Una divisa per gli studenti del liceo classico? A Trani l'idea non piace
Data: Sabato, 15 gennaio 2011 ore 18:30:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Un segno d’identità può anche essere un segno dei tempi? Oppure rischia di trasformarsi in uno strumento d’omologazione che ricondurrebbe al passato? È questo il dibattito di fondo emerso al liceo classico di Trani «Francesco De Sanctis» a seguito della proposta del dirigente scolastico, Cosima Damiana De Gennaro, di istituire una divisa da fare indossare agli alunni nello svolgimento della loro attività didattica. Impossibile che per quest’anno se ne faccia nulla, ma l’idea resta sempre in piedi e le motivazioni a sostegno non mancano.
Per la verità, il progetto non è nuovo in Italia, ma lo è da queste parti. L’idea era venuta al ministro dell’istruzione Gelmini nel 2008: un abbigliamento uniforme per tutti gli studenti di una stessa scuola, che avrebbe totale autonomia di scelta. A Treviso, lo scorso anno, si è partiti fra i mugugni, ma si è partiti. Lo stesso dicasi a Vicenza. E se questo accade nel nord Italia, apparentemente più emancipato, allora vi è da chiedersi se davvero l’idea non possa prendere piede anche altrove. Motivo? Spesso i ragazzi e le ragazze vanno a scuola vestite in un modo inadeguato, mostrando un po’ più del necessario e generando distrazione generale. Ma non solo: è dimostrato che vestirsi tutti nello stesso modo aiuta a combattere il "razzismo di classe" e rafforza lo spirito di gruppo e il senso di appartenenza.

E la preside è proprio a questo che mira, utilizzando la parola “identità”: «Mi piacerebbe che un indumento di riconoscimento della scuola sia visto soprattutto come un segno d’identità in chiave moderna».
Ma qual è, più nel dettaglio, il progetto della professoressa De Gennaro? «La premessa fondamentale – spiega - è l’esistenza di fondi a sostegno della sua realizzazione. Non vorremmo gravare in alcun modo sulle tasche delle famiglie degli alunni, quindi dovremmo sforzarci di trovare un finanziamento statale, o magari anche uno sponsor, per la fornitura degli indumenti. Peraltro, non si tratterebbe di realizzare divise totali come nei college inglesi. Nel nostro caso, non si andrebbe oltre una felpa d’inverno ed una polo d’estate. Mi piacerebbe il bianco come colore di fondo e, sul petto, il logo del nostro istituto. In parti periferiche della maglia, il richiamo ad uno dei tanti programmi operativi nazionali (i famosi Pon, ndr) cui la scuola aderisce allargando la base già vasta della nostra offerta formativa. Le divise, ovviamente, resterebbero a vita proprietà degli alunni e rappresenterebbero per loro un ricordo tangibile della loro esperienza nella nostra scuola».

L’idea della preside è stata presentata nel consiglio d’istituto, che non si è ancora espresso formalmente perché le opinioni, com’era da aspettarsi, sono diverse e spesso contrastanti. Parallelamente, è stato realizzato un sondaggio nelle classi da parte degli studenti rappresentanti d’istituto. E qui le risposte sono state decisamente più fredde, perché i ragazzi guardano con diffidenza l’eventuale anteposizione dell’identità collettiva a quella individuale. In altre parole, non tanto, e non solo, un problema di omologazione, ma anche una presunta repressione della libertà individuale. E tuttavia, anche fra gli alunni, chi mostra reale attaccamento alla scuola vedrebbe proprio in quelle maglie l’estrinsecazione del senso di appartenenza all’istituto.

Sul web, invece, la tendenza delle opinioni pare decisamente contraria all’idea. Un’ex studentessa, Marina, afferma sul forum di Radio Bombo che «queste divise sono solo l’ulteriore repressione della libertà espressiva dei ragazzi, e non credo che vedere i jeans griffati del mio compagno di classe abbia provocato in me chissà quale nefasto risultato. È un messaggio di omologazione che comprime la personalità degli studenti». Ma i consessi scolastici sono ancora aperti. Docenti e studenti presto diranno ufficialmente la loro. Nero su bianco. Lo stesso bianco delle già tanto chiacchierate divise. (da http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it)

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