Nell’Ocse fanno peggio solo turchi e messicani
Data: Domenica, 02 gennaio 2011 ore 09:01:41 CET Argomento: Rassegna stampa
Ascoltare e dare
risposte alla «generazione inascoltata», cioè i giovani, precari perché
senza lavoro, senza possibilità di una «vita dignitosa» e di «nuove
opportunità di affermazione sociale». Il richiamo agli italiani
lanciato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel
discorso di fine anno si concentra sull’emergenza giovani e nel suo
aspetto più drammatico: il tasso di disoccupazione nella fascia di età
tra i 15 e i 24 anni è salito al 24,7% in Italia (contro il 19% della
media europea), nel Mezzogiorno è al 35,2% e ancora più alto tra le
donne. Questi dati preoccupanti, secondo il Capo dello Stato, «devono
diventare l’assillo comune della Nazione». Un assillo che si fa
sentire, già dappertutto: dall’inizio della crisi, nell’area Ocse, ci
sono 3,5 milioni di ragazzi disoccupati in più, e quasi 10 milioni che
hanno smesso di cercare un posto. Eppure l’ultimo rapporto
dell’organizzazione parigina continua a puntare il dito contro i record
poco edificanti messi a segno dall’Italia, al sesto posto per il tasso
di disoccupazione dei ragazzi nell’area Ocse.
Mentre rispetto alla media Ue, la Penisola è sopra di quasi sei punti.
L’Italia viene poi indicata, dall’Ocse, come uno dei paesi più a
rischio per i giovani nella transizione tra scuola e lavoro. Arriva
quasi al 20% la percentuale dei giovani lasciati indietro, i ragazzi
tra i 15 e i 29 anni che hanno abbandonato la scuola senza un diploma e
non lavorano. È il terzo peggiore dato, dopo Messico e Turchia. E per
il 2011 la situazione non sembra prevedere grossi miglioramenti. La
fragilità della crescita della produzione e la crisi economica, che
picchia duro su Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna (i cosiddetti
Pigs), sembra non consentire una ripresa dell’occupazione, che anzi
rischia di calare ancora. I giovani senza lavoro nelle previsioni Ocse
resteranno attorno al 18% nel 2011 e scenderanno solo di poco (al 17%),
nel 2012.
Ma in questa situazione quali risposte si possono dare ai giovani? Il
Capo dello Stato indica alcune linee strategiche da seguire come
abbassare il debito pubblico, «un peso che non possiamo lasciare sulle
spalle delle generazioni future», poi ridurre il divario tra Nord e
Sud, alzare produttività e competitività, tutto nell’ottica di una più
forte integrazione europea. E accanto a una «maggiore responsabilità
dello Stato, Napolitano tira in ballo anche «i privati che, ad esempio,
devono investire di più nella ricerca».
Nel suo ultimo rapporto anche l’organizzazione parigina dà anche
qualche consiglio sulle politiche giovanili, suggerendo ai governi di
«sostenere i ragazzi più a rischio, ovvero quelli che lasciano la
scuola senza qualifiche, che vivono in aree svantaggiate o di famiglia
immigrata». Come? «Rafforzando i programmi di apprendistato e di
formazione professionale e incoraggiando le assunzioni, offrendo
sussidi temporanei a favore dei ragazzi poco qualificati».(da La Stampa
di Luca Fornovo
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