Borse di studio e contratti. Ecco i punti contestati
Data: Venerdì, 31 dicembre 2010 ore 08:44:24 CET Argomento: Rassegna stampa
E dunque la
riforma Gelmini va. Infatti il Capo dello Stato non ha «ravvisato nel
testo motivi evidenti e gravi per chiedere una nuova deliberazione alle
Camere». Tuttavia i tecnici del Quirinale hanno fatto una attentissima
lettura di questa legge - il cui testo occupa 37 pagine della Gazzetta
Ufficiale e si snoda in 29 articoli - e hanno rilevato quattro elementi
di criticità sui quali il Presidente Napolitano chiede al Governo di
intervenire nel momento in cui la legge verrà declinata nella massa
(circa una cinquantina) dei decreti attuativi, attesi da qui a giugno
prossimo.
Venendo al dettaglio, il Capo dello Stato evidenzia delle criticità
negli articoli 4, 23 e 26 della legge, ma ricorda anche una svista
della quale il governo aveva già preso atto ma che, tuttavia, permane
nel testo all’articolo 6.
Cominciamo da quest’ultimo punto. L’articolo 6 si riferisce allo stato
giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo. Il comma 5
introduce una modifica a una norma citata nella riforma Moratti del
2004, ma poi abrogata. Si parla, dunque, di qualcosa che non esiste più
nella legislazione italiana. La cosa fu fatta notare al governo e il
ministro Gelmini si impegnò, il 21 dicembre scorso in Senato, a
rimuovere il contestato comma. Il Capo dello Stato si limita a
ricordare questo impegno.
Più di merito le altre questioni. «Per quanto concerne l’art. 4
relativo alla concessione di borse di studio agli studenti - dice il
Quirinale - appare non pienamente coerente con il criterio del merito
nella parte in cui prevede una riserva basata anche sul criterio
dell’appartenenza territoriale». In effetti il testo, al punto 3 comma
O, riporta una norma di evocazione leghista, secondo cui almeno il 10%
delle borse di studio debbano essere riservate agli studenti della
Regione, e questo - rileva il Presidente - stride con un principio di
meritocrazia.
«Inoltre - dice sempre il Quirinale - l’art. 23, nel disciplinare i
contratti per attività di insegnamento, appare di dubbia ragionevolezza
nella parte in cui aggiunge una limitazione oggettiva riferita al
reddito». La norma, infatti, dice che i professori a contratto debbano
avere, oltre ai titoli scientifici, anche un reddito non inferiore a 40
mila euro: un dato ritenuto dal Quirinale incongruo rispetto alla
funzione didattica.
Infine Napolitano fa riferimento all’articolo 26, che riguarda i
lettori stranieri di lingue, e osserva che il testo non tiene conto di
alcune indicazioni della Corte costituzionale: in sostanza va riscritto.
Il Presidente della Repubblica conclude la sua lettera, facendo
osservare al governo che ci sono una serie di ordini del giorno dei
quali occorre tenere conto. In particolare ne cita due, uno firmato dal
senatore Antonio Rusconi del Pd, che impegna le università, nel momento
in cui fanno un contratto a un ricercatore (3 anni più 3 più 2) ad
accantonare fin dall’inizio le risorse necessarie, affinché non si dia
il caso che un contratto non venga onorato solo perché i soldi sono
finiti.
L’altro, firmato dal senatore del Fli Giuseppe Valditara, è quasi un
progetto di legge, tant’è che consta di 16 articoli e tocca materie
rilevanti come l’eliminazione del blocco del turn over per gli atenei
virtuosi, l’abolizione del 3+2 per quelle facoltà che ne facciano
richiesta, l’istituzione di un fondo per le eccellenze, eccetera.
Il ministro Mariastella Gelmini ha accolto con il rispetto del caso le
indicazioni del Quirinale: «La promulgazione - ha sottolineato - è un
fatto positivo. Insieme al governo e al presidente Berlusconi
certamente terremo conto delle osservazioni del Colle».
Quanto agli studenti protagonisti della grande protesta e ricevuti al
Quirinale, hanno preso bene la lettera ma non demordono: «Il fatto che
il presidente abbia promulgato il ddl non ci stupisce - afferma Luca
Cafagna, di Uniriot Roma - perché nonostante sia stato l’unica figura
istituzionale ad aver cercato di relazionarsi con il movimento
studentesco, c’è una scelta generale di non farsi carico della proposta
e dell’iniziativa politica degli studenti». Per questo, aggiunge Elena
Monticelli, di Link-Coordinamento universitario, «riteniamo che la
mobilitazione debba continuare». (da La Stampa Raffaello Masci)
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