Memoria e Ricordo, la barbarie e il negazionismo
Data: Mercoledì, 09 febbraio 2011 ore 10:00:00 CET Argomento: Redazione
Qualche volta sono
d’accordo col la Gelmini, che ci ricorda sul sito MIUR di non
dimenticare il 10 febbraio e non solo per imposizione di legge ma per
onestà intellettuale, per rispetto dei morti e per senso di
pacificazione e unità nazionale: “È di grande importanza sensibilizzare
le giovani generazioni e fornire loro gli strumenti per analizzare un
periodo tragico della storia italiana ed Europea per poter ricordare
ciò che è accaduto ed evitare il ripetersi di forme di violenza e
razzismo”.
Come facevo notare nel giorno della “Memoria”, se in un motore di
ricerca clicchi questa volta su “foibe” nel giorno del “Ricordo”
ottieni circa 286.000 risultati in 0,09 secondi. Nessuno
può dire: non lo sapevo. Non esistono morti buoni da una parte e
cattivi dall’altra.
Le guerre le vince tutte la nera Morte che livella tutto, uomini e
cose, come la falce che pareggia tutte le erbe del prato, rendendoci
tutti uguali (Manzoni, cap. XXXIV de I Promessi Sposi). Non
possono né devono esserci ricorrenze e commemorazioni di parte in una
nazione unita. Di fronte al dolore, alla sofferenza, alla morte le
differenze, “sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:/ nuje simmo
serie...appartenimmo à morte!" (Totò, Antonio De Curtis, A livella).
“Anche la Speme,/ Ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve/
Tutte cose l'obblio nella sua notte; / E una forza operosa le
affatica/ Di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe/ E
l'estreme sembianze e le reliquie/ Della terra e del ciel traveste il
tempo./ (Foscolo, Dei Sepolcri 16-22).
I manuali di storia sia della media che della secondaria superiore
informano e trattano obiettivamente l’argomento delle Foibe. Nel 2008
si è svolto un convegno su
Revisionismo: come si scrive e come si insegna la storia oggi.
Spesso la necessaria esigenza della sintesi porta i docenti al rischio
di trattare argomenti dando per scontati i passaggi logici ed anche
alcune informazioni così da arrivare a periodi un po' criptici e in
alcuni casi, per gli studenti, fuorvianti. Molto probabilmente sarebbe
interessante abituare gli studenti a leggere il testo storiografico
assieme alle fonti, affinché possano capire che proprio sull'analisi
critiche di queste si basa il metodo della ricerca storica.
Storia e Storiografia intitolava il Desideri.
La Resistenza ormai è collocata nei capitoli che trattano della seconda
guerra mondiale, delle resistenze europee, e viene definita anche
guerra civile non guerra di classe. In questo caso la storiografia è
stata “ascoltata”.
Tutti i testi di Storia parlano della Repubblica sociale italiana, in
alcuni casi troviamo la definizione di “Ragazzi di Salò”, una locuzione
che viene ormai normalmente utilizzata nei mezzi di comunicazione di
massa e dalla politica o proprio perché entrata nel sentire comune. Per
quanto riguarda l'antisemitismo fascista solitamente si cerca di
allargare il discorso anche al razzismo fascista.
Con le Foibe entriamo in un terreno un po' più scivoloso. Introdotte a
furor di giornata del Ricordo, sono presenti in tutti i testi
analizzati. Non è sempre facile trovare il punto della trattazione in
cui sono inserite, a volte vengono analizzate nel capitolo che riguarda
il dopoguerra, altre volte sono nella seconda guerra mondiale oppure
nella Resistenza. Questo mostra forse una difficoltà: pur essendovi
numerosi testi e studi su questi temi probabilmente la storiografia non
è ancora così presente come per altri argomenti. I testi spiegano cosa
sia una foiba con la descrizione fisico-geografica, ma a volte la
carenza di cartine e la contestualizzazione non così incisiva, come
invece avviene per altri temi. Nella maggior parte dei casi ciò che
manca è il contesto, e ritengo che ciò sia grave, perché una vicenda di
questo genere, anche così intrisa di attualità politica, se non è
debitamente inserita nei suoi nessi causali e cronologici, e nella sua
complessità ambientale, rischia di divenire monca e facile strumento di
propaganda. Le cifre di quella tragedia sono ormai assodate, nel senso
che si va da un esodo che coinvolse 350.000 persone e per le vittime,
si parla di 15-30.000 “infoibati”. C'è chi parte dal 1945 e chi
dal '43-45, e chi avvia la questione nel 1918, coi Nazionalismi che si
scontrano, seguiti poi dal fascismo. Qualche autore di manuali di
Storia, accanto all'olocausto nazista accosta le foibe: ma si tratta di
un caso clamoroso di comparazione fatta più con senso della propaganda
politica che con serio senso della storia.
Anche in riferimento alle visite ai luoghi di memoria, in Italia e
all'estero, non si offrono nei testi scolastici stimoli e guide; eppure
ne è da tempo consolidata la convinzione dell'importanza didattica e
civile delle visite, ben organizzate certo, e la susseguente pratica
che ci viene richiesta da molti alunni.
Hanno detto e hanno scritto:
• « Di fronte ad una razza inferiore e barbara come
la slava non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma
quella del bastone. Io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi
barbari a 50.000 italiani »(Benito Mussolini).
• « ....già nello scatenarsi della prima ondata di
cieca violenza in quelle terre, nell'autunno del 1943, si intrecciarono
"giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse
sociali e un disegno di sradicamento" della presenza italiana da quella
che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di
odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che
prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i
sinistri contorni di una "pulizia etnica". Va ricordato l'imperdonabile
orrore contro l'umanità costituito dalle foibe , la "congiura del
silenzio", dell'oblio. Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci
la responsabilità dell'aver negato, o teso a ignorare, la verità per
pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per
calcoli diplomatici e convenienze internazionali. »(Giorgio
Napolitano).
• « Tali avvenimenti si verificarono in un clima di
resa dei conti per la violenza fascista e di guerra ed appaiono in
larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui
confluivano diverse spinte: l'impegno ad eliminare soggetti e strutture
ricollegabili (anche al di là delle responsabilità personali) al
fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo ed allo stato
italiano, assieme ad un disegno di epurazione preventiva di oppositori
reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell'avvento del regime
comunista, e dell'annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato
jugoslavo. L'impulso primo della repressione partì da un movimento
rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo quindi
in violenza di Stato l'animosità nazionale ed ideologica diffusa nei
quadri partigiani. »(Commissione storico-culturale
italo-slovena).
• « Non riusciremo mai a considerare aventi diritto
ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città, non
sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall'alito di
libertà che precedeva o coincideva con l'avanzata degli eserciti
liberatori. I gerarchi, i briganti neri, i profittatori che hanno
trovato rifugio nelle città e vi sperperano le ricchezze rapinate e
forniscono reclute alla delinquenza comune, non meritano davvero la
nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono
già così scarsi. »(Piero Montagnani su "L'Unità" 30 novembre 1946)
C’è un romanzo-storico che andrebbe regalato a tutti gli studenti nel
150.mo dell’Unità d’Italia: Carlo Sgorlon, La foiba grande, A.
Mondadori, Milano 1992. L’autore (insegnante di Lettere e scrittore)
non ha sprecato parole delicate né per il fascismo, né per gli
americani, né per i partigiani, né per i comunisti, né per Tito.
Bastano i fatti a descrivere la follia: la negazione della lingua,
della famiglia, delle tradizioni, del credo religioso, della sicurezza,
della libertà. Ha raccontato il potere, la cecità, l'ignoranza, le
illusioni e i sogni di grandezza e la violenza più bieca e cieca.
Ha provato a dare una spiegazione al perchè si sia voluto negare
l'esistenza del genocidio, dell'esodo e delle foibe. Così come si è
voluto (e lo si fa ancora) negare l'esistenza dei lager. " Lo Stato
usava sistemi simili a quelli della malavita, o ne tollerava
l'esistenza, e quindi era composto da gente che usava il delitto come
politica.(…) Il governo non aveva mezzi legali per sbarazzarsi dei suoi
nemici. Non sapeva di cosa accusarli, come portarli in tribunale, e
allora li faceva sparire con i metodi del terrore e della mafia, perchè
voleva sì l'Istria, ma senza gli istriani dissidenti".
I monaci trappisti hanno un motto che li aiuta a vivere meglio:
“Memento mori” Ricordati che devi morire. E se lo ripetono
continuamente con animo sereno…
Giovanni Sicali
giovannisicali@gmail.com
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