Formazione e lavoro: il Governo non sa chi sono i giovani italiani
Data: Mercoledì, 02 febbraio 2011 ore 13:30:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


"Soffrono di inattitudine all’umiltà”. Con queste parole sono stati descritti i giovani italiani, non da un commentatore qualsiasi, ma dal ministro della Gioventù Giorgia Meloni. L’ennesima espressione poco felice da parte di chi dovrebbe occuparsi di mettere una generazione intera al riparo dagli effetti della crisi e dalla precarietà.
L’occasione è stata la conferenza stampa di presentazione del Piano del Governo per l’occupazione giovanile, che ha l’obiettivo di favorire l’incontro tra la domanda di lavoro e la formazione dei giovani. Il piano, formulato dai Ministri Sacconi, Meloni e Gelmini, comprende, attraverso un miliardo di euro di investimenti, la creazione di scuole speciali di tecnologia, alcuni eventi in cui le imprese incontrano neodiplomati e neolaureati, lo sviluppo di sistemi di informazione e banche dati, degli stage formativi e dell’apprendistato come forma di ingresso nel mondo del lavoro. Sono previsti anche bonus alle imprese che assumono under 35 disoccupati con figli. 
 Il leit motiv della conferenza stampa è stato il solito di questi anni: i giovani non sono informati, scelgono male i loro percorsi di studio, rifuggono il lavoro manuale.
Peccato che secondo l’ultima indagine Istat, relativa al secondo trimestre 2009, oltre due milioni di giovani laureati o diplomati -il 47,1% del totale- è sottoinquadrato: cioè possiede un titolo di studio superiore a quello richiesto per svolgere la loro attuale professione. Insomma, la metà dei giovani italiani ha introiettato la mancanza di prospettive di lavoro, tanto da accettare qualsiasi offerta, anche quelle inadeguate alla loro qualifica. A questi dati si aggiungono quelli -addirittura da record storico negativo- sulla disoccupazione giovanile: siamo a quota 29%, in pratica un giovane su 3 tra i 15 e  i 24 anni sono senza lavoro.

Questi dati paiono non essere arrivati nelle stanze del Governo, ma dimostrano che occorre urgentemente ribaltare il paradigma relativo al rapporto tra formazione e lavoro. Spostare, cioè, l’attenzione dagli studenti e dalle loro scelte, alle imprese e alla loro domanda, nonché all’integrazione fra i due sistemi.
Mentre si proclama l’importanza del lavoro manuale, gli istituti tecnici e professionali subiscono la mannaia dei tagli della Gelmini, con conseguenze pesantissime per tutte le esperienze di integrazione con il lavoro: la terza area, gli stage, le esperienze di alternanza, gli indirizzi dei professionali vengono decurtati per mancanza di fondi.
E’ il momento di chiedersi quanto occorrerà ancora aspettare per una valorizzazione del sistema di istruzione tecnico-professionale e per favorire quell’integrazione tra istruzione, formazione, orientamento e lavoro che alcune Regioni continuano faticosamente a perseguire.

La verità è che ministri che si esprimono in questi termini ritengono ancora il lavoro manuale e quindi la formazione tecnico-professionale un ambito di ripiego, anziché un aspetto fondamentale del sistema, fatto per chi non riesce bene a scuola o non trova lavoro, fatto semplicemente per togliere dai banchi chi non è abbastanza bravo e dalla ricerca di un lavoro adeguato tutti coloro che vedono la propria strada professionale sbarrata dalla crisi economica, dai tagli alla pubblica amministrazione, dalle corporazioni.

Sarebbe fondamentale, invece, dare vita a un sistema integrato, capace di garantire a ogni studente una cultura generale ampia, percorsi differenziati dopo l’obbligo scolastico, formazione per tutto l’arco della vita.
Lo dimostrano le tante esperienze di artigianato e impresa inserite con successo nel contesto della globalizzazione, frutto della conoscenza del mercato, oltre che del mestiere, dell’innovazione e del coraggio. Il coraggio di chi ha un’idea e vuole sperimentarla, di chi crede di poter realizzare i propri progetti: tutte caratteristiche che difficilmente possono scaturire da giovani che vogliono fare i medici, o gli avvocati, o i ricercatori, e si ritrovano a fare l’idraulico, il carpentiere, o le fotocopie in qualche ufficio.(di Giulia Tosoni da Pd- Comunicati)

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