Dante, Beatrice, lo studio, il tempo, le parole, l'Amore
Data: Domenica, 16 gennaio 2011 ore 18:30:52 CET
Argomento: Redazione


 Studio quanto posso

Ieri abbiamo letto in classe la fine della Vita Nova:

Appresso questo sonetto apparve a me una mirabile visione, ne la quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dire più di questa benedetta infino a tanto che io potesse più degnamente trattare di lei.
E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com’ella sia veracemente. Sì che, se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d’alcuna. (Dante, Vita Nova, XLIII)

Quando Dante scrive queste parole, nel 1293, ha 28 anni. Vede qualcosa che definisce “mirabile” e ribadisce che lo scopo della sua vita è dire “Beatrice” degnamente, come non è mai stato fatto con nessuna donna. Sa che questa è la cosa più importante della sua vita, ma sa anche di non essere all’altezza. Per questo dichiara “studio quanto posso” per “venire a ciò”, per riuscire nell’impresa. Riuscirà a farlo solo 14 anni dopo, nel 1307, iniziando la Commedia. Gli ci vogliono 14 anni di “studio” (che in latino vuol dire amore, passione, desiderio), 14 anni di prove, di tentativi, di opere interrotte, di esili, di condanne a morte, fughe e dolori… per riuscire ad acquisire le parole adatte a dire ciò che ha visto.

Le parole arrivano 14 anni dopo e sono le parole che in altri 14 anni (1307-1321) costituiranno l’opera più grande mai scritta nella storia della parola poetica. 14 anni per trovare le parole, 14 anni per scrivere. Tutto per “dire veracemente” un nome: Beatrice. Dante trova le parole per l’amore che lo ha trovato.

Vorrei la fede di Dante nelle parole, la sua tenacia nello studiare, quanto può, per raggiungere “a parole” l’Amore da cantare nel tempo e fuori dal tempo.

Le parole si trovano, l’amore ti trova.

Ecco cosa ci faccio con le parole: dico all’amore di venirmi a trovare.

di Alessandro D’Avenia

 







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