Supplenti,graduatorie nel caos.Il Pd a Gelmini:dimettiti.
Data: Giovedì, 10 febbraio 2011 ore 07:03:29 CET Argomento: Rassegna stampa
Chiudere la strada
ad un supplente che si vuole inserire in graduatoria al nord solo
perché è nato in una regione del centro o del sud Italia è
incostituzionale. Lo ha ribadito la Corte Costituzionale, bocciando le
regole del ministero dell'Istruzione sulle graduatorie "di coda" dei
precari della scuola. L'Italia è una sola e i titoli di studio hanno lo
stesso valore in tutto il territorio nazionale, spiega la Consulta. Una
verità che sembrava ovvia ai più, ma non alla Gelmini che, spinta dalla
Lega, nel 2009 operò una sorta di protezionismo sulle graduatorie dei
supplenti della scuola a favore dei prof settentrionali.
La sentenza non mancherà di produrre ricadute politiche e economiche.
Il Carroccio si batte da anni per una normativa "di favore" nei
confronti degli insegnanti del nord, che però il governo non è riuscito
ad assicurare. E il ministero, a questo punto, verrà quasi certamente
travolto da migliaia di richieste di risarcimento danni da parte di
coloro che si sono visti soffiare per due anni incarichi e immissioni
in ruolo. Almeno 15.000 precari possono reclamare il ruolo e l'agognata
cattedra. Ad offrire loro nuove speranze è la sentenza della Corte
Costituzionale che dichiara illegittima una norma (articolo 1, comma
4-ter) del dl 134 del 2009 perché viola l'articolo 3 della
Costituzione. La conseguenza è che nell'aggiornamento delle graduatorie
a esaurimento il personale docente avrà diritto al trasferimento e
all'inserimento a pettine secondo il proprio punteggio (merito) e non
secondo l'anzianità di iscrizione in graduatoria.
La "querelle" sulle graduatorie va avanti da parecchio. Un paio di anni
fa l'associazione Anief ha fatto ricorso (15.000 ricorrenti) contro
l'inserimento in coda dei docenti che cambiano provincia, ma poi il
Parlamento, in sede di conversione del cosiddetto salva-precari, ha
votato una norma voluta dal ministro Gelmini che lo prevede. Per il Tar
Lazio però questa disposizione viola palesemente gli articoli 24 e 113
della Costituzione. Di qui il ricorso alla Consulta.
"A questo punto - dichiara il presidente nazionale dell'Anief, Marcello
Pacifico - il ministro Gelmini dovrebbe prendere atto di non essere
stata capace di gestire le graduatorie del personale docente, dovrebbe
assumersi la responsabilità di aver creato un profondo danno erariale
alle casse dello Stato e sanare la posizione dei ricorrenti aventi
diritto, senza nulla togliere ai docenti già individuati nei contratti,
come da prassi corrente". Secondo Pacifico, la sentenza "spazza via
ogni dubbio anche a chi, in questi giorni, ha proposto la proroga delle
graduatorie in emendamenti specifici al Milleproroghe in discussione al
Senato: è, infatti, che un blocco o una cancellazione delle stesse
graduatorie violerebbe i principi richiamati dal giudice delle leggi".
Soddisfatto per il pronunciamento della Consulta il Pd.
Sottolineando che la sentenza "avrà effetti devastanti" perché
"l'amministrazione sarà costretta ad assumere tutti quei docenti che,
collocati in coda, nelle graduatorie aggiuntive, si sarebbero trovati
in posizione utile per l'immissione in ruolo", Tonino Russo, componente
della Commissione cultura della Camera, sollecita le dimissioni del
ministro dell'Istruzione:"A fronte dei danni incalcolabili causati
dalle norme eufemisticamente definite 'eccentriche' dalla Consulta,
alla Gelmini non resta che un ultimo atto di dignità: rassegnare le
dimissioni".
Anche per la responsabile scuola del partito Francesca Puglisi la
sentenza della Corte "certifica l'incapacità di un ministro che procede
non per atti ma per pasticci". "Ora che il danno è fatto la Lega, che
ha tentato di innescare una guerra tra poveri all'interno delle
graduatorie a esaurimento, voti insieme a tutte le opposizioni il
rinvio della terza tranche di tagli nella scuola e la stabilizzazione
senza costi di centomila precari, così come proposto negli emendamenti
al Milleproroghe presentati dai senatori del Pd" è l'invito che arriva
da Partito democratico (da Paneacqua)
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