I criteri organizzativi per l’integrazione degli alunni stranieri sulla base della CM n°2
Data: Domenica, 16 gennaio 2011 ore 19:23:19 CET
Argomento: Redazione


Abbiamo già visto come la CM n.2 dell’8/01/2010 raccomandi l’integrazione degli alunni stranieri e ne delinei gli opportuni criteri ai fini della sua realizzazione ( vedi articolo della stessa pubbl. su aetnanet il 10/06/2010), ora vediamo, nello specifico, la parte relativa ai criteri organizzativi contenuti nella Circolare Ministeriale in oggetto. In particolare, la sostanziale priorità che essa assegna alla prima alfabetizzazione di lingua italiana per questi alunni.
Al punto C di Criteri organizzativi  essa infatti recita:” In merito, sempre nel rispetto dell’autonomia delle scuole, si suggeriscono le seguenti misure, peraltro già richiamate dalla normativa vigente:( Dpr 394/99 art.45)
L' attivazione di moduli intensivi, laboratori linguistici, percorsi personalizzati di lingua italiana per gruppi di livello sia in orario curricolare (anche in ore di insegnamento di altre discipline) sia in corsi pomeridiani realizzati grazie all’arricchimento dell’offerta formativa);attivazione di moduli intensivi, laboratori linguistici.”
 Appare evidente che la priorità riconosciuta all’insegnamento della lingua italiana su tutti gli altri insegnamenti scaturisce da ovvie considerazioni di ordine logico, sociale e formativo. Innanzitutto , il linguaggio verbale è sempre il canale privilegiato attraverso cui sia apprende ogni altra competenza. Se così non fosse, infatti, si dovrebbe dedurre che gli alunni giungano ad un apprendimento , per così dire puramente ed esclusivamente “intuitivo” di discipline come, per esempio, la matematica.
E’ pur vero che esistono al mondo ragazzi dotati in modo straordinario in determinati campi che li mettono in condizione di poter apprendere “intuitivamente” i presupposti di una materia senza ulteriori spiegazioni; ma è ovvio che si tratti di rare eccezioni , non certamente la gran maggioranza della platea di alunni a cui la scuola, democraticamente e giustamente si rivolge. Ma anche se per assurdo ponessimo tale condizione se ne dedurrebbe  una sostanziale “inutilità” della figura del docente in classe. Inoltre, l’insegnamento della lingua italiana per un ragazzo che vive nel nostro paese, a qualsiasi titolo, è indispensabile per la sua integrazione e la sua accettazione nel gruppo; diversamente rischierebbe di restarne totalmente isolato.
Aggiungeremmo che lo scopo della scuola è soprattutto la formazione integrale della persona; non si può restare ancorati ad una visione ottusa e miope rigidamente attinente ad aleatori “programmi” da svolgere al di fuori della prospettiva dell’individuo. Sarebbe come cercare di far indossare a qualcuno un paio di scarpe di due o tre misure più piccolo. A volte pare proprio che ad alcuni docenti interessi molto di più cosa essi scrivano sui loro registri  piuttosto che cosa riescano effettivamente a trasmettere, insegnando, ai loro alunni.
La CM 2, inoltre, non precisa i tempi in cui debbano svolgersi tali attività di alfabetizzazione di lingua italiana per gli alunni; non è una dimenticanza. La “ratio” della  normativa ( le circolari ministeriali hanno sempre valore normativo) è da intendersi:  purchè vengano fatte.
Vorremmo, infine rilevare che  in questi specifici casi la facoltà potestativa dei collegi dei docenti di “scegliere” o meno se attivare tali corsi è praticamente insussistente. E’ evidente che in presenza di alunni che ne necessitano, non attivarli determinerebbe una grave omissione da parte della scuola, nonché una lesione, anche di carattere penale, del diritto di studio. Oltre al fatto che si arriverebbe al paradosso, all’assurdità, di una improcedibilità di valutazione degli alunni in oggetto in quanto non sono stati loro forniti i mezzi ( e la conoscenza della lingua comune è il primo mezzo!) per conseguire gli obiettivi minimi.

Tecla Squillaci
stairwayto_heaven@libero.it






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