Attualità e rivalutazione del pensiero di Machiavelli.
Data: Lunedì, 13 dicembre 2010 ore 07:22:12 CET Argomento: Redazione
Niccolò Machiavelli, una delle
intelligenze più vivide di quel grande secolo che fu il Rinascimento
italiano, bistrattato per tanto tempo da coloro i quali si
dedicarono solo ad una lettura superficiale e non priva di pregiudizi
delle sue opere, finalmente dalla critica letteraria
contemporanea viene gradualmente rivalutato secondo l’effettiva
grandezza che egli incarnò come scrittore e come fondatore della
scienza politica moderna.
Nella sua opera più famosa – De Principatus- ( Il Principe) si
riscontra forse la più realistica analisi della politica, della sua
natura, del suo rapporto con la morale.
Il Principe, per Machiavelli, prendendo spunto dalla sua osservazione
diretta di quella che fu uno dei primi Stati moderni che si
costituirono in Europa, la monarchia francese, deve sempre ricordarsi
che l’utile coincide col bene del paese, che la sua azione si svolge
nel presente e nella realtà e non nel mondo ideale, e che per questo
deve saper essere anche risoluto e spezzare vincoli che si rivelano
dannosi.E tuttavia aggiunge che per far si che i suoi sudditi non lo
giudichino male il suo operato deve evitare di rendersi odioso e
di disprezzabile con la sua condotta.
Il grande pregio della sua opera, degna di una rilettura priva di
pregiudizi specie da parte di chi riveste incarichi di responsabilità,
è soprattutto quello di evidenziare senza ipocrisia la categoria
dell’utile; è utile ciò che vale per il bene di tutti e se è
necessario, in virtù di questo, meglio una sola testa che ragioni e che
diriga che cento che non ragionano. A differenza dell’interpretazione,
ormai datata che ne dava B. Croce, secondo cui il Machiavelli
contrapponeva l’utilità al senso morale.. in realtà la sua filosofia
nasceva dalla lucida consapevolezza del dramma italiano, con uno
spirito che si può considerare risorgimentale ante litteram e quindi
sbagliano, e di grosso, coloro che contrappongono il suo pensiero alla
modernità ed alla “ragione” che anzi veniva esaltata nelle sue opere.
Persino la famosa affermazione secondo cui “il fine giustifica i mezzi”
spesso viene intesa in modo errato, banale, dimostrando di conoscere
poco sia la storia che il pensiero letterario. Essa infatti non è
affermazione di opportunismo ma esattamente l’opposto: il trionfo del
realismo politico dinanzi alle ipocrisie ed alla falsa demagogia.
Il fine per Machiavelli era sempre rivolto alla
realizzazione di quel modello che gli uomini del passato
rappresentavano per lui. Con molto senso pratico egli avvertiva i
limiti del signore che gli era capitato in sorte di servire, Cesare
Borgia, il Valentino, e cercava di limitarne i danni attraverso i
suoi consigli; non merita, come purtroppo ancora qualcuno pensa,
di essere definito un opportunista; anzi, proprio il contrario, in
quanto mette guardia il principe , ammonendolo di stare alla
larga dagli adulatori che lo cercano solo per ottenere da lui solo
comode poltrone tranne poi a denigrarlo nel peggior modo possibile
appena voltate le spalle.
Il fine che giustifica i mezzi è sempre per Machiavelli il
conseguimento di quell’unità nazionale ( altro che contrapposizione
all’illuminismo!) e di quel regno “saggio” che vedeva attraverso
l’esempio degli uomini dell’antichità; e a tal proposito è rivelante
quanto scrive all’amico Francesco Vettori: “Venuta la sera mi ritorno a
casa ed entro nel mio scrittoio e in sull’uscio mi spoglio di quella
veste contadina di fango e di loto e mi metto nei panni reali e curiali
e rivestito con decentemente entro nelle antiche corti degli
antichi uomini dove da loro ricevuto amorevolmente mi pasco di quel
cibo che è mio e che io nacqui per loro(…) tutto in loro mi
trasferisco”
Tecla
Squillaci
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