''Postribolo'', storia di un vocabolo del XIV secolo tornato alla ribalta
Data: Mercoledì, 26 gennaio 2011 ore 08:02:23 CET
Argomento: Rassegna stampa


Padre Lorenzo Rocci e gli altri verecondissimi e pudibondi studiosi che tra l'ultimo scorcio dell'Ottocento e la prima metà del Novecento si presero la briga di compilare vocabolari di latino o di greco antico, a uso anche degli adolescenti ginnasiali, si trovarono a mal partito davanti alla frequenza di lemmi pruriginosi presenti nelle lingue classiche. E allora per non turbare i giovani virgulti si affidarono a tradurre questi termini con parole nobilitate da un etimo antico e non certo ricorrenti nella lingua comune.
Per dare la versione italiana dei numerosi termini greci e latini che indicavano i luoghi in cui si svolgeva il "meretricio" – e cioè i luoghi in cui sotto la vigilanza di un "lenone" i clienti "avevano commercio" con le "cortigiane" – gli autori dei vocabolari, pur privilegiando la parola "lupanare", ricorrevano in seconda battuta alla parola "postribolo". Certo erano inutilizzabili "casino" e "bordello", allora volgarissimi, e pure da sconsigliarsi "casa di tolleranza" o "casa chiusa", troppo attualizzanti e, proprio perché più usati comunemente nel periodo pre-legge Merlin, troppo espliciti.          
 Intervenendo telefonicamente nel corso dell'"Infedele" di Gad Lerner, il premier Silvio Berlusconi, dopo aver utilizzato il vocabolo "turpe" e altre parole fané a lui non inconsuete (rimane memorabile l'uso dell'aggettivo "rivieraschi", in un faccia a faccia preelettorale con Romano Prodi), ha concluso la sua intemerata affermando che secondo lui la sua supporter Iva Zanicchi avrebbe dovuto alzarsi e andare via da quell'"incredibile postribolo televisivo". Postribolo!: un'altra parola da tempo condannata a rimanere in sonno sotto uno spesso strato di polvere linguistica. La ricomparsa di tale vocabolo sulle prime pagine di tutti i giornali ha incuriosito molti blogger. E Dagospia ha ironizzato sulla desuetudine dell'eloquio berlusconiano, scrivendo che il premier "finirà per interrompere anche il meteo di TeleTuscolo al grido di ‘Gaglioffi, mangiapane a tradimento, vili marrani!'".
Eppure se si ricorre all'etimo della parola postribolo, il suo uso da parte di Berlusconi sembra proprio adeguatissimo a quello che voleva esprimere. Postribolo viene dal latino prostibulum, parola che in origine indicava la prostituta e che in età tarda passò anche a indicare il luogo in cui le prostitute esercitavano. Passata in italiano attraverso un processo di metatesi, cioè un fenomeno di rimescolamento delle lettere interno a un vocabolo, la parola postribolo (le cui prime attestazioni nella volgar lingua risalgono al XIV secolo) ha un sapore diametralmente opposto a quello dell'espressione "casa chiusa". Infatti prostibulum viene da "pro" e "stare" cioè stare davanti, stare esposti, stare in vendita.  
L'accento è posto quindi sull'esibizione dell'offerta, sulla sua visibilità all'esterno. E quindi ben si comprende che l'esibizione televisiva è la frontiera estrema del porsi in mostra. E quindi, forse inconsapevolmente, il ricorso alla parola postribolo è perfettamente aderente a quanto si voleva affermare nella suddetta telefonata. Telefonata che ha scatenato un casino o un bordello mediatico, ma questa è un'altra storia. (da IlSole24Ore)

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