Gelmini al lavoro per correggere la riforma dell'università dopo i rilievi del Colle
Data: Martedì, 04 gennaio 2011 ore 14:46:21 CET Argomento: Rassegna stampa
Ministero
dell'Istruzione al lavoro per apportare le correzioni chieste da
Giorgio Napolitano al ddl Gelmini sull'università, che ancora però non
è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Viale Trastevere conta di
risolvere le quattro criticità segnalate dal Capo dello Stato (sui
professori aggregati, le borse di studio "territoriali", i limiti di
reddito per i professori a contratto e i lettori in lingua estera)
nella fase attuativa della riforma, visto che serviranno oltre 40
provvedimenti, tra decreti e circolari ministeriali, per rendere
operative le nuove regole che riscrivono governance e gestione del
personale all'interno degli atenei. I primi decreti probabilmente
arriveranno per febbraio-marzo.
Per il relatore al Senato del ddl, il finiano Giuseppe Valditara - che
ha visto citato dal presidente Napoliano un suo ordine del giorno (per
garantire risorse adeguate ai nuovi atenei) - le osservazioni del Colle
richiederanno a breve un decreto ad hoc «che possa integrare e
correggere il testo». Resta comunque in piedi la necessità di un
"ulteriore confronto" soprattutto con gli studenti per attuare la
riforma dell'università, come ribadito dallo stesso Napolitano anche
nel messaggio di fine anno.
Tornando alle questioni tecnico-giuridiche sollevate dal Quirinale, la
prima riguarda l'articolo 6 del ddl relativo al titolo di professore
aggregato e alle modalità di attribuzione di tale titolo ai ricercatori
a tempo indeterminato. Il Quirinale chiede di fare un «miglior
coordinamento formale» e, se del caso, sopprimere il comma 5
dell'articolo in questione, che permette di conservare il titolo di
professore aggregato per l'anno accademico in cui i ricercatori
svolgono corsi e moduli, oltre che nei periodi di congedo straordinario
per motivi di studio di cui il ricercatore usufruisce nell'anno
successivo a quello in cui ha svolto l'anno d'insegnamento. Si tratta
di una «svista» della Camera, spiega la relatrice a Montecitorio del
ddl la pidiellina Paola Frassinetti, di una ripetizione di due commi,
che prima abrogano una parte della legge 230 del 2005 sul reclutamento
dei docenti universitari, poi la richiamano. Sotto questo aspetto,
forse, aggiunge, lo strumento normativo più opportuno per fare la
correzione chiesta dal Colle «potrebbe essere un decreto interpretativo
ad hoc. Ma anche una norma interpretativa inserita in sede di
conversione del decreto Milleproroghe». Ipotesi quest'ultima che vede
d'accordo anche il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini.
Il Colle ha puntato poi il dito anche contro l'articolo 4, e in
particolare contro la previsione che riserva il 10% dei premi per
merito agli studenti residenti nel luogo in cui ha sede l'università.
La norma è stata voluta dalla Lega ed è politicamente la più
"delicata". È stato il governatore del Piemonte, Roberto Cota tra i
primi a sollevare il problema che nelle università dove è maggiore la
presenza di studenti fuori sede, i residenti vengono penalizzati.
Argomentazioni bocciate nettamente dal Colle secondo cui invece la
previsione di una riserva basata sul criterio dell'appartenenza
territoriale appare «non pienamente coerente con il criterio del
merito». Non sarà facile, nei decreti attuativi, trovare una soluzione
che accontenti tutti. E c'è già chi, come la senatrice Pd ex vice
ministro dell'Istruzione, Mariangela Bastico parla di «norma
incostituzionale» e che «disincentiva la positiva mobilità geografica
degli studenti».
Delicata anche la questione sulla "nuova" disciplina dettata per i
lettori di scambio all'articolo 26, che Napolitano chiede di formulare
«in termini non equivoci e corrispondenti al consolidato orientamento
della corte costituzionale». In pratica, i lettori internazionali hanno
fatto causa perchè gli spettavano gli arretrati. La legge ora
garantisce i diritti arretrati, ma in una certa misura e con una
limitazione rispetto a quanto richiesto dai lettori stranieri. Da
correggere infine, secondo il Colle, pure l'articolo 23, che disciplina
i contratti d'insegnamento per esperti. Il punto contestato da
Napolitano riguarda la previsione di un reddito minimo annuo (non
inferiore a 40mila euro) tra i requisiti soggettivi di carattere
scientifico e professionale per ottenere il contratto. Una norma
voluta, spiegano fonti ministeriali, per evitare forme di precariato:
non utilizzare giovani che non lavorano, come del resto chiesto anche
da un emendamento del Pd. Norma però di difficile applicazione e
bocciata anche da Valditara: prevedere il limite di 40mila euro per un
dipendente della pubblica amministrazione chiamato con contratto a
insegnare è «ridicolo».(da IlSole24Ore NL)
redazione@aetnanet.org
|
|