“ Il parlare
umano è una specie, un modo d’agire” diceva K. Buhler e nella sua
essenziale semplicità forse poche altre definizioni del linguaggio si
adattano meglio alla comprensione di quell’attività specifica che è il
comunicare e che si pone alla base di ogni altro approccio alla
conoscenza.
Nella comunicazione possiamo riconoscere soprattutto due aspetti: il
contenuto e la forma del contenuto.
Il contenuto è il significato logico della parola, la sua coerenza
interna al testo scritto ed orale ma anche l’adesione alla “volontà”
soggettiva dell’espressione.
Infatti, nell’ambito delle convenzioni linguistiche, la grammatica, c’è
sempre, e così deve essere, l’intenzionalità della comunicazione che
non può essere ridotta a riduttivi schematismi.
Spesso, a scuola, nello studiare la comunicazione si fa riferimento a
concetti che però risultano svuotati dalla loro vera funzione.
Si parla infatti di emittente, ricevente,
referente del
messaggio, codice linguistico… ma nella mente degli alunni spesso
rimangono
formule astratte, da sapere e conoscere, riconoscere al massimo, ma
raramente
viene fatto loro notare quanto esse rientrino nel modo proprio d’agire
dell’individuo, quanto, cioè , il linguaggio è azione propria e
completa ed
intenzionalità.
Infatti, non esiste ascolto senza che vi sia
l’intenzione di
comprendere. Come non esiste il credere senza
la volontà di credere in qualcosa, o lo sperare senza un
obiettivo da
raggiungere.
In buona sostanza, conoscere un concetto
linguistico è una
cosa, ma riscoprirvi in esso il rapporto tra linguaggio e pensiero è il
vero
obiettivo dell’insegnamento di ogni lingua.
A scuola, purtroppo, molti docenti, invece,
continuano ad
insegnare una grammatica prescrittiva e normativa ma accantonano quasi
del
tutto l’analisi generativista della lingua, dimezzando così fortemente
l’aspetto di creazione-produzione continua del linguaggio. Il
linguaggio è il
cardine principale, il continuum tra presente, passato e futuro. Ogni
forma di
conoscenza, scientifica o tecnologica che sia, passa sempre attraverso
questa
dimensione generativa della lingua a cui si riferisce e , senza la
quale, non
esiste proprio l’attività, ovvero la funzione di qualcosa di vivo e in
perenne
evoluzione. Se il corpus delle norme grammaticali viene presentato come
un
insieme finito di parole, denominazioni, invece, si perde il punto di
vista
della realtà storica della lingua ed il proprio vissuto personale
nell’ambito
di un preciso contesto sociale.
Ciò spesso determina
quel disamore dei giovani verso lo studio della grammatica. Per questo
motivo
Noam Chomski parlava di una grammatica trasformazionale, in grado di
cogliere,
produrre e capire, non solo un “mondo definito e preconfezionato” di
termini,
di idiomi, bensì un universo aperto e virtualmente infinito di frasi,
parole,
contesti linguistici. Quest’ultimo non si può limitare a definizioni
che
tengono conto soltanto di un livello di rappresentazione univoca.. Non
è
possibile sacrificare la struttura profonda e semantica della
comunicazione,
non tener conto di quella pecularietà dell’individuo che è, appunto,
l’intenzionalità
Se per metafora,
prendiamo un esempio dalla fisica, metafora didattica ma ben calzante
per ogni
contenuto, cioè il Terzo principio della dinamica,ovvero, ad ogni
azione
corrisponde sempre una reazione uguale e contraria, ovvero che le reciproche azioni fra due corpi sono sempre
uguali e dirette in senso contrario, si delinea una prospettiva
metalinguistica, in cui l’apprendimento sia dell’ortoepia che
dell’ortografia
che di quel meraviglioso “ordine
cosmico” dell’universo-linguaggio, la geometria della parola, che è la
sintassi, hanno una diretta azione sulla formazione e con-formazione
del
pensiero; lo regolano, lo educano e lo accrescono.
E se per
estensione di metafora prendiamo un
altro esempio desunto sempre dalla fisica, cioè
quella convenzione chiamata la regola
della mano sinistra di Fleming,
che mostra la direzione della spinta ,cioè la forza di reazione
scambiata tra due corpi, su un conduttore che porta una corrente in un
campo
magnetico, in cui vengono rappresentate la spinta, il moto, la
corrente,
possiamo immaginare lo studio di una lingua,
la spinta , cioè la sinergia data
dalla comparazione tra il linguaggio usato e conosciuto e il suo
arricchimento a spirale ( secondo il
modello strutturalista bruneriano), mentre il
moto e la corrente invece possiamo
immaginare come tutte le connessioni
tra aspetto semantico e idea che confluiscono in quel campo magnetico
che è la
mente ( che non è una scatola vuota e nemmeno un deposito per vaghe
nozioni) ma
che è fondamentalmente una “forza viva”, appunto per questo la dignità
metaforica di definirla “campo magnetico” e non solo da un punto di
vista meramente
fisiologico, come del resto affermano anche le neuroscienze.
L’intenzionalità del comunicare è molteplice, non
ha solo
uno scopo informativo! Se così fosse, per esempio, a cosa servirebbe
altrimenti
il linguaggio poetico?
Se consideriamo la famosissima analisi di Heidegger del linguaggio poetico( in particolare
Heidegger si riferiva alla poesia di Holderlin e non a caso scelse
proprio
quest’autore…. ma ne parleremo in altro momento…) si comprende
benissimo come
lo scopo del linguaggio, non è un semplice
strumento di comunicazione con i suoi annessi ma qualcosa di molto di
più e
cioè uno strumento complesso, non definitivamente stabilito,
composto da norme variabili nel
tempo, contraddistinto da una natura generativa ed una finalità
progressiva sia
di tipo informativo che formativo. Ed è un generatore di energia, di
quella
forma particolare ed inimitabile di energia che è il pensiero (
pensiero e
parola sono infatti strettamente connessi tanto da non poter
distinguere un
incipit tra essi).
Se la lingua è espressione di pensiero e quindi
dell’esistenza, non mera capacità informativa, se la parola è prova del
pensiero che produce cambiamenti nel mondo, se essa non può essere
relegata ad
una condizione atomistica ed isolata della vita o dell’insegnamento, ne
deriva
che sia possibile, anzi auspicabile
recuperare tutte quelle forme espressive a partire dal
linguaggio
poetico che resterebbero tagliate fuori da una metodologia didattica
molto
limitata, anaerobica, attinente ancora alla sola sfera informativa
della lingua
, come , purtroppo, si continua a fare spesso nelle scuole.
Il pensiero produce cambiamenti nel mondo; da
questa
affermazione, che sia sempre verificabile in itinere, deve avere inizio
lo
studio di ogni lingua.
Tecla Squillaci
stairwayto_heaven@libero.it