Italia unico paese in Europa in cui non esiste psicologo scolastico
Data: Lunedì, 07 febbraio 2011 ore 09:00:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Adolescenti in crisi, ribelli, trasgressivi, suicidi. L’ultimo caso della studentessa morta dopo essersi impiccata nei bagni della scuola che frequentava a Monterotondo, in provincia di Roma, ripropone con forza la necessità di fornire le capacità di cogliere i campanelli d’allarme lanciati dai ragazzi e offrire figure di riferimento. In questi ultimi anni la Psicologia ha guardato alla Scuola con rinnovato e crescente interesse: sono stati pubblicati libri, riviste e presentati numerosi disegni di legge in parlamento, ben cinque, e un testo unificato. Nonostante ciò l’Italia resta tra i paesi della comunità europea l’unico a non aver riconosciuto la figura dello psicologo scolastico, una figura per i giovani che all’ estero esiste da anni.                La figura dello psicologo scolastico in Italia non è definita da una norma che ne veda l’ inserimento «stabile» nella struttura, in materia si lascia alle scuole l’ autonoma iniziativa d’ avvalersi o meno di un servizio psicologico. L’ Italia è rimasta il solo Paese europeo a non avere veri e propri psicologi scolastici. La Francia ne conta 8.000 nella scuola contro 6.000 nella Sanità. La Spagna 7.000 nella scuola contro i 4.500 nella Sanità. Qualche altra cifra significativa: il rapporto psicologo-bambini è di uno per ogni 2.000 in Italia e di uno su 1.000 nei Paesi Scandinavi.
Lo psicologo all’interno delle aule, vista positivamente anche dagli stessi docenti, potrebbe essere utile in quanto si tratta di un professionista che, per sua specifica formazione, è in grado di affiancare e fornire consulenza e modelli di intervento alle diverse parti dell’ istituzione educativa (Consiglio d’ istituto, preside, docenti, genitori, alunni) su tutta una serie di problemi: l’ abbandono scolastico, la diagnosi precoce del disagio, la motivazione all’ apprendimento, gli stili di apprendimento, le dinamiche e i problemi nel gruppo-classe, la mediazione del conflitto, la comunicazione fra le diverse componenti scolastiche, l’ orientamento scolastico-professionale, l’ integrazione di alunni disabili o di altre culture.
Non essendo stato ancora approvato un disegno di legge che riconosca la figura dello psicologo scolastico la scuola si è servita sino ad oggi dello psicologo delle Asl mantenendo però l’ottica di delega dei casi difficili; tuttavia con la Legge N° 59 del 15/03/’97 nota come Legge Bassanini si conferisce alla scuola autonomia non solo didattica ed organizzativa ma anche amministrativa: questo ha aperto le porte alla psicologia in quanto anche i singoli professionisti possono presentare alle scuole un loro progetto, ma la carenza di fondi ne ha, di fatto, impedito la diffusione. In altri Paesi almeno un quinto delle ore complessive degli psicologi viene impiegato nelle scuole. Purtroppo così non avviene in Italia, anche perchè gli stessi psicologi hanno preferito concentrarsi sul settore clinico. La maggior parte degli interventi di psicologia scolastica avvengono tramite psicologi dipendenti o consulenti delle Asl e quindi non tramite un contratto e un rapporto diretto fra scuola e professionista. Tale modello. oltre a confermare l’ aspetto «clinico» del ruolo, impedisce un rapporto personale e fiduciario fra scuola e professionista, La scelta di chiedere interventi di psicologia tramite le AaslSL è forse in parte dovuta alla scelta di risparmio economico, scelta pagata con la rinuncia alla continuità e al rapporto di fiducia dell’ intervento.
La psicologia scolastica esisteva prima del 1978, anno in cui la prima riforma sanitaria ha collocato gli psicologi presenti nelle èquipe psico-pedagogiche scolastiche nelle Unità Sanitarie Locali, dalle quali in teoria avrebbero dovuto proiettarsi su tutto il territorio. Questo non è avvenuto; tutti i vari settori si sono dotati dei loro psicologi, eccetto la scuola. L’ ingresso dello psicologo nell’ istituzione scolastica è in realtà previsto per le attività di Educazione alla salute e prevenzione secondo la legge 162 del 26 giugno 1990. Per questo, a partire dagli anni Novanta, nella scuola media inferiore e superiore sono stati elaborati ed attuati progetti preventivi per tutelare anche dal punto di vista psicologico il benessere e la salute dei giovani. Ma la progressiva riduzione dei fondi a disposizione delle scuole ha portato all’abbandono del rpogetto. (Ste/Ct/Adnkronos)  (da http://www.atuttadestra.net)

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