Tunisia: il ruolo dell'istruzione nella protesta
Data: Lunedì, 17 gennaio 2011 ore 21:41:17 CET Argomento: Rassegna stampa
Le notizie confuse
che arrivano in questi giorni dalla vicina Tunisia non riescono a dare
molto conto del concreto dispiegarsi delle vicende nella loro sequenza
e articolazione. Siamo di fronte ad una rivolta che, se per un verso ha
tutte le caratteristiche di una insurrezione tumultuosa e spontanea,
non è priva però di strutture organizzate. Anche in questo momento, in
cui dopo la fuga del presidente Ben Alì e l’avocazione dei poteri da
parte del primo ministro (anziché da parte del presidente del
Parlamento, come avrebbe voluto la Costituzione), questi ha convocato
anche i partiti dell’opposizione (non sappiamo se solo la “piccola”
opposizione parlamentare o anche quella extra-parlamentare, né sappiamo
se e come l’opposizione ha risposto) chiedendo di formare un governo di
unità nazionale per riportare prima di tutto l’ordine, si comprende che
se da un lato vi è una pratica di potere extra-istituzionale dall’altro
vi è il tentativo di incanalare su vie istituzionali le istanze della
protesta.
E’ anche chiaro (e ne abbiamo già dato conto) che nel movimento di
protesta ha avuto un suo ruolo il sindacato UGTT, che pur essendo
storicamente legato al partito “desturiano”, fin dai tempi della lotta
per l’indipendenza, ha sempre mantenuto una certa autonomia sia dal
regime di Burghiba che da quello di Ben Alì, preservando al suo interno
anche altre tendenze politiche.
All’interno di questa confederazione così come del movimento
insurrezionale di questi giorni un ruolo lo hanno svolto i due
sindacati dei lavoratori della scuola (SGEB, 60.000 iscritti) e
dell’università e ricerca (SGERS). E non poteva essere diversamente
visto che studenti e neolaureati sono tra i protagonisti della
rivolta e visto che proprio la mancanza di sbocchi lavorativi per loro
è una delle cause della protesta, la quale, ci ricorda opportunamente
l’Internazionale dell’Educazione, è esplosa a dispetto degli
apprezzamenti che il paese aveva recentemente ricevuto da parte del FMI
sul piano del successo economico (evidentemente il FMI non aveva
considerato il gap crescente tra ricchi e poveri, né l’aumento del
costo della vita, né l’innalzamento dei livelli della corruzione, ci
dice sempre l’IE).
Comunque non è un caso che scuole e università continuino ad essere
chiuse a tempo indeterminato, dopo lo sciopero indetto due
settimane fa dai sindacati di categoria. E che tra i caduti, oltre ad
un certo numero di studenti o di neolaureati, si conti anche un docente
di scienze dell’università di Gades: il professor Hater Ben Tahar,
colpito a morte durante le proteste nella città di Douz. Proprio
venerdì scorso questa uccisione ha dato luogo a una delle tante
manifestazioni che si stanno svolgendo in Tunisia in questi giorni,
quella davanti alla facoltà di legge di Tunisi, indetta per l’appunto
dal sindacato universitario.
(da Flc-Cgil)
redazione@aetnanet.org
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