Elezioni per il Preside
Data: Domenica, 12 dicembre 2010 ore 22:19:33 CET Argomento: Rassegna stampa
Moltissimi
Comuni sono amministrati da sindaci senza titolo accademico e alcuni
deputati non hanno saputo rispondere a semplici domande di cultura
generale: eppure i primi gestiscono milioni di euro, assieme a migliaia
di abitanti e strutture collegate, e i secondi fanno le leggi, mentre
entrambi sono cariche elettive e a termine. Anche il Rettore e i
presidi nelle Università vengono eletti e la loro mole di
responsabilità è rilevante se si considera il flusso di denaro, di
circolari, leggi, norme, didattica e valutazione che ogni giorno devono
applicare. A scuola invece la dirigenza si conquista col concorso,
nonostante la popolazione media sia di 500 alunni con qualche centinaio
di insegnanti, mentre il flusso di denaro è pressoché irrilevante, se
rapportato a un municipio di media grandezza. Ma non solo.
L'ultimo concorso a preside fu bandito nel 2004 e il prossimo, per
2.800 posti, è stato promesso da Gelmini entro quest'anno e che però,
secondo fonti attendibili, non potrà concretizzarsi prima della
prossima estate/autunno, mentre si calcola la partecipazione di oltre
100mila insegnanti. Nel frattempo sono molte le scuole affidate a
reggenti, altre a incaricati e altre con dirigenti in attesa di
quiescenza.
Il motivo di tanto ritardo per molti è dovuto alle ingenti somme che lo
Stato deve affrontare per organizzare la macchina concorsuale, a parte
i tempi biblici per correggere gli scritti (3/4) e verificare gli
orali. Se dunque si assommano tutte queste considerazioni non si
capisce il motivo per cui il legislatore non pensi di rendere la carica
di preside scolastico elettiva e a termine all'interno del collegio dei
docenti.
I benefici di conduzione non soffrirebbero, ci sarebbe maggior
controllo democratico e l'autonomia scolastica avrebbe una più efficace
affermazione. Le grandi innovazioni si misurano su questi fronti, dando
credibilità, fiducia, sicurezza ai docenti, e facendo della scuola un
luogo di partecipazione e di confronto anche sull'indirizzo didattico e
culturale che ad essa il collegio, col suo preside, vuole imprimere.
Non più un dirigente con pieni poteri (vedi il decreto Brunetta che li
ha trasformati in sceriffi), ma un primus inter pares che dei propri
atti deve rispondere ai suoi elettori: forse che la cittadella
scolastica e i suoi professori sono meno preparati e maturi dei loro
colleghi universitari o dei cittadini dei municipi italiani?
Pasquale Almirante - La Sicilia del
12 dicembre 2010
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