MESSAGGIO DEL
SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
PER LA
CELEBRAZIONE DELLA
XLIV GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1°
GENNAIO 2011
LIBERTÀ
RELIGIOSA, VIA
PER LA PACE
1. All’inizio di un Nuovo Anno il mio augurio vuole
giungere a tutti
e a ciascuno; è un augurio di serenità e di prosperità, ma è
soprattutto un
augurio di pace. Anche l’anno che chiude le porte è stato segnato,
purtroppo,
dalla persecuzione, dalla discriminazione, da terribili atti di
violenza e di
intolleranza religiosa.
Il mio pensiero si rivolge in particolare alla cara
terra
dell'Iraq, che nel suo cammino verso l’auspicata stabilità e
riconciliazione
continua ad essere scenario di violenze e attentati. Vengono alla
memoria le
recenti sofferenze della comunità cristiana, e, in modo speciale, il
vile
attacco contro la Cattedrale siro-cattolica “Nostra Signora del
Perpetuo
Soccorso” a Baghdad, dove, il 31 ottobre scorso, sono stati uccisi due
sacerdoti e più di cinquanta fedeli, mentre erano riuniti per la
celebrazione
della Santa Messa. Ad esso hanno fatto seguito, nei giorni successivi,
altri
attacchi, anche a case private, suscitando paura nella comunità
cristiana ed il
desiderio, da parte di molti dei suoi membri, di emigrare alla ricerca
di
migliori condizioni di vita. A loro manifesto la mia vicinanza e quella
di
tutta la Chiesa, sentimento che ha visto una concreta espressione nella
recente
Assemblea
Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Da tale
Assise è
giunto un incoraggiamento alle comunità cattoliche in Iraq e in tutto
il Medio
Oriente a vivere la comunione e a continuare ad offrire una coraggiosa
testimonianza di fede in quelle terre.
Ringrazio vivamente i Governi che si adoperano per
alleviare le
sofferenze di questi fratelli in umanità e invito i Cattolici a pregare
per i
loro fratelli nella fede che soffrono violenze e intolleranze e ad
essere
solidali con loro. In tale contesto, ho sentito particolarmente viva
l’opportunità di condividere con tutti voi alcune riflessioni sulla
libertà
religiosa, via per la pace. Infatti, risulta doloroso constatare che in
alcune
regioni del mondo non è possibile professare ed esprimere liberamente
la
propria religione, se non a rischio della vita e della libertà
personale. In
altre regioni vi sono forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio
e di
opposizione verso i credenti e i simboli religiosi. I cristiani sono
attualmente il gruppo religioso che soffre il maggior numero di
persecuzioni a
motivo della propria fede. Tanti subiscono quotidianamente offese e
vivono
spesso nella paura a causa della loro ricerca della verità, della loro
fede in
Gesù Cristo e del loro sincero appello perché sia riconosciuta la
libertà
religiosa. Tutto ciò non può essere accettato, perché costituisce
un’offesa a
Dio e alla dignità umana; inoltre, è una minaccia alla sicurezza e alla
pace e
impedisce la realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale.
Nella libertà religiosa, infatti, trova
espressione la
specificità della persona umana, che per essa può ordinare la propria
vita
personale e sociale a Dio, alla cui luce si comprendono pienamente
l’identità,
il senso e il fine della persona. Negare o limitare in maniera
arbitraria tale
libertà significa coltivare una visione riduttiva della persona umana;
oscurare
il ruolo pubblico della religione significa generare una società
ingiusta,
poiché non proporzionata alla vera natura della persona umana; ciò significa rendere impossibile l’affermazione di una
pace
autentica e duratura di tutta la famiglia umana.
Esorto, dunque, gli uomini e le donne di buona
volontà a
rinnovare l’impegno per la costruzione di un mondo dove tutti siano
liberi di
professare la propria religione o la propria fede, e di vivere il
proprio amore
per Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente (cfr
Mt 22,37).
Questo è il sentimento che
ispira e guida il Messaggio per la XLIV
Giornata
Mondiale della Pace, dedicato al tema: Libertà religiosa, via per la pace.
Sacro diritto alla vita e ad una vita spirituale
2. Il diritto
alla libertà
religiosa è radicato nella stessa dignità della persona umana, la cui natura trascendente non deve essere ignorata o
trascurata. Dio
ha creato l’uomo e la donna a
sua immagine e somiglianza (cfr Gen 1,27). Per questo ogni persona è titolare del sacro diritto ad una vita integra anche dal punto di vista
spirituale. Senza
il riconoscimento del proprio essere spirituale, senza l’apertura al
trascendente, la persona umana si ripiega su se stessa, non riesce a
trovare
risposte agli interrogativi del suo cuore circa il senso della vita e a
conquistare valori e principi etici duraturi, e non riesce nemmeno a
sperimentare un’autentica libertà e a sviluppare una società giusta.
La Sacra Scrittura, in sintonia con la nostra
stessa
esperienza, rivela il valore profondo della dignità umana: “Quando vedo
i tuoi
cieli, opera delle tue dita,la luna e le stelle che tu hai fissato, che
cosa è
mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne
curi?
Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,di gloria e di onore lo hai
coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,tutto hai posto sotto i
suoi
piedi” (Sal
8, 4-7).
Dinanzi alla sublime realtà della natura
umana, possiamo
sperimentare lo stesso stupore espresso dal salmista. Essa si manifesta
come
apertura al Mistero, come capacità di interrogarsi a fondo su se stessi
e
sull’origine dell’universo, come intima risonanza dell’Amore supremo di
Dio,
principio e fine di tutte le cose, di ogni persona e dei popoli. La
dignità
trascendente della persona è un valore essenziale della sapienza
giudaico-cristiana, ma, grazie alla ragione, può essere riconosciuta da
tutti.
Questa dignità, intesa come capacità di trascendere la propria
materialità e di
ricercare la verità, va riconosciuta come un bene
universale, indispensabile per la costruzione di
una
società orientata alla realizzazione e alla pienezza dell’uomo. Il
rispetto di
elementi essenziali della dignità dell’uomo, quali il diritto alla vita
e il
diritto alla libertà religiosa, è una condizione della legittimità
morale di
ogni norma sociale e giuridica.
Libertà religiosa e rispetto reciproco
3. La libertà religiosa è all’origine della
libertà
morale. In effetti, l’apertura alla verità
e al
bene, l’apertura a Dio, radicata nella natura umana, conferisce piena
dignità a
ciascun uomo ed è garante del pieno rispetto reciproco tra le persone.
Pertanto, la libertà religiosa va intesa non solo come immunità dalla
coercizione, ma prima ancora come capacità di ordinare le proprie
scelte
secondo la verità.
Esiste un legame inscindibile tra libertà e rispetto;
infatti,
“nell’esercitare i propri diritti i singoli esseri umani e i gruppi
sociali, in
virtù della legge morale, sono tenuti ad avere riguardo tanto ai
diritti
altrui, quanto ai propri doveri verso gli altri e verso il bene comune”.
Una libertà
nemica o indifferente verso Dio finisce col negare se stessa e non
garantisce il pieno
rispetto dell’altro. Una volontà che si crede radicalmente incapace di
ricercare la verità e il bene non ha ragioni oggettive né motivi per
agire, se
non quelli imposti dai suoi interessi momentanei e contingenti, non ha
una
“identità” da custodire e costruire attraverso scelte veramente libere
e
consapevoli. Non può dunque reclamare il rispetto da parte di altre
“volontà”,
anch’esse sganciate dal proprio essere più profondo, che quindi possono
far
valere altre “ragioni” o addirittura nessuna “ragione”. L’illusione di
trovare
nel relativismo morale la chiave per una pacifica convivenza, è in
realtà
l’origine della divisione e della negazione della dignità degli esseri
umani.
Si comprende quindi la necessità di riconoscere una duplice dimensione
nell’unità della persona umana: quella religiosa e quella sociale. Al riguardo, è inconcepibile che i credenti “debbano
sopprimere
una parte di se stessi - la loro fede - per essere cittadini attivi;
non dovrebbe
mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri
diritti”.
La famiglia, scuola di libertà e di pace
4. Se la libertà religiosa è via per la pace,
l’educazione religiosa
è strada privilegiata per abilitare le
nuove generazioni a
riconoscere nell’altro il proprio fratello e la propria sorella, con i
quali
camminare insieme e collaborare perché tutti si sentano membra vive di
una
stessa famiglia umana, dalla quale nessuno deve essere escluso.
La famiglia fondata sul matrimonio, espressione di
unione
intima e di complementarietà tra un uomo e una donna, si inserisce in
questo
contesto come la prima scuola di formazione e di crescita sociale,
culturale,
morale e spirituale dei figli, che dovrebbero sempre trovare nel padre
e nella
madre i primi testimoni di una vita orientata alla ricerca della verità
e
all’amore di Dio. Gli stessi genitori dovrebbero essere sempre liberi
di
trasmettere senza costrizioni e con responsabilità il proprio
patrimonio di
fede, di valori e di cultura ai figli. La famiglia, prima cellula della
società
umana, rimane l’ambito primario di formazione per relazioni armoniose a
tutti i
livelli di convivenza umana, nazionale e internazionale. Questa è la
strada da
percorrere sapientemente per la costruzione di un tessuto sociale
solido e
solidale, per preparare i giovani ad assumere le proprie responsabilità
nella
vita, in una società libera, in uno spirito di comprensione e di pace.
Un patrimonio comune
5. Si potrebbe dire che, tra
i diritti e le libertà fondamentali radicati nella dignità della
persona, la
libertà religiosa gode di uno statuto speciale.
Quando la libertà religiosa è riconosciuta, la dignità della persona
umana è
rispettata nella sua radice, e si rafforzano l’ethos e le istituzioni
dei popoli. Viceversa, quando la libertà
religiosa è negata, quando si tenta di impedire di professare la
propria religione
o la propria fede e di vivere conformemente ad esse, si offende la
dignità
umana e, insieme, si minacciano la giustizia e la pace, le quali si
fondano su
quel retto ordine sociale costruito alla luce del Sommo Vero e Sommo
Bene.
La libertà religiosa è, in questo senso, anche
un’acquisizione di civiltà politica e giuridica.
Essa è un bene essenziale: ogni persona deve poter esercitare
liberamente il
diritto di professare e di manifestare, individualmente o
comunitariamente, la
propria religione o la propria fede, sia in pubblico che in privato,
nell’insegnamento, nelle pratiche, nelle pubblicazioni, nel culto e
nell’osservanza dei riti. Non dovrebbe incontrare ostacoli se volesse,
eventualmente, aderire ad un’altra religione o non professarne alcuna.
In
questo ambito, l’ordinamento internazionale risulta emblematico ed è un
riferimento essenziale per gli Stati, in quanto non consente alcuna
deroga alla
libertà religiosa, salvo la legittima esigenza dell’ordine pubblico
informato a
giustizia. L’ordinamento
internazionale riconosce così ai diritti di natura religiosa lo stesso status del diritto alla
vita e alla
libertà personale, a riprova della loro appartenenza al nucleo essenziale dei
diritti
dell’uomo, a quei diritti universali e naturali che la legge umana non
può mai
negare.
La libertà religiosa non è patrimonio
esclusivo dei
credenti, ma dell’intera famiglia dei popoli della terra. È elemento imprescindibile di uno Stato di diritto;
non la si può
negare senza intaccare nel contempo tutti i diritti e le libertà
fondamentali,
essendone sintesi e vertice. Essa è “la cartina di tornasole per
verificare il
rispetto di tutti gli altri diritti umani”. Mentre favorisce l’esercizio delle facoltà più
specificamente
umane, crea le premesse necessarie per la realizzazione di uno sviluppo integrale, che riguarda unitariamente la totalità della persona
in ogni sua
dimensione.
La dimensione pubblica della religione
6. La libertà
religiosa, come
ogni libertà, pur muovendo dalla sfera personale, si realizza nella
relazione
con gli altri. Una libertà
senza relazione non è libertà compiuta.
Anche la
libertà religiosa non si esaurisce nella sola dimensione individuale,
ma si
attua nella propria comunità e nella società, coerentemente con
l’essere
relazionale della persona e con la natura pubblica della religione.
La relazionalità è una componente decisiva della libertà religiosa,
che spinge le
comunità dei credenti a praticare la solidarietà per il bene comune. In
questa
dimensione comunitaria ciascuna persona resta unica e irripetibile e,
al tempo
stesso, si completa e si realizza pienamente.
E’ innegabile il contributo che le comunità religiose
apportano
alla società. Sono numerose le istituzioni caritative e culturali che
attestano
il ruolo costruttivo dei credenti per la vita sociale. Più importante
ancora è
il contributo etico della religione nell’ambito politico. Esso non
dovrebbe
essere marginalizzato o vietato, ma compreso come valido apporto alla
promozione del bene comune. In questa prospettiva bisogna menzionare la
dimensione religiosa della cultura, tessuta attraverso i secoli grazie
ai
contributi sociali e soprattutto etici della religione. Tale dimensione
non
costituisce in nessun modo una discriminazione di coloro che non ne
condividono
la credenza, ma rafforza, piuttosto, la coesione sociale,
l’integrazione e la
solidarietà.
Libertà religiosa, forza di libertà e di civiltà:
i pericoli della sua strumentalizzazione
7. La
strumentalizzazione
della libertà religiosa per mascherare interessi occulti, come ad
esempio il
sovvertimento dell’ordine costituito, l’accaparramento di risorse o il
mantenimento del potere da parte di un gruppo, può provocare danni
ingentissimi
alle società. Il fanatismo, il
fondamentalismo, le
pratiche contrarie alla dignità umana, non possono essere mai
giustificati e lo
possono essere ancora di meno se compiuti in nome della religione. La
professione di una religione non può essere strumentalizzata, né
imposta con la
forza. Bisogna, allora, che gli Stati e le varie comunità umane non
dimentichino mai che la libertà religiosa
è
condizione per la ricerca della verità e la verità non si impone con la
violenza ma con “la forza della verità stessa”.In questo senso, la religione è una forza positiva e
propulsiva per la costruzione della
società civile e
politica.
Come negare il contributo delle grandi religioni del
mondo allo
sviluppo della civiltà? La sincera ricerca di Dio ha portato ad un
maggiore
rispetto della dignità dell’uomo. Le comunità cristiane, con il loro
patrimonio
di valori e principi, hanno fortemente contribuito alla presa di
coscienza
delle persone e dei popoli circa la propria identità e dignità, nonché
alla
conquista di istituzioni democratiche e all’affermazione dei diritti
dell’uomo
e dei suoi corrispettivi doveri.
Anche oggi i cristiani, in una società sempre
più
globalizzata, sono chiamati, non solo con un responsabile impegno
civile, economico
e politico, ma anche con la testimonianza della propria carità e fede,
ad
offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per la
giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento
delle
realtà umane. L’esclusione della religione dalla vita pubblica sottrae
a questa
uno spazio vitale che apre alla trascendenza. Senza quest’esperienza
primaria
risulta arduo orientare le società verso principi etici universali e
diventa
difficile stabilire ordinamenti nazionali e internazionali in cui i
diritti e
le libertà fondamentali possano essere pienamente riconosciuti e
realizzati,
come si propongono gli obiettivi - purtroppo ancora disattesi o
contraddetti -
della Dichiarazione Universale dei
diritti dell’uomo
del 1948.
Una questione di giustizia e di civiltà:
il fondamentalismo e l’ostilità contro i credenti pregiudicano
la laicità positiva degli Stati
8. La stessa determinazione con la quale sono
condannate tutte
le forme di fanatismo e di fondamentalismo religioso, deve animare
anche
l’opposizione a tutte le forme di ostilità contro la religione, che
limitano il
ruolo pubblico dei credenti nella vita civile e politica.
Non si può dimenticare che il
fondamentalismo religioso e il laicismo sono forme speculari ed estreme
di rifiuto
del legittimo pluralismo e del principio di laicità. Entrambe, infatti, assolutizzano una visione riduttiva
e parziale
della persona umana, favorendo, nel primo caso, forme di integralismo
religioso
e, nel secondo, di razionalismo. La
società che
vuole imporre o, al contrario, negare la religione con la violenza, è
ingiusta
nei confronti della persona e di Dio, ma anche di se stessa. Dio chiama
a sé
l’umanità con un disegno di amore che, mentre coinvolge tutta la
persona nella
sua dimensione naturale e spirituale, richiede di corrispondervi in
termini di
libertà e di responsabilità, con tutto il cuore e con tutto il proprio
essere,
individuale e comunitario. Anche la
società, dunque,
in quanto espressione della persona e dell’insieme delle sue dimensioni
costitutive, deve vivere ed organizzarsi in modo da favorirne
l’apertura alla
trascendenza. Proprio per questo, le leggi e le istituzioni di una
società non
possono essere configurate ignorando la dimensione religiosa dei
cittadini o in
modo da prescinderne del tutto. Esse devono commisurarsi - attraverso
l’opera
democratica di cittadini coscienti della propria alta vocazione -
all’essere
della persona, per poterlo assecondare nella sua dimensione religiosa.
Non
essendo questa una creazione dello Stato, non può esserne manipolata,
dovendo
piuttosto riceverne riconoscimento e rispetto.
L’ordinamento giuridico a tutti i livelli,
nazionale e
internazionale, quando consente o tollera il fanatismo religioso o
antireligioso, viene meno alla sua stessa missione, che consiste nel
tutelare e
nel promuovere la giustizia e il diritto di ciascuno. Tali realtà non
possono
essere poste in balia dell’arbitrio del legislatore o della
maggioranza,
perché, come insegnava già Cicerone, la giustizia consiste in qualcosa
di più
di un mero atto produttivo della legge e della sua applicazione. Essa
implica
il riconoscere a ciascuno la sua dignità, la quale,
senza libertà religiosa, garantita e vissuta nella sua
essenza, risulta mutilata e offesa, esposta al rischio di cadere nel
predominio
degli idoli, di beni relativi trasformati in assoluti. Tutto ciò espone
la
società al rischio di totalitarismi politici e ideologici, che
enfatizzano il
potere pubblico, mentre sono mortificate o coartate, quasi fossero
concorrenziali, le libertà di coscienza, di pensiero e di religione.
Dialogo tra istituzioni civili e religiose
9. Il patrimonio di principi e di valori
espressi da una
religiosità autentica è una ricchezza per i popoli e i loro ethos. Esso parla
direttamente alla
coscienza e alla ragione degli uomini e delle donne, rammenta
l’imperativo
della conversione morale, motiva a coltivare la pratica delle virtù e
ad
avvicinarsi l’un l’altro con amore, nel segno della fraternità, come
membri
della grande famiglia umana.
Nel rispetto della laicità positiva delle
istituzioni
statali, la dimensione pubblica della religione deve essere sempre
riconosciuta. A tal fine è fondamentale un
sano
dialogo tra le istituzioni civili e quelle religiose
per lo sviluppo integrale della persona umana e dell'armonia della
società.
Vivere nell’amore e nella verità
10. Nel mondo globalizzato, caratterizzato da società
sempre
più multi-etniche e multi-confessionali, le grandi religioni possono
costituire
un importante fattore di unità e di pace per la famiglia umana. Sulla
base
delle proprie convinzioni religiose e della ricerca razionale del bene
comune,
i loro seguaci sono chiamati a vivere con responsabilità il proprio
impegno in
un contesto di libertà religiosa. Nelle svariate culture religiose,
mentre
dev’essere rigettato tutto quello che è contro la dignità dell’uomo e
della
donna, occorre invece fare tesoro di ciò che risulta positivo per la
convivenza
civile.
Lo spazio pubblico, che la comunità
internazionale rende
disponibile per le religioni e per la loro proposta di “vita buona”,
favorisce
l’emergere di una misura condivisibile di verità e di bene, come anche
un
consenso morale, fondamentali per una convivenza giusta e pacifica. I leader delle grandi
religioni, per il
loro ruolo, la loro influenza e la loro autorità nelle proprie
comunità, sono i
primi ad essere chiamati al rispetto reciproco e al dialogo.
I cristiani, da parte loro, sono sollecitati
dalla
stessa fede in Dio, Padre del Signore Gesù Cristo, a vivere come
fratelli che
si incontrano nella Chiesa e collaborano all’edificazione di un mondo dove le persone e i popoli “non agiranno più
iniquamente né
saccheggeranno […], perché la conoscenza del Signore riempirà la
terracome le
acque ricoprono il mare” (Is 11, 9).
Dialogo come ricerca in comune
11. Per la Chiesa il dialogo tra i seguaci di diverse
religioni
costituisce uno strumento importante per collaborare con tutte le
comunità religiose
al bene comune. La Chiesa stessa nulla rigetta di quanto è vero e santo
nelle
varie religioni. “Essa considera con sincero rispetto quei modi di
agire e di
vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti
differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non
raramente
riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini”.
Quella indicata non è la strada del
relativismo, o del
sincretismo religioso. La Chiesa, infatti,
“annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è «via, verità e
vita» (Gv
14,6), in cui gli uomini devono
trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato
con se
stesso tutte le cose”.
Ciò non esclude tuttavia il dialogo e la ricerca comune della verità in
diversi
ambiti vitali, poiché, come recita un’espressione usata spesso da san
Tommaso
d’Aquino, “ogni verità, da chiunque sia detta, proviene dallo Spirito
Santo”.
Nel 2011 ricorre il 25° anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la pace, convocata ad Assisi
nel 1986 dal Venerabile Giovanni Paolo II. In quell’occasione i leader delle grandi
religioni del
mondo hanno testimoniato come la religione sia un fattore di unione e
di pace,
e non di divisione e di conflitto. Il ricordo di quell’esperienza è un
motivo
di speranza per un futuro in cui tutti i credenti si sentano e si
rendano
autenticamente operatori di giustizia e di pace.
Verità morale nella politica e nella diplomazia
12. La politica e la diplomazia dovrebbero
guardare al
patrimonio morale e spirituale offerto dalle grandi religioni del mondo
per
riconoscere e affermare verità, principi e valori universali che non
possono
essere negati senza negare con essi la dignità della persona umana. Ma
che cosa
significa, in termini pratici, promuovere la verità morale nel mondo
della
politica e della diplomazia? Vuol dire agire in maniera responsabile
sulla base
della conoscenza oggettiva e integrale dei fatti; vuol dire
destrutturare
ideologie politiche che finiscono per soppiantare la verità e la
dignità umana
e intendono promuovere pseudo-valori con il pretesto della pace, dello
sviluppo
e dei diritti umani; vuol dire favorire un impegno costante per fondare
la legge
positiva sui principi della legge naturale.
Tutto ciò è necessario e coerente con il rispetto della dignità e del
valore
della persona umana, sancito dai Popoli della terra nella Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite del 1945, che presenta valori e principi morali
universali di
riferimento per le norme, le istituzioni, i sistemi di convivenza a
livello
nazionale e internazionale.
Oltre l’odio e il pregiudizio
13. Nonostante gli insegnamenti della storia e
l’impegno degli
Stati, delle Organizzazioni internazionali a livello mondiale e locale,
delle
Organizzazioni non governative e di tutti gli uomini e le donne di
buona
volontà che ogni giorno si spendono per la tutela dei diritti e delle
libertà
fondamentali, nel mondo ancora oggi si registrano persecuzioni,
discriminazioni, atti di violenza e di intolleranza basati sulla
religione. In
particolare, in Asia e in Africa le principali vittime sono i membri
delle
minoranze religiose, ai quali viene impedito di professare liberamente
la
propria religione o di cambiarla, attraverso l’intimidazione e la
violazione
dei diritti, delle libertà fondamentali e dei beni essenziali,
giungendo fino
alla privazione della libertà personale o della stessa vita.
Vi sono poi - come ho già affermato - forme più
sofisticate di
ostilità contro la religione, che nei Paesi occidentali si esprimono
talvolta
col rinnegamento della storia e dei simboli religiosi nei quali si
rispecchiano
l’identità e la cultura della maggioranza dei cittadini. Esse fomentano
spesso
l’odio e il pregiudizio e non sono coerenti con una visione serena ed
equilibrata del pluralismo e della laicità delle istituzioni, senza
contare che
le nuove generazioni rischiano di non entrare in contatto con il
prezioso
patrimonio spirituale dei loro Paesi.
La difesa della religione passa attraverso la
difesa dei
diritti e delle libertà delle comunità religiose. I leader delle grandi
religioni del mondo e i responsabili delle Nazioni
rinnovino, allora, l’impegno per la promozione e la tutela della
libertà
religiosa, in particolare per la difesa delle minoranze religiose, le
quali non
costituiscono una minaccia contro l’identità della maggioranza, ma sono
al
contrario un’opportunità per il dialogo e per il reciproco
arricchimento
culturale. La loro difesa rappresenta la maniera ideale per consolidare
lo
spirito di benevolenza, di apertura e di reciprocità con cui tutelare i
diritti
e le libertà fondamentali in tutte le aree e le regioni del mondo.
Libertà religiosa nel mondo
14. Mi rivolgo, infine, alle comunità
cristiane che
soffrono persecuzioni, discriminazioni, atti di violenza e
intolleranza, in particolare
in Asia, in Africa, nel Medio Oriente e specialmente nella Terra Santa,
luogo
prescelto e benedetto da Dio. Mentre rinnovo ad esse il mio affetto
paterno e
assicuro la mia preghiera, chiedo a tutti i responsabili di agire
prontamente
per porre fine ad ogni sopruso contro i cristiani, che abitano in
quelle
regioni. Possano i discepoli di Cristo, dinanzi alle presenti
avversità, non
perdersi d’animo, perché la testimonianza
del
Vangelo è e sarà sempre segno di contraddizione.
Meditiamo nel nostro cuore le parole del
Signore Gesù:
“Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati […]. Beati
quelli
che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati [...].
Beati voi
quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni
sorta di
male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché
grande è la
vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5,4-12). Rinnoviamo allora “l’impegno da noi assunto
all’indulgenza e al perdono, che invochiamo nel
Pater noster da Dio, per aver noi stessi
posta la
condizione e la misura della desiderata misericordia. Infatti,
preghiamo così:
«Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12)”.
La violenza non si supera con la violenza. Il nostro grido di dolore
sia sempre
accompagnato dalla fede, dalla speranza e dalla testimonianza
dell’amore di
Dio. Esprimo anche il mio auspicio affinché in Occidente, specie in
Europa,
cessino l’ostilità e i pregiudizi contro i cristiani per il fatto che
essi
intendono orientare la propria vita in modo coerente ai valori e ai
principi
espressi nel Vangelo. L’Europa, piuttosto, sappia riconciliarsi con le
proprie
radici cristiane, che sono fondamentali per comprendere il ruolo che ha
avuto,
che ha e che intende avere nella storia; saprà, così, sperimentare
giustizia,
concordia e pace, coltivando un sincero dialogo con tutti i popoli.
Libertà religiosa, via per la pace
15. Il mondo ha bisogno di Dio. Ha bisogno di valori
etici e
spirituali, universali e condivisi, e la religione può offrire un
contributo
prezioso nella loro ricerca, per la costruzione di un ordine sociale
giusto e
pacifico, a livello nazionale e internazionale.
La pace è un dono di Dio e al tempo stesso un
progetto
da realizzare, mai totalmente compiuto.
Una società
riconciliata con Dio è più vicina alla pace, che non è semplice assenza
di
guerra, non è mero frutto del predominio militare o economico, né
tantomeno di
astuzie ingannatrici o di abili manipolazioni. La pace invece è
risultato di un
processo di purificazione ed elevazione culturale, morale e spirituale
di ogni
persona e popolo, nel quale la dignità umana è pienamente rispettata.
Invito
tutti coloro che desiderano farsi operatori di pace, e soprattutto i
giovani, a
mettersi in ascolto della propria voce interiore, per trovare in Dio il
riferimento stabile per la conquista di un’autentica libertà, la forza
inesauribile per orientare il mondo con uno spirito nuovo, capace di
non
ripetere gli errori del passato. Come insegna il Servo di Dio Paolo VI,
alla cui saggezza e lungimiranza si deve l’istituzione della Giornata
Mondiale
della Pace: “Occorre innanzi tutto dare alla Pace altre armi, che non
quelle
destinate ad uccidere e a sterminare l'umanità. Occorrono sopra tutto
le armi
morali, che danno forza e prestigio al diritto internazionale; quelle,
per
prime, dell’osservanza dei patti”.
La libertà religiosa è un’autentica arma della pace, con una missione storica e profetica. Essa infatti
valorizza e
mette a frutto le più profonde qualità e potenzialità della persona
umana,
capaci di cambiare e rendere migliore il mondo. Essa consente di
nutrire la
speranza verso un futuro di giustizia e di pace, anche dinanzi alle
gravi
ingiustizie e alle miserie materiali e morali. Che tutti gli uomini e
le
società ad ogni livello ed in ogni angolo della Terra possano presto
sperimentare la libertà religiosa, via
per la pace!
Dal Vaticano, 8 dicembre 2010
BENEDICTUS
PP XVI