Ti racconterò il colonialismo… Interi popoli che nel sorgere di un mattino vengono sradicati dalle loro terre d’origine
Data: Giovedì, 10 febbraio 2011 ore 10:00:00 CET Argomento: Redazione
Giornata
della Memoria…Giorno del Ricordo…E poi… basta?
Avere il coraggio di ricordare sempre e comunque…ricordare per dignità
professionale e onestà intellettuale…ricordare i sacrifici, le
sofferenze, le sconfitte, il sangue di tutti i vinti della storia.
Questo è il mio imperativo categorico. Se vogliamo che la storia sia
veramente maestra di vita e fonte di educazione, se vogliamo che gli
orrori del passato non si ripetano mai più! Perché la storia, prima o
poi, presenterà il suo conto, chiederà conto e ragione a tutti,
soprattutto, ai vincitori, per le loro vittorie macchiate di sangue,
perché non sempre chi vince è il migliore e ha ragione, anzi, spesso è
il contrario.
“Ti racconterò il colonialismo… Interi popoli che nel sorgere di un
mattino vengono sradicati dalle loro terre d’origine, incatenati e
spediti su bastimenti, come bestiame, in luoghi lontani e ostili a
lavorare come schiavi. Da uomini liberi a schiavi: che rio destino!
Nelle lontane Americhe, nel West, nelle piantagioni di cotone e nelle
praterie argentine e brasiliane…
Ti racconterò il colonialismo. Quello vero. In Tanzania, per esempio.
Una mattina venne il bianco: e con la sua mania di produrre e di fare
soldi, bruciò il bosco, scacciò gli animali rimasti, con il fucile e la
polvere da sparo, cercò schiavi tra la popolazione locale, costruì
casa, stalle, coltivò estensioni di terre ad orzo, per fare luppolo e
birra.
Più tardi i bianchi si scannarono con due conflitti mondiali e, infine,
arrivò il vincitore. L’inglese. E siccome il posto era una vera e
propria azienda agricola con più di mille ettari, coltivati, non si
trattò di un inglese qualunque, ma della Regina. Proprio lei, la Regina
pensando che tutto quel ben di Dio fosse suo e che la gente del luogo
fosse buona solo per servire, la regalò ad un grande ammiraglio della
flotta britannica il quale, in cambio, cominciò a coltivare fiori che,
via Nairobi, mandava ala Casa Reale d’Inghilterra. In più, quel posto
era così salutare e accogliente che i capi del governo coloniale lo
scelsero per riunirsi per decidere il modo migliore di spartirsi quel
pezzo d’Africa sottoposto alla loro “protezione”. E neppure la chiesa
cattolica mosse mai un dito, disse una parola contro le violenze e lo
scempio dell’uomo bianco sugli africani. Per convenienza, per inerzia,
per quieto vivere. Come sempre. Poi le cose iniziarono a cambiare.
I
“protetti” cominciarono a non gradire quella protezione, per altro mai
richiesta e neppure voluta. Soprattutto, pensavano fosse giunto il
tempo di fare a meno del bianco, delegato dal potente di turno a
governare la loro terra. Quella era la loro terra e toccava a loro,
perché eredi naturali, gestirla e governarla. A quel punto, il lord,
che nel frattempo aveva arricchito la zona di nuove residenze, capì che
era giunto il momento di cambiare registro, che, forse, era meglio
tornare nella sua terra e assai più conveniente lasciare tutto nelle
mani dei “sudditi”. Ma com’era prevedibile, il “colono”, mai abituato a
possedere o a gestire qualcosa, perché nessuno gliel’aveva imparato,
naufragò nella libertà ritrovata e morì d’indigestione…Infatti, i
bacini d’acqua saltarono, le campagne rimasero incolte e le stalle si
svuotarono. Anni dopo, il nuovo governo locale decise di chiedere aiuto
alle ex nazioni “colonizzatori”.
Ed a tale progetto collaborarono i
giapponesi, gli statunitensi e i canadesi. Anche se ognuno di loro era
lì per dare e, soprattutto, per prendere. Era il neocolonialismo: più
subdolo e pericoloso del colonialismo “prima maniera”.
Oggi solamente
il 20% del territorio utilizzabile viene coltivato e se la nuova
agenzia nazionale per l’agricoltura non metterà in atto qualche
strategia di risanamento e di rilancio della produzione agricola, il
tutto finirà nelle mani di privati senza scrupoli o di qualche
multinazionale dedita al business ed alla speculazione.
Nel frattempo
gli edifici e le attrezzature rimaste, vanno irrimediabilmente in
malora. Questa è oggi la situazione in Tanzania e in molte altre zone
dell’Africa…
E noi, ogni tanto, per pulire la nostra coscienza organizziamo una
raccolta fondi o un concerto di beneficenza.
Ma se non insegniamo loro
a pescare, difficilmente potranno mangiare pesce!!!
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it
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