Lògos Arithmós
Data: Domenica, 30 gennaio 2011 ore 18:00:00 CET Argomento: Rassegna stampa
I
matematici non deducono, spiano. Una lezione di matematica per gli
studenti del quarto anno della scuola secondaria superiore classe IV A
Liceo Scientifico “V.Vecchi” di Trani.
Da una indagine svolta presso l’Università di Palermo si evince che gli
errori commessi dagli studenti nella teoria dei logaritmi sono da
imputare al considerare il logaritmo un operatore lineare. Questa
concezione nasce, probabilmente, dall’impostazione del libro di testo e
quindi dell’insegnante.
I testi destinati al triennio, sia nei licei che negli istituti
tecnici, preferiscono introdurre il logaritmo secondo la definizione di
Eulero; risalendo, invece, alle origini del concetto, e presentando il
logaritmo a partire dalle progressioni, l’ostacolo potrebbe essere
superato.
Si è proceduto, ignari gli studenti, nell’affrontare dapprima le
progressioni aritmetiche e geometriche e successivamente i logaritmi,
dando loro solo una breve introduzione storica come si è soliti fare,
seguendo il libro di testo. Durante la fase di verifica
delle conoscenze acquisite, si sono evidenziati, da parte di alcuni
studenti, gli errori in oggetto ai quali si è dato risalto e ampio
approfondimento. Nonostante tutto, alcune difficoltà hanno continuato a
persistere.
Considerando che “è proprio degli esseri umani pensare per storie”
(Gregory Bateson) si è ritenuto opportuno che la ricostruzione del
sapere umano nel campo dei logaritmi fosse fatta, attraverso la
scoperta, utilizzando un gossip: la vita di Évariste Galois. Ragazzo
prodigio, poco più che adolescente riuscì a determinare un metodo
generale per scoprire se una equazione è risolvibile, risolvendo così
un problema della matematica vecchio di millenni. Fu un genio
matematico che bruciò la propria breve esistenza nel fuoco della
passione politica. La sua morte a soli 21 anni, in seguito a un
misterioso duello, circondò la sua figura di un alone magico e
romantico.
Di particolare interesse, per il nostro lavoro, i suoi ripetuti
fallimenti dell’esame d’ammissione all’École Polytechnique: leggenda
vuole che considerasse gli esercizi di matematica banali e non
interessanti e che quindi si rifiutasse di risolverli o di giustificare
affermazioni e passaggi che a suo dire erano fin troppo semplici.
Così gli studenti hanno visionato il film “Non ho tempo” del 1973, in
cui, il regista Ansano Giannarelli celebra la figura e l’azione di
Galois. A proposito della interrogazione nell’esame di ammissione al
politecnico di Parigi, nel film compare una scena in cui il matematico,
interrogato sui logaritmi, fa riferimento alle progressioni. Gli
studenti, guidati dall’insegnante, vedendo un nesso tra i loro saperi,
hanno chiesto di approfondire l’argomento.
Così hanno letto alcuni passi dal libro “13 ore per l’immortalità” di
Leopold Infeld sulla vita di Évariste Galois e si è scoperta una
diversa definizione del logaritmo. È nata la curiosità di ricostruire
il percorso storico del logaritmo.
Dallo scritto di Archimede Arenario alla rivoluzione scientifica con
Keplero, da l’Aritmetica Integra di Michael Stifel a John Napier e a
Leonhard Euler una rappresentazione in PowerPoint ha guidato gli
studenti nella storia del logaritmo.
A questo punto gli studenti sono stati messi al corrente del progetto
di cui sono stati protagonisti e quindi gli si è chiesto di pensare a
un prodotto finale che rappresentasse quanto avvenuto. Alla fine si è
concordato di produrre un poster e un cartone animato. Nel poster,
attraverso il buco della serratura (“i matematici non deducono,
spiano”) si vede una lavagna sulla cui destra appare la definizione di
logaritmo secondo Nepero, il personaggio dei fumetti Pico de Paperis ha
la testa di Galois, perché è Galois che li ha condotti a tale
definizione, e sulla sinistra la definizione di logaritmo di Eulero, il
personaggio dei fumetti, Archimede Pitagorico, ha la testa proprio di
Eulero. Gli alunni hanno scelto di non contrapporre le due definizioni
ma di farle convivere sulla stessa lavagna perché hanno compreso che
sono facce di una stessa medaglia.
Forse gli errori nello svolgimento degli esercizi sono diminuiti ma non
in modo rilevante, sicuramente c’è maggiore consapevolezza della
correzione degli stessi.
Ad ogni modo gli studenti si lasciano coinvolgere maggiormente da tutto
ciò che è diverso dal “normale far scuola”. È da considerare però che
il numero delle ore a disposizione per lo sviluppo dei programmi
ministeriali è già carente, e un approccio di questo tipo richiederebbe
un monte ore più cospicuo di quello attuale, che è necessario molto
tempo studio per l’insegnante ricercatore anche a causa di una
preparazione universitaria quasi inesistente in questa direzione e che
le difficoltà da superare sono tante, ma ciò che deve guidare è la
passione senza se e senza ma.(di Iride Ventura da
http://www.educationduepuntozero.it)
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