Mettiamoci in ascolto dei giovani
Data: Sabato, 11 dicembre 2010 ore 20:16:00 CET
Argomento: Opinioni


Dalle parole di Valentina Sdoia, operatrice presso il Centro Caritas di Pontecorvo (FR)

Mi sento un po’ a disagio a dover parlare dei giovani: osservarli da lontano come chi ha appena superato quell’età o sentirmi ancora una di loro? Diciamo per comodità che mi trovo un po’ “in bilico”. Eppure forse è proprio questo il momento giusto per essere obiettivi perché è facile essere adulti e dire che i ragazzi non hanno più valori, che sono degli sbandati e dei superficiali, così come è facile per un giovane difendersi dicendo che in realtà sono la famiglia, la scuola, la società ad essere soffocanti. Dunque la mia è l’età in cui si può parlare dei giovani in modo imparziale come può farlo solo chi forse non lo è più ma ne sente ancora forti gli “strascichi”. Non intendo prendere la strada di chi ama ripetere “ai miei tempi non si faceva mai tardi la sera” oppure “io non rispondevo mai male ai miei genitori” e ancora “gli orecchini li mettevamo solo alle orecchie”. Così come d’altronde comprendo molto bene la difficoltà che incontrano oggi le parrocchie, le famiglie, la scuola nel loro compito di educare. Se si perdonano le colpe a tutti, allora, cosa si può dire? A mio avviso che questi giovani sono il risultato inevitabile e inconfondibile di questa epoca, il prodotto di una società sempre più evoluta tecnologicamente e sempre più “regressa” nei sentimenti. E questo non riguarda solo i giovani ma tutti, nella maniera più assoluta. Un certo cinismo, una certa amarezza o scontento lo si trova ovunque, in qualsiasi fascia d’età. E ad ogni modo questi giovani non diventeranno migliori solo perché li rimproveriamo continuamente, perché forse invidiamo loro una libertà che a noi è stata negata quando eravamo ragazzi. Questi giovani di oggi così viziati, privi di interessi, così ribelli e fin troppo audaci. Ma perché non ci sforziamo di capirli? Perché non proviamo a ricordare che siamo stati giovani anche noi con tutte le contraddizioni, le stravaganze e gli errori di valutazione che erano anche i nostri? Ed è importante ricordare che oggi è ancor più facile subire il fascino dei “disvalori” perché ne sono letteralmente bombardati ovunque si girino. Diamo ai giovani il tempo per diventare adulti, la crescita di un individuo non avviene all’improvviso ma è un percorso di crescita lento e graduale. Loro stanno costruendo la propria personalità, non possiamo continuamente stare a ripetere che loro sono il futuro, investendoli di una responsabilità che non possono capire ancora. Piuttosto premuriamoci che vivano il presente serenamente e concediamogli di percorrere pian piano il loro cammino, anche se fra tante incoerenze e indecisioni: fanno parte del gioco anch’essi. Insegniamo loro ad amare la vita, a difenderla a spada tratta, ad apprezzarla anche quando è dura; non abbandoniamoli mai, non neghiamogli mai un consiglio, una parola saggia, un pensiero che faccia riflettere. Soprattutto dovremmo scendere dalla cattedra e prestare orecchio a quello che abbiamo, a nostra volta, da imparare da loro, dal momento che c’è sempre qualcosa di prezioso che l’incessante incalzare della vita ci ha tolto. Restiamo in ascolto di questi giovani, sforziamoci di adottare un linguaggio più comprensibile da loro e smettiamola di farli sentire sbagliati, perché è lì che siamo proprio noi a sbagliare.





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