Il Paese degli Smemorati: ''Abbiamo perso l'idea di quale sia il valore della scuola''
Data: Lunedì, 24 gennaio 2011 ore 22:00:00 CET
Argomento: Istituzioni


Per Angela Nava, presidente del CGD (Coordinamento Genitori Democratici associazione fondata nel 1976 da Marisa Musu e Gianni Rodari ), non sarà facile risalire la china e non basterà solo maggiore attenzione economica, perché il vero problema sono i danni culturali arrecati da questo governo.
Questo anno, elezioni o non elezioni, sarà quello in cui il Paese dovrà fare i conti con i danni gravi, strutturali, che il governo di centro destra ha arrecato al sistema della pubblica istruzione. Danni che ben difficilmente saranno sanabili solo con qualche soldo in più; incrostazioni che per essere tolte avranno bisogno di soluzioni forti.
La situazione è drammatica, culturalmente drammatica, oltre che economicamente, perché in un Paese che è quello della ‘smemoratezza’, sono bastati due anni di Gelmini, preceduti da quelli morattiani, per far quasi perdere la consapevolezza di ciò che la scuola dovrebbe essere e anche di quel che la scuola era stata. Il movimento dei genitori è positivo per tutto quel che riguarda la partecipazione, ma è stato tarato tutto sulle necessità, sulle urgenze di coprire le spese quotidiane, sulle emergenze d’ogni giorno, insomma su ciò che la scuola non dava economicamente piuttosto che su ciò che la scuola avrebbe potuto dare in più. Solo ora si sta diffondendo la coscienza di quanto il sistema scolastico sia caduto nella qualità, di come la scuola sia diventata una ‘scuola per pochi’, per quelli già dotati, per quelli che hanno una famiglia istruita, benestante alle spalle. Tutti gli altri, nella logica di questo governo, sono quelli che vivranno la scuola come un veloce passaggio che li condurrà al precariato, a lavori di serie Z, alla marginalità sociale, culturale, produttiva. La valutazione numerica o le classi sovraffollate delle scuole primarie hanno lasciato ai margini tutti quei bambini che non sono particolarmente problematici e che in una classe di 20 alunni, con le compresenze degli insegnanti, sarebbero stati serenamente recuperati e portati al livello degli altri o meglio degli altri.
Il vero danno è stato rinchiuderci un po’ tutti in un individualismo di bottega, la corsa a cercare il meglio solo per il proprio figlio, dimenticando che c’è un interesse generale che diventa  il benessere di tutti i bambini. Per risalire questa china ci vorrà molto tempo, e non basterà solo una maggiore attenzione economica al mondo della scuola.



Mi pare che questo governo consideri i genitori, la loro partecipazione, quasi come un’appendice inutile e perfino d’ostacolo a un discorso efficientista e produttivo. La pensi così?
No, perché la destra ha anche coccolato i genitori, riferendosi al ventre molle, facendo leva sul loro egoismo. Si è cominciato con la politica dell’anticipo: chi è quel genitore che non dice che suo figlio è il più bello e il più bravo del pollaio e può andare sicuramente a scuola a 5 anni? E questo non ha certo indotto alla riflessione che forse la socialità, lo stare insieme per gruppi di età potrebbe essere fondamentale.
O dire ai genitori che per avere una scuola efficiente occorre rivolgersi alle scuole private, magari con una quota capitaria che vada su ‘mio’ figlio. Il genitore è stato preso in considerazione e molcito negli aspetti più bassi, che erano a scapito della qualità generale, ma davano a ognuno l’illusione –poi rivelatasi perdente- che suo figlio, e solo suo figlio, si sarebbe salvato.

Tutto questo mascherato da una filosofia liberista. Peccato che non una pericolosa centrale terzinternazionalista, ma la Fondazione Giovanni Agnelli, nel suo rapporto sulla Scuola 2010, fa un po’ i conti di quel che all’Italia costa, in termini economici, una scuola che non è motore di mobilità sociale, che ha troppi abbandoni, che è profondamente divisa fra nord e sud, che non riconosce dignità all’istruzione tecnica e professionale. Negare le opportunità a tutti significa disconoscere i talenti che possono esserci a Scampia come nel centro di Milano, nel figlio dell’operaio come nel figlio del professore. Questo non è liberalismo, è una concezione ottocentesca, vecchia, inadeguata alla globalizzazione, perdente.
Sì, ottocentesca e illusoria, perché anche il genitore che crede di salvare suo figlio, capisce che è un’illusione di breve durata, quello stesso figlio che mettiamo nella gabbia dorata, dopo qualche anno si dovrà immettere in una società dove –proprio a causa di - ci saranno sempre più tensioni, più conflitti sociali, più divisioni, e sarà sempre meno attrezzato a viverli, ad affrontarli.
 ( di Giovanni Belfiori da Pd Rassegna stampa)

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