presente che fino a nuova determinazione dei
livelli essenziali in virtù della legge statale, sono livelli
essenziali quelli già fissati in base alla legislazione vigente.
Anche su questo fondamentale snodo il decreto legislativo
non appare conforme alla delega.
Ciò in quanto i fondi perequativi di cui tratta la lettera d)
suddetta sono quelli di cui all’art.13 della legge delega e sono
determinati come differenza fra i trasferimenti statali soppressi
e le maggiori entrate spettanti in luogo di tali trasferimenti
(se ne deduce che le maggiori entrate dovevano essere
direttamente attribuite ai Comuni e non solo virtualmente come
avviene, almeno in larga parte, con il decreto sulla finanza
comunale).
Il decreto delegato n. 216/2010 invece, riferendosi
evidentemente a quello che nel successivo Decreto sulle entrate
comunali viene indicato come fondo sperimentale di riequilibrio,
stabilisce che “il complesso delle maggiori entrate devolute e dei
fondi perequativi non può eccedere l'entità dei trasferimenti
soppressi”.
La relazione tecnica, presentata il 27 gennaio 2010, quando la
compartecipazione fiscale dei comuni riguardava il 2% dell’IRPEF
(poi sostituita da un’equivalente compartecipazione all’IVA), in
attuazione di questo principio assegnava per il 2011 a tale
compartecipazione un gettito di 2.889 milioni su un totale di
11.243 milioni costituenti il totale delle entrate devolute o
confluite nel fondo di equilibrio. Questi 11.243
milioni rappresentano una somma che equivale esattamente
all’ammontare dei trasferimenti fiscalizzati calcolati al netto
dei tagli di cui alla legge 122/2010 (DL. n.78).
Si tratta di un’operazione inaccettabile che è destinata a colpire
tutto il sistema del welfare e specialmente il SUD e la scuola.
C’è da segnalare inoltre un ulteriore fonte di inadempienze e
di gravi preoccupazioni perché oltre al taglio dei trasferimenti
per le spese correnti ai Comuni e alle Province si verifica che
finora non è stata trattata la materia della fiscalizzazione dei
trasferimenti statali in conto capitale.
In tale ambito si colloca la questione, finora totalmente
cancellata, del ruolo dell’edilizia scolastica nel processo del
federalismo fiscale.
I trasferimenti statali cessano dal 2012 per le Regioni e
le Province Nel 2014 si dovrebbe completare per tali enti
la fase sperimentale e passare al finanziamento a regime basato
essenzialmente su compartecipazioni o addizionali, all’IVA
o all’IRPEF, che per tali enti ancora in corso di definizione.
Nella seconda, fase dal 2014, ad esempio per i Comuni entrano in
vigore le tasse locali (tra le altre l’IMU sul possesso
degli immobili che assorbe l’ICI e l’IRPEF su quelli non locati e
la tassa sul trasferimento degli immobili che assorbe anche le tasse di
registro, di bollo patrimoniali e di catasto ecc.)
In effetti nella prima, fase fino al 2013, per i Comuni come si è
visto, prosegue un regime di trasferimenti mascherati, con la sola
aggiunta dell’IVA, da devoluzioni di tasse e tributi destinati
successivamente a confluire nella nuova tassazione comunale della
proprietà immobiliare (nell’IMU o nella tassa sui trasferimenti
immobiliari).
Per le Province la fase transitoria in cui avviene il taglio
dei trasferimenti statali e regionali è garantita dai tributi
propri connessi al trasporto su gomma dalla compartecipazione
all’accisa sulla benzina o a quella sulla tassa automobilistica
regionale.
A tutti livelli le tasse esistenti in genere permangono o come nel
caso dei Comuni aumentano (tassa di scopo. tassa turistica
e incremento dell’addizionale sull’IRPEF).
Non siamo più al rispetto automatico della spesa storica ma, in un
periodo di tempo decisivo anche elettoralmente per il futuro del
Paese, alla politica della questua, con il cappello in mano,
da parte degli enti locali presso il potere centrale statale o
regionale.
Si ripropone quel modello di Stato autoritario e clientelare che
il centro destra in questi due anni e mezzo ha tentato di
realizzare in tutti i campi dalle banche alla scuola e
all’università dall’editoria alla cultura e alla giustizia, dalla
pubblica amministrazione all’informazione.
Spesso si è usata, per la politica dei tagli lineari e
indiscriminati, la congiuntura offerta dalla crisi economica
globale. In questa occasione la stessa crisi internazionale ha
consentito l’introduzione dei drastici tagli ai trasferimenti e
l’operare insidioso e concreto di una concezione governativa del
federalismo che mira a trasformare tali tagli in
un ridimensionamento permanente della spesa sociale e a
perseguire il suo abbandono a carico delle risorse reperibili
localmente o a carico dei contribuenti o dei fruitori dei servizi. Una
politica che strategicamente mira in tutti i campi alla
privatizzazione dei medesimi. (di Osvaldo Roman ScuolaOggi)
redazione@aetnanet.org
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