''Vi racconto la mia vita da precario della scuola''
Data: Mercoledì, 08 dicembre 2010 ore 07:17:44 CET Argomento: Rassegna stampa
Il precario della scuola vive i suoi giorni
in attesa di una telefonata.
E quando dice che la sua vita gli piace, non dice una verità intera: la
dice solo a metà. Tutti gli anni, a giugno, gli stessi uffici che lo
avevano reclutato con urgenza gli danno il benservito e lo rispediscono
a casa. Nessuno stipendio durante l'estate, nessuna speranza per l'anno
successivo e un terzo dei contributi INPS inspiegabilmente non pagato
(lo Stato che non paga l'INPS?!). Ogni estate, strisciando sul
pavimento, il precario libera in fretta il suo armadietto, quello basso
e scomodo che nessun collega vuole. Ancora una volta riempie la sua
vecchia utilitaria di libri e compiti, salutando le bidelle che hanno
già smesso di chiamarlo professore. Buone vacanze, signor X!
Il precario della scuola passa l'estate al computer. E quando dice alla
gente di essere in vacanza, non dice una verità intera: la dice solo a
metà. Il suo vecchio PC è costantemente collegato al sito dell'ufficio
scolastico, che per giunta tenta di sfuggirgli cambiando continuamente
nome. Provveditorato, CSA, USP… Ma lui non molla, insegue ordinanze e
regole ogni anno sempre più incomprensibili, lotta contro la
maleducazione degli impiegati, si cerca disperatamente in graduatorie
da cui inspiegabilmente sparisce una volta su due e a cui deve subito
re-iscriversi, per sperare di continuare a lavorare. Passa da un
ricorso all'altro. Poi scova una convocazione a sorpresa, possibilmente
fissata ad agosto, quella in cui, ogni anno, centinaia di persone in
attesa di cattedra si giocano il proprio futuro. Da lì, se riesce a
strappare una manciata di ore di docenza (magari su tre scuole diverse
a dieci chilometri l'una dall'altra), corre dai figli a far festa. Da
settembre si lavora! E intanto continua l'attesa di un'immissione in
ruolo che non arriva mai.
Quando c'è un concorso (in media ogni dieci anni e sempre presentato
come l'ultimo della storia), il numero dei posti disponibili resta un
mistero. Così l'impanicato aspirante prof. studia per mesi e se passa
l'esame gli fanno i complimenti e lo rimandano a casa ed è di nuovo
festa! Dopodiché ricominciano anni di supplenze, come se nulla fosse
accaduto, e molte volte la pensione arriva prima del posto fisso.. In
tempi di vacche magre, poi, quando i tagli del Ministro creano classi
che scoppiano di alunni e cattedre che non bastano nemmeno per quelli
di ruolo, al supplente non resta che l'ibernazione, in attesa di giorni
migliori.
Il precario della scuola passa mesi di lavoro cercando di fare una
buona impressione con tutti. E quando prova a convincere i suoi alunni
di essere un professore come gli altri, non dice una verità intera: la
dice solo a metà.
Da tanti anni, sempre lo stesso copione. A lui va l'orario peggiore,
quello che nessun altro collega di ruolo tollererebbe mai. Tutti i
giorni entrata alla prima ed uscita all'ultima ora, tutti i giorni ore
buche passate a girovagare per i corridoi, perché di tornare a casa non
se ne parla: in media dista trenta chilometri dalla scuola in cui
lavora. Spesso rinuncia al giorno libero, o accetta quello scartato dai
colleghi di ruolo, che magari hanno meno anni di servizio di lui ma lo
trattano da clandestino in attesa di rimpatrio. Per non parlare delle
classi assegnategli: le più indisciplinate, le più numerose...
Gran parte del suo orario è concentrata al sabato, quando i colleghi di
serie A sono al mare o in montagna. Al sabato le scuole pullulano di
precari, neoimmessi in ruolo o altri scarti dell'umanità docente. Si
aggirano silenziosi per i corridoi. Non fa progetti a lunga scadenza,
non esprime giudizi su libri di testo, regole, dogmi. Non fa domande,
il precario. Pensa solo a contrastare la gelida diffidenza che ogni
anno lo circonda, piovuto come un marziano nell'ennesima scuola
sconosciuta.
In questo modo, per dieci o vent'anni, il precario della scuola conduce
la sua esistenza; senza certezze, senza ambizioni. E quando dice ai
suoi figli, alla moglie o al marito, di aver fiducia nel futuro, non
dice una verità intera. La dice solo a metà.
(da http://www.affaritaliani.it/ di Pietro Ratto)
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