La scuola dei machiavelli: breve storia della istruzione italiana
Data: Mercoledì, 29 dicembre 2010 ore 07:11:51 CET
Argomento: Redazione


Scriveva l’anonimo del manoscritto manzoniano: “L'Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl'anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia”. Diceva Cicerone: “La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita”. Da studente (negli anni 60) vivevo come una frustrazione che il corso di storia si fermasse all’inizio del XX secolo. Da professore ho evitato di cadere nella patologia dei programmi e mi sono dedicato di più al presente mentre cercavo di spiegare il passato. Ho sfogliato così il registro della scuola italiana di questa prima deca del XXI secolo.
1. Il ministero per la conoscenza è oscillato negli ultimi 10 anni, come un’altalena o un pendolo, tra la sigla “storica” di tre lettere a quella “epocale” di quattro. Da MPI: Ministero della Pubblica Istruzione, a MIUR: Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Cioè dai ministri  di centrosinistra Luigi Berlinguer e De Mauro alla centrodestra Moratti per poi inerzialmente tornare in mano al MPI di Fioroni e Mussi e oggi alla MIUR Gelmini. La differenza “politica” sta in una parola, in un aggettivo che entra ed esce dal Palazzo di viale Trastevere, 76 a Roma. “Pubblica”: un piccolo colore, una sfumatura, una qualità, del sostantivo Istruzione. Dal 1970 ho insegnato in un lunghissimo precariato fino agli anni 90 sia nelle scuole private (dei Salesiani e dei Fratelli delle scuole cristiane) sia in quelle pubbliche.  Ho sempre saputo che in Italia  l’insegnamento è “pubblico”, fatto cioè secondo le leggi e i programmi statali. Quello che differenzia tra di loro le scuole private – confessionali e non - sono i soldi. I privati gestiscono ( o dovrebbero gestire) le loro scuole con  “soldi privati”, senza onere per lo Stato, nel rispetto dell’Art. 33 c. 3 della Costituzione Repubblicana. La “Res-publica” appunto è un tipo di Stato differente da altre forme per quel piccolo-grande aggettivo “pubblica” che si radica sull’etimo di “populus”. Conservo dal 14 maggio del 1997, un ritaglio da  La Sicilia (pag.15). E’ la lettera di don Salvatore Resca, ordinario di Filosofia e Storia, un prete a difesa della scuola pubblica e del pluralismo. “Nella scuola pubblica che spesso cade a pezzi, dove i muri scrostati non vengono manutenzionati da anni, dove mancano le maniglie alle porte, dove non ci sono vetri alle finestre, ma pezzi di cartone tenuti precariamente insieme dallo scotch, ci sono tutte le possibilità per educare al pluralismo, alla democrazia, alla ricerca, alla socialità, a tutto ciò che serve alla educazione dei giovani”. Così scriveva don Resca che è stato mio insegnante negli anni immediatamente prima del ‘68 in un collegio salesiano. Lì ho letto don Milani, don Primo Mazzolari e soprattutto i documenti del Concilio Vaticano II.
2. Niccolò Machiavelli ebbe un triste destino, un contrappasso a causa dei colpi  imprevisti della…Fortuna. Studiò per tanti anni la prima deca di Tito Livio e ne ricavò “Discorsi” per la costituzione di una repubblica  (che divenne una sua opera postuma, in tre libri) ed invece conosciuto a scuola e nel mondo per un trattatello scritto di getto nel 1513 mentre si a trovava a San Casciano, esule segretario della sua Repubblica fiorentina. Il De Principatibus, erroneamente tradotto “Il Principe”, quando invece, abbandonando l’indagine sulla Res-pubblica, esaminava i tipi di stato possibile indagando poi sul Principato, la malattia storico-politica del 500 italiano. Su di lui abbiamo coniato un aggettivo politicaly scorretto: machiavellico. Gli hanno persino attribuito uno slogan che non ha mai scritto: “Il fine giustifica i mezzi”. In verità le ultime riforme per il pianeta della conoscenza  italiana nell’ultima deca, sembra firmate dall’autore del Principe.
·         Con la Legge 10 dicembre 1997, n. 425 viene riformato l'esame di maturità e  avviata con l'anno scolastico 1998/1999, esattamente dopo 30 anni di sperimentazione che prevedeva due discipline scritte e due sole materie orali.
·         Nel 2001 è nominata al MIUR Letizia Moratti, che - nel 2003 - presenta una proposta di radicale riforma del sistema scolastico, suscitando consensi e dissensi accesi su fronti opposti
·         Nel 2006 il governo di Romano Prodi blocca l'attuazione dei provvedimenti riguardanti il secondo ciclo di studi della Legge. Il ministro Fioroni reintroduce i rimandi estivi al posto dei debiti formativi. I rimandi estivi, introdotti per la prima volta nel 1923 con la riforma Gentile erano stati aboliti nel 1995 dal Ministro Francesco D'Onofrio del governo Berlusconi I.
·         Nelle misure della finanziaria 2007 viene riportato l'obbligo scolastico a 16 anni, mentre, in precedenza, era solo un "diritto all'istruzione fino a 16 anni".
·         Il 29 ottobre 2008 il Parlamento converte in legge il decreto proposto dalla Ministra Gelmini. Si reintroduce il maestro unico nella scuola elementare sostenendo come un ritornello che la funzione della scuola non è quella di essere un ammortizzatore sociale e che l'errore (economico?) durava dal 1990 con l’introduzione del modulo per ragioni soprattutto sindacali.
·         Nell’estate 2010 la manovra finanziaria di Tremonti opera tagli al personale della scuola, impone autonomamente il blocco del contratto e degli scatti di anzianità per un triennio per tutto il pubblico impiego.
·         Settembre 2010: inizia la riforma epocale gelminiana della scuola superiore.
·         Il 23/12/2010: il Parlamento approva la riforma gelminiana antibaronale dell’università.
3. Ieri il Sole24Ore ha intitolato: “Sacconi: L'accordo di Mirafiori può fare scuola”. Modestamente invece posso dire che è stato il mondo della scuola e del pubblico impiego a fare scuola. Per primo ha dovuto subire, nella quasi indifferenza della società civile, il peso della finanziaria 2010. Così ai 7 vizi capitali di sempre si è aggiunto ormai l’ottavo: l’egoismo indifferente della prima deca di questo terzo millennio. Bertold Brecht ha scritto versi profetici:
“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari/ e fui contento, perché rubacchiavano./ Poi vennero a prendere gli ebrei/ e stetti zitto, perché mi stavano antipatici./ Poi vennero a prendere gli omosessuali,/ e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi./ Poi vennero a prendere i comunisti,/ ed io non dissi niente, perché non ero comunista./ Un giorno vennero a prendere me,/ e non c'era rimasto nessuno a protestare …”

 Giovanni Sicali
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