LA LEGGE 3 DICEMBRE 2010, N. 202 ripara a una ingiustizia e una disparità di trattamento tra i presidi siciliani e quelli italiani
Data: Martedì, 07 dicembre 2010 ore 19:25:19 CET
Argomento: Ufficio Scolastico Regionale


L'accaduto fa emergere una contraddizione del sistema giurisdizionale italiano per effetto della quale i cittadini italiani, a seconda che risiedano in Sicilia o nel resto d'Italia, godono oppure non godono di determinati diritti.
Non è possibile, in ogni caso, che in Italia una procedura concorsuale a carattere nazionale, espletata in tutte le regioni nello stesso modo, possa essere annullata solo in Sicilia e non nelle altre.
Si sottolinea che la magistratura penale ha avviato un'inchiesta a riguardo, successivamente archiviata in quanto non è stata rilevata alcuna irregolarità, né tanto meno reato.
Il fatto poi che agli oltre quattrocento dirigenti scolastici in questione, il Consiglio di giustizia amministrativa abbia sino ad oggi precluso la possibilità di intervenire nel procedimento che ha visto travolgere le loro posizione professionale e sociale, poiché non li ha considerati «controinteressati», solleva il dubbio della violazione della previsione costituzionale che riconosce il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (articolo 24 della Costituzione).

La LEGGE 3 dicembre 2010, n. 202, reca una disciplina per la rinnovazione della procedura concorsuale per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale 22 novembre 2004, la quale è stata annullata dal Consiglio di giustizia amministrativa della regione Sicilia con la sentenza 10 novembre 2009, n. 1065.
I fatti dai quali nasce l'esigenza dell'intervento legislativo sono i seguenti.
Con decreto del direttore generale del personale della scuola del 22 novembre 2004 è stato bandito il primo corso concorso ordinario da effettuare a livello regionale per il reclutamento di dirigenti scolasti.
In ragione del consistente numero di partecipanti, come previsto dall'articolo 8 del bando di concorso e dall'articolo 2, comma 7, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 341 del 2001, in Sicilia la commissione esaminatrice è stata suddivisa in due sottocommissioni, composta ciascuna da due membri, presiedute dal medesimo presidente. Alcuni candidati i cui elaborati non erano stati valutati positivamente hanno adito il Tar Sicilia lamentando la violazione del principio in base al quale la Commissione esaminatrice rappresenta un «collegio perfetto»: ciò, perché, avendo le due sottocommissioni lavorato contemporaneamente, la presenza del presidente non era stata costante.
Il Tar Sicilia ha disposto la rinnovazione della valutazione delle prove scritte dei ricorrenti da parte di una diversa sottocommissione. A seguito della rivalutazione, i ricorrenti, non essendo stati ancora una volta ammessi alle prove orali, hanno proposto ricorso per motivi aggiunti, chiedendo l'annullamento dell'intero concorso. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile dal Tar e i ricorrenti hanno quindi adito il Consiglio di giustizia amministrativa della regione Sicilia. Quest'ultimo, con sentenze n. 477 e n. 478 del 25 maggio 2009, ha interamente riformato la sentenza di primo grado, ritenendo non sussistenti cause di inammissibilità e fondato, invece, il motivo del ricorso principale, riproposto anche come motivo aggiunto, circa l'imperfetta composizione delle sottocommissioni.
L'Ufficio scolastico regionale per la Sicilia ha, quindi, proceduto a nominare una ulteriore nuova sottocommissione per rivalutare le prove scritte dei ricorrenti.
Ma, con la sentenza 10 novembre 2009, n. 1065, il Consiglio di giustizia amministrativa, pronunciandosi in sede di giudizio di ottemperanza, ha ritenuto che il decreto di nomina di altra commissione non potesse avere natura ottemperativa, costituendo anzi sostanziale elusione del giudicato.
Il Consiglio di giustizia amministrativa ha evidenziato che l'addebito di illegittimità è stato ascritto, ab origine, al provvedimento che, costituendo le due sottocommissioni con un unico presidente, ha consentito che quest'ultimo transitasse dall'una all'altra senza che, nel frattempo, fossero interrotte le operazioni di valutazione.
Il Consiglio di giustizia amministrativa ha quindi dichiarato l'obbligo dell'Amministrazione di conformarsi al giudicato ponendo in essere i provvedimenti necessari alla rinnovazione della procedura concorsuale. A tal fine, è stato posto un termine di sessanta 60 giorni dalla notificazione della decisione, con riserva di nomina del commissario ad acta ad istanza di parte, nel caso di inottemperanza oltre tale termine.
Con decreto dell'8 gennaio 2010 il Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per la Sicilia ha nominato la Commissione giudicatrice del corso-concorso al fine di ottemperare alla rinnovazione della procedura concorsuale.
Adito in via cautelare, il Tar di Palermo, con ordinanza n. 81 del 28 gennaio 2010, ha sospeso il provvedimento sopra indicato, ma il Consiglio di giustizia amministrativa, con ordinanza n. 400 del 27 aprile 2010, ha annullato l'ordinanza del Tar.
Da ultimo, con decreto del 4 giugno 2010, il Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per la Sicilia ha fissato le date per rinnovare le prove scritte del concorso, fissandole per il 14 e 15 ottobre 2010.
È bene ricordare che, nel resto d'Italia, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito che la presenza del presidente nelle eventuali sottocommissioni costituite per la valutazione delle prove di concorso non deve consistere in una presenza fisica continuativa, poiché questa impedirebbe alle sottocommissioni di lavorare simultaneamente e ne vanificherebbe quindi la funzione, ma piuttosto in una supervisione e in un coordinamento.
Tra le più recenti si può ricordare la sentenza n. 7964 del 15 dicembre 2009, con la quale, pronunciandosi su un ricorso presentato avverso una sentenza del TAR Puglia che verteva, tra l'altro, su una questione analoga, il Consiglio di Stato ha evidenziato che «Nella situazione in esame, essendosi presentati 932 candidati, la divisione in sottocommissioni era evidentemente legittima, così come non potevano non ritenersi legittime (...) la simultaneità dei lavori delle sottocommissioni e l'indicata presenza in entrambe della figura del Presidente, essendo tale presenza da intendere non in senso fisico continuativo, ma a livello di supervisione e di coordinamento.
È di tutta evidenza, del resto, che se il medesimo Presidente fosse stato tenuto a partecipare a tutti i lavori delle sotto-commissioni, queste ultime avrebbero dovuto riunirsi in giorni diversi, con totale vanificazione dell'intento acceleratorio perseguito. I verbali nella fattispecie contestati dovevano quindi ritenersi regolari, nella parte in cui menzionavano la partecipazione del Presidente contemporaneamente nelle due sotto-commissioni, avendo lo stesso, in entrambe, funzioni garantistiche dell'uniformità di giudizio e dovendo, comunque, eventuali contestazioni investire eventualmente le norme regolamentari, che - imponendo di non sdoppiare anche la presidenza della Commissione - conducevano necessariamente ad una partecipazione dell'unico Presidente nei termini sopra indicati».
Di segno analogo, tra le altre, la sentenza del Consiglio di Stato n. 1920 del 10 aprile 2003, nella quale si chiarisce che l'unicità della funzione del presidente della Commissione esaminatrice di un concorso non si ricollega necessariamente alla presenza di costui alle adunanze delle sottocommissioni, giacché in tal caso si rallenterebbe l'attività della Commissione stessa, ma si sostanzia nella più rilevante funzione di coordinamento dei lavori delle varie sottocommissioni.
L'accaduto fa emergere una contraddizione del sistema giurisdizionale italiano per effetto della quale i cittadini italiani, a seconda che risiedano in Sicilia o nel resto d'Italia, godono oppure non godono di determinati diritti.
L'esistenza di un organo giurisdizionale autonomo e parallelo al Consiglio di Stato, qual è il Consiglio di giustizia amministrativa, consente di fatto una disparità di trattamento giurisdizionale tra i cittadini. Il Consiglio di giustizia amministrativa, infatti, pur configurandosi come una sezione del Consiglio di Stato, è un organo autonomo la cui giurisprudenza è molto spesso di orientamento opposto a quella del Consiglio di Stato. Nel caso di specie, tra l'altro, le ragioni per le quali il Consiglio di giustizia amministrativa ha ritenuto di scostarsi dall'orientamento del Consiglio di Stato e di riformare la decisione del Tar Sicilia sono tutt'altro che chiare, atteso che le motivazioni della sentenza sono oltremodo stringate.
Non è possibile, in ogni caso, che in Italia una procedura concorsuale a carattere nazionale, espletata in tutte le regioni nello stesso modo, possa essere annullata in una regione e non in altre. Senza voler entrare nel merito delle scelte che hanno motivato i due alti organi di giustizia amministrativa ad adottare le loro decisioni, il legislatore ha il dovere di intervenire per assicurare l'uniforme trattamento di quanti hanno regolarmente partecipato a un concorso e regolarmente lo hanno vinto…

La LEGGE 3 dicembre 2010, n. 202, intende porre rimedio ad una situazione alquanto particolare, creatasi a seguito delle sentenze n. 477 e n. 478 del Consiglio di giustizia amministrativa della regione Sicilia, che hanno annullato il concorso ordinario a dirigente scolastico, bandito il 22 novembre 2004, a seguito del ricorso presentato da due insegnanti escluse e successivamente bocciate per altre due volte da commissioni differenti.
Prescindendo in questa sede da valutazioni sul modo con il quale i media hanno dato notizia e commentato tale vicende intende sottolineare che purtroppo la vicenda è stata molto, troppo semplificata, e che le informazioni fornite non sono state sempre corrette e approfondite.
Si sottolinea che la magistratura penale ha avviato un'inchiesta a riguardo, successivamente archiviata in quanto non è stata rilevata alcuna irregolarità, né tanto meno reato.
Entrando nel merito delle motivazioni che hanno portato a presentare la proposta di legge in esame e delle conseguenti soluzioni che, dopo lungo approfondimento, sono sembrate adeguate a risolvere una vicenda complicatissima, che rischia di mettere in ginocchio il sistema scolastico siciliano che ha assoluto e urgente bisogno di avere dirigenti scolastici pienamente legittimati, ricordo che la motivazione dell'annullamento da parte del Consiglio di giustizia Amministrativa origina da un'interpretazione del decreto del Presidente del Consiglio di ministri 30 maggio 2001, n. 341, che stabilisce, ovviamente per tutto il territorio nazionale, le modalità di composizione delle commissioni per il concorso a dirigente scolastico. Rileva che il Consiglio di giustizia Amministrativa ha tuttavia inteso individuare, solo per la Sicilia, la causa della caducazione delle procedure nella violazione del combinato disposto dell'articolo 8 del bando di concorso e dell'articolo 2, comma 7, del suddetto decreto, sul principio del collegio perfetto in fase di correzione degli elaborati scritti, avendo entrambe le sottocommissioni proceduto alla contemporanea correzione, unico rimanendo il presidente.
Si rileva che è quindi stata annullata la correzione delle prove scritte, e quindi caducate queste e le altre prove sostenute successivamente, ma nella sentenza non viene mai messa in dubbio la veridicità e la bontà di tali elaborati che, a tutt'oggi, risultano validi a tutti gli effetti.
La giustizia siciliana ha quindi interpretato il decreto del Presidente del Consiglio di ministri 30 maggio 2001, n. 341, nel senso dell'obbligatorietà, per la correzione, del collegio perfetto, mentre diversa interpretazione del decreto è stata affermata per le procedure concorsuali di tutto il resto del territorio nazionale e confermato anche dalle sentenze del Consiglio di Stato n. 6228 del 2008 e n. 7964 del 2009.
Evidenzia come, al culmine di una situazione alquanto particolare, a nulla è valsa la scoperta che in realtà, alcune centinaia - dai verbali visionati dagli avvocati dei dirigenti scolastici, che sono solo alcuni, risulterebbero circa trecento - di elaborati siano stati corretti dalla Commissione in composizione «regolare» (un presidente e due componenti); ancora una volta nel rigettare l'istanza di revocazione, il Consiglio di giustizia Amministrativa ha voluto ribadire il principio demolitorio «erga omnes» per salvaguardare il «bene della vita» delle due ricorrenti.
Pertanto, senza entrare nel merito delle motivazioni delle sentenze, osserva come i dirigenti scolastici siciliani - in forza della presenza del Consiglio di giustizia amministrativa, che è equiparato a sezione del Consiglio di Stato ma che ha giurisdizione solo per la Sicilia - abbiano subito un diverso trattamento in sede giurisdizionale in spregio al principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Carta costituzionale.
Il fatto poi che agli oltre quattrocento dirigenti scolastici in questione, il Consiglio di giustizia amministrativa abbia sino ad oggi precluso la possibilità di intervenire nel procedimento che ha visto travolgere le loro posizione professionale e sociale, poiché non li ha considerati «controinteressati», solleva il dubbio della violazione della previsione costituzionale che riconosce il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (articolo 24 della Costituzione), al soddisfacimento dei quali l'accertamento giudiziario definitivo è preordinato; o, ancora, può sollevare dubbi rispetto alla previsione secondo la quale «contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa» (articolo 113 della Costituzione). E nemmeno il successivo ricorso al rimedio eccezionale dell'opposizione di terzo, può ormai valere a colmare il vulnus al diritto alla difesa sancito dalla Costituzione.
Quanto agli eventuali profili riflessi in altre situazioni regionali, rileva come l'adozione del medesimo modello procedimentale ritenuto illegittimo dal Consiglio di giustizia amministrativa potrebbe dar luogo a ulteriori fonti di contenzioso nella situazione di disparità che l'amministrazione avrebbe in tal modo illegittimamente creato. Sicché, in definitiva, osserva come ci si trovi di fronte ad una situazione certamente straordinaria ed eccezionale, quale è assai raro incontrare, nella quale vengono in gioco e rischiano di configgere, richiedendo pertanto una oculata composizione, numerosi e fondamentali principi di rango costituzionale, dagli articoli 24 e 111 sotto i diversi profili del rispetto dovuto alle decisioni giurisdizionali anche da parte del legislatore, alla altrettanto dovuta garanzia dei diritti di difesa correlati al giusto processo; all'articolo 97 della Costituzione anch'esso rilevante per i diversi aspetti della garanzia di buon funzionamento delle attività amministrative nel fondamentale settore dell'istruzione pubblica e della rilevanza del principio di selezione ed accesso agli impieghi pubblici mediante concorso.
In tale situazione, ritiene che la composizione attraverso un intervento legislativo del complesso quadro di regole costituzionali, diritti personali ed interessi pubblici, debba necessariamente contemperare alcuni principi.
Non si è voluto ricorrere ad una soluzione legislativa che, mantenendo semplicemente ferma l'efficacia della graduatoria concorsuale dichiarata illegittima con le pronunce giurisdizionali, finirebbe per rendere vani quegli effetti delle pronunce medesime che lo stesso organo da cui promanano ha ritenuto di portata generale (e perciò «erga omnes»).
La conseguenza che da ciò discende è chiara. L'effetto demolitorio che ha investito la graduatoria di concorso, fa sì che tale atto oggi non sia più esistente, ed impedisce altresì che essa possa essere mantenuta in vita, senza creare un vulnus di costituzionalità per violazione dell'articolo 24 della Costituzione.
Sottolinea che il gruppo del Partito democratico si è espresso contro forme di sanatoria tout court, che hanno riguardato la questione di cui oggi si discute. La conseguenza di tale profilo sta nel fatto che, essendo stata demolita la graduatoria concorsuale, i dirigenti scolastici attualmente nominati si troverebbero privi della legittimazione a ricoprire il posto mediante concorso, che è richiesta dal terzo comma dell'articolo 97 della Costituzione.
Su questo piano invece, un intervento legislativo di carattere riparatorio è compatibile col quadro costituzionale, tanto in via generale, quanto ed in particolare con riferimento al contemperamento dei molteplici profili di natura costituzionale che la vicenda presenta.
Il terzo comma dell'articolo 97 della Costituzione, infatti, nell'indicare come regola costituzionale quella del pubblico concorso, ha tuttavia ritenuto di dover precisare che trattasi di regola alla quale può farsi eccezione per i «casi previsti dalla legge».
La giurisprudenza costituzionale a sua volta, ha manifestato una chiara apertura a tali eccezioni, soprattutto nel caso in cui ci si trovi in presenza di condizioni e situazioni peculiari e straordinarie, nelle quali vengono in rilievo e vanno ricomposti, mediante l'esercizio della potestà legislativa primaria, molteplici e configgenti principi di rango costituzionale.
Richiama, in tal senso, la decisione della Corte Costituzionale del 9 novembre 2006 n. 363 secondo cui, stabilita la regola del pubblico concorso «le eccezioni a tale regola, consentite dall'articolo 97 della Costituzione purché disposte con legge, debbono rispondere a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico». Ed ancora, richiama la decisione della Corte Costituzionale del 10 maggio 2005 n. 190, secondo cui la deroga legislativa al principio è costituzionalmente legittima «in presenza di peculiari situazioni giustificatrici individuate dal legislatore nell'esercizio di una discrezionalità non irragionevole, che trovi il proprio limite specifico nella necessità di meglio garantire il buon andamento della pubblica amministrazione».
Quanto al fatto che la norma legislativa «riparatrice», giovi a contemperare altri interessi di rango costituzionale che in caso contrario risulterebbero inevitabilmente pregiudicati, basterà osservare in primo luogo come con essa verrebbe risarcito un vulnus arrecato all'articolo 24 ed all'articolo 111 della Costituzione, sotto il diverso ma altrettanto essenziale profilo della lesione dei diritti di difesa dei dirigenti scolastici attualmente in servizio quali vincitori del concorso.
Non basta infatti ritenere che tali diritti di difesa possano essere garantiti mediante il rimedio eccezionale dell'opposizione di terzo, poiché la Corte Costituzionale con la decisione n. 177 del 1995 che è servita ad introdurre tale rimedio, ha tuttavia voluto precisare come esso abbia carattere residuale e straordinario e rimanga comunque essenziale la garanzia della piena e diretta tutela di tutte le parti interessate ad agire e contraddire nel processo.
Sotto altro profilo, la norma «riparatrice» consentirebbe di evitare una serie di gravose e per la loro complessa articolazione tuttora imprevedibili conseguenze anche di natura risarcitoria ai danni del buon andamento dell'azione amministrativa e dell'amministrazione pubblica, garantendo altresì essenzialmente la continuità della direzione didattica e disciplinare degli istituti scolastici.
Le considerazioni sin qui svolte possono consentire non solo di ritenere costituzionalmente legittima, ma anche urgente per ripristinare la funzionalità del sistema scolastico siciliano, una norma con la quale si preveda la rinnovazione del concorso siciliano con modalità diverse per le diverse tipologie di concorrenti: un colloquio o comunque una prova vertente sull'esperienza maturata per i dirigenti scolastici già vincitori del concorso caducato, lo stesso ma relativo ad argomento trattato durante il corso di formazione svolto per gli idonei utilmente collocati in graduatoria; la ricorrezione delle prove scritte, ovviamente opportunamente secretate, e un corso di formazione con colloquio selettivo finale per coloro che non erano stati ammessi alle prove successive nel concorso caducato. In questo modo verrebbe per questi ultimi semplificata la procedura concorsuale, in quanto non verrebbe effettuato il colloquio orale precedente al corso di formazione, che pure gli altri avevano sostenuto.
I dirigenti scolastici quindi verrebbero confermati in servizio e gli idonei in graduatoria. Gli altri concorrenti, superate le prove previste nella proposta di legge, sarebbero inseriti in una graduatoria valida per due anni.
Ritiene che in questo modo verrebbero garantite, da una parte, il rispetto delle sentenze e quello della Costituzione e, dall'altra parte, la funzionalità del sistema scolastico siciliano, che ha urgente bisogno di perché urgente chiede alla Commissione di valutare la possibilità di chiedere il trasferimento alla sede legislativa.







Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-238262.html