La scuola non e' un costo, semmai un investimento
Data: Lunedì, 13 dicembre 2010 ore 20:03:49 CET
Argomento: Opinioni


Osservo però che:
1. le sue osservazioni si basano solo su dati quantificabili (numero di iscritti, anni di iscrizione), senza valutazione qualitativa dei problemi (ad es. la senescenza degli istituti negli anni);
2. considerando solo dati numerabili, lei rischia di non vedere più l’umanità che c’è dietro quei numeri; non si tratta solo di rifiutare redistribuzioni sul territorio, quasi fossimo armenti o colli postali, da una sede a un’altra: egregio presidente, qui sono in gioco dei percorsi educativi!
Lei potrà insegnarmi tante cose della politica, e perciò voglia ascoltare la voce di uno studioso che da anni educa, insegna e lavora nella scuola statale. Questa scuola è stata messa in crisi già dalla c.d. autonomia scolastica, che ha nei fatti provocato un clima parapsicotico e aziendalistico in cui gli istituti si sentono – e sono – soli e anzi in concorrenza l’un contro l’altro (pensi ai problemi sorti tra il liceo Amari e l’istituto Sabin, a Giarre!), pronti e anzi incoraggiati a farsi la guerra per qualche alunno in più. È da tale ottica che lei deve interpretare i fenomeni che tanto la sorprendono: come ad esempio il successo di corsi in cui l’insegnamento di discipline sportive abbia più ore ecc. Pertanto non dovrebbero stupirla neanche le eventuali fluttuazioni, al di là del calo demografico, della popolazione scolastica. Si tratta del concreto effetto di quella tanto decantata ‘legge del mercato’ che pare abbia preso il posto della manzoniana Provvidenza, che tutto intende e tutto giustifica. Le scuole non si spostano liberamente, ma gli studenti sì! E per quanto assimilabili a ‘merce in transito’, egregio presidente, almeno nei quadri d’assieme (cioè: numeri) su cui lei svolge le sue considerazioni, essi hanno ancora il diritto – in quanto persone, e soprattutto in quanto giovani – di perseguire i propri sogni, tanto più in un’epoca così avida, arida e vile. Lei non potrà mai imbrigliare il flusso della popolazione scolastica: prevederne i picchi e le variazioni, le scelte e perché no anche le mode. E men che meno orientarle.
Lasci perdere quanto le dicono i suoi collaboratori e quanti chiacchierano sulla scuola pubblica senza averci mai rimesso un piede dal giorno dell’esame di maturità. Venga lei stesso a verificare in quali condizioni noi lavoriamo ogni giorno: in aule, non che sicure, ma neppure minimamente a norma (un solo dato: il numero di m2 di spazio libero a disposizione di ogni alunno, per legge, dovrebbe essere di 1,96! Roba da far chiudere subito le scuole di mezza Italia...).
Oppure, se non lo potrà per ragioni di servizio, voglia fidarsi di chi nella scuola lavora ogni giorno. Lo chieda a noi docenti, ai dirigenti, di quante e quali aule abbiamo bisogno per educare serenamente gli elettori di domani. Lei è giovane, egregio presidente, e desidera vincere ancora molte competizioni elettorali, suppongo...
Non desideriamo strapparle più aule di quante ci servono.
Vorremmo solo far bene il nostro dovere!
Con spirito di servizio,
Giarre, 13 dicembre 2010
prof. Dario Consoli







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