Disillusioni ottiche: 66 studenti giudicano, solo sulla foto, il grado di compatibilità di 204 cand
Data: Domenica, 30 gennaio 2011 ore 12:00:00 CET
Argomento: Sondaggi


Un libro che ha profondamente segnato la mia infanzia è stato "Piccole Donne" di Louisa May Alcott: la storia è quella quasi autobiografica della famiglia Alcott, diventata March in questo libro in cui le quattro sorelle rappresentano una sorta di spaccato della complessa antropologia femminile. C'è infatti Meg, quella né carne né pesce che però si dà arie da donna matura e quatta quatta si trova subito un bel uaglione; c'è Beth, la cui bontà è direttamente proporzionale alla sua sfiga e si capisce subito che farà una brutta fine; c'è Amy la svenevole viziata che ha il gran talento di trovare sempre un motivo per cui scassar l'anima al prossimo, soprattutto quando invece proprio non ne avrebbe.
E Jo, indiscutibilmente la migliore.
E proprio questa bellissima e talentuosa donna è fra le quattro quella che sgobba e suda di più per trovare la propria strada, sentimentalmente e lavorativamente parlando. Questo immagino dipenda dal fatto che non ha come massima aspirazione della propria vita quella di fare la mantenuta che cucina il ragù e sforna figli.
E le cose oggi non sembrano esser poi molto cambiate: non ci si riesce ancora a spiegare come donne belle ed in gamba si ritrovino sole ad aspettare il guappo in calzamaglia azzurra che secondo la Disney a ciascuna spetterebbe. Ma non solo: "Siamo ritornate all' 800 quando bisognava attendere una settimana per la risposta dell'innamorato"-dice G., amica e studiosa sul campo di antropologia maschile-"All'epoca però era dovuto all'inevitabile lentezza dei piccioni viaggiatori. Adesso ahimè è dovuto all'eccessivo traffico di ben altri tipi di volatili".
Il lavoro quindi sembra il perfetto corollario (mancante) della sfortuna che accompagna le sorti delle belle donne. "Oltre le gambe c'è davvero di più?", sembrano chiedersi i datori, quasi piccati davanti a cotanta beltade. Pare infatti che se per l'uomo da copertina sono aperte le strade del successo, secondo uno studio condotto dai ricercatori della Rice University di Houston (Texas), la bellezza per le donne si trasforma in una zavorra. I ricercatori guidati da Kenneth Podratz hanno chiesto a 66 studenti di giudicare, solo sulla base di una foto, il grado di compatibilità di 204 candidati, maschi e femmine con differenti occupazioni.
Il risultato della ricerca è il seguente: se si trattava di lavoro 'da scrivania', le donne meno belle sono risultate 'vincenti', mentre i maschi bellocci hanno surclassato i concorrenti in tutti i tipi di lavoro. Anche nel caso di professioni tradizionalmente 'maschili', come guardia carceraria o venditore di auto, le veneri hanno avuto la peggio, soprattutto quando a giudicare erano le studentesse assunzioni garantite invece per gli adoni. Gli autori dello studio spiegano inoltre che chi si occupa di selezione del personale può preferire impiegate meno attraenti per una serie di ragioni diverse, fra cui in primis, la forza dello stereotipo della bellona incapace. La preferenza accordata, in linea generale, alle bruttine stagionate resta un mistero anche per i ricercatori texani, che si propongono di realizzare uno studio più approfondito e realistico sul tema, magari usando candidati in carne e ossa al posto delle fotografie.
"Molto ho guardato la bellezza,/ e ne è piena la vista./ Linee del corpo. Rosse labbra. Corpo/ voluttuoso./ Capelli come presi da statua greca:/ sempre belli, anche se spettinati,/ che ricadono appena sulla candida fronte." E non l'ho assunta.(da http://www.paneacqua.eu)

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