Valutazione docenti: Un progetto pensato male
Data: Marted́, 07 dicembre 2010 ore 19:15:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Il senso del progetto sperimentale per la valutazione dei docenti è detto a chiare lettere fin dalle prime battute del documento ministeriale: individuare e premiare gli insegnanti che si distinguono in base a definiti elementi di giudizio. Ma vediamone sinteticamente i termini e i problemi che pone.
Gli elementi di giudizio individuati sono tre:
1. Curriculum vitae
2. Documento di autovalutazione
3. Risultati di indagini presso studenti e famiglie che utilizzeranno indicatori di apprezzamento.
Gli interrogativi senza risposta
Quali possano essere le voci del primo elemento è intuibile con un buon livello di approssimazione (voto di laurea, altre lauree, voto abilitazioni, master, incarichi scolastici formali ricoperti, corsi di aggiornamento frequentati nell’ultimo periodo, pubblicazioni…). Come apprezzare / quale peso dare alle singole voci è domanda a cui dovrebbe essere data risposta a livello nazionale.
Cosa possa essere il “Documento di autovalutazione”, a oggi non è dato sapere. Può essere una sorta di portfolio delle competenze nel quale il docente riporta, descrive e valuta le sue esperienze professionali? E, in ogni caso, in che senso è “elemento per il giudizio”? Cosa dovrà essere apprezzato in esso o attraverso di esso? E prima ancora, se di questo si tratta, quanti, tra i nostri insegnanti hanno praticato questa modalità autovalutativa? Perché, se non è competenza diffusa – e non credo che lo sia – allora, uno dei tre elementi (e non il meno rilevante) sarebbe fuori gioco. E con esso, l’intero meccanismo. O no?
Quanto al terzo elemento, penso che il riferimento obbligato sia alla pratica della “costumers’ satisfation”, cioè all’apprezzamento di famiglie e studenti, riferito alle performance del docente. Performance è parola chiave e ricorrente del progetto. Non se ne chiariscono i termini; ma anche qui, con una discreta approssimazione, possiamo pensare alla padronanza della disciplina, alla competenza relazionale, alla competenza didattica e valutativa, all’etica professionale. Non penso che un genitore o uno studente possa andare oltre queste voci. Probabilmente, altre voci, come la competenza progettuale o il contributo al funzionamento didattico e organizzativo della scuola potrebbero invece essere meglio apprezzate dal previsto Nucleo di valutazione, allorquando prende in considerazione il Documento di autovalutazione. Sempre nel caso che questo tenda a caratterizzarsi come portfolio delle competenze.
La questione del chi valuta
Qui il problema – e l’evidente debolezza - a me sembra riguardare il “chi valuta” . E non per le amenità sul ruolo del dirigente scolastico, riferite, anche su questo sito, da chi teme, per la sua presenza nel Nucleo, un ulteriore scivolamento di questa figura da “preside –sceriffo” a “preside-padrone”. La debolezza è nel fatto che alle nostre scuole mancano, in genere, le competenze valutative necessarie per gestire le operazioni richieste. Non difettano certo realtà per le quali questo discorso non vale. Ma quante sono? In quanti Istituti è stato sperimentato il portfolio delle competenze, se di questo si tratta? Certamente la snellezza e l’agilità dell’organismo valutatore sono requisiti essenziali. Però si sottovaluta la questione delle competenze di chi si assume un compito così importante e delicato.
Relativamente a “quanti” premiare e “in che misura”, le ipotesi del progetto sono, come si sa: per il primo punto, tra il 15 e il 20% dei docenti dell’Istituto (non si legge espressamente, ma lo si deduce con relativa facilità); per il secondo, una mensilità lorda.
La “soglia” e il “campione”: se questo è un progetto
Non ci sono invece risposte a domande pesanti come: si tratta di premio annuale o la sua validità copre più annualità? E, se sì, quante? O si tratta di un premio “per sempre”? Ma pone interrogativi soprattutto la soglia individuata. E se i docenti premiabili, sulla base delle evidenze emerse, sono il 25%, che si fa?
Non si vuole qui negare, in genere, la necessità di definire tetti. Ma, nel caso del riconoscimento del merito, può essere considerato valido il criterio adottato? Non sarebbe forse più opportuno prendere in considerazione – anche in ragione della spinta motivazionale – un meccanismo che privilegi invece i termini precisi del “profilo” docente che si intende premiare? E assuma questi come “oggetti valutativi”?
Infine, non mi sembra granché credibile una sperimentazione su un campione così irrilevante. Se si vuole validare uno strumento così importante, per i significati che si intende ad esso dare, penso sia operazione poco sensata assumere come campione un numero così esiguo di scuole (20 scuole di Torino e di Napoli, individuate per sorteggio tra quelle aderenti) e quindi di insegnanti.
Come si può notare gli interrogativi di merito, come si suol dire, sono tanti e di non poco peso. Ed è questa debolezza complessiva che giustifica il giudizio di quanti parlano di improvvisazione e pressappochismo. Oltre che di strumentalità e di natura propagandistica dell’operazione. Il cui obiettivo primario sarebbe – e come dar loro torto? – portare in secondo piano la sconsideratezza della politica indiscrimanta dei tagli alla scuola e alla ricerca.
La valutazione delle scuole: gli interrogativi crescono
Questo giudizio vale anche per il progetto sperimentale sulla valutazione delle scuole, che presenta analoghi elementi debolezza, almeno per quanto riguarda
• l’esiguità del numero delle scuole che verranno coinvolte nella sperimentazione (le scuole medie delle province di Pisa e Siracusa) e quindi la scarsa affidabilità dell’operazione;
• la criticità di un modello che affida la sua premialità non alla vicinanza o meno a performance assunte a obiettivi degni di attenzione, ma alla mera collocazione “nella fasca alta della graduatoria” (massimo il 25% del totale delle scuole che aderiscono), anche prescindendo dal valore dei risultati conseguiti.
Consideriamo - sempre schematicamente per averne una visione d’insieme - gli altri aspetti del modello proposto. Gli elementi per il giudizio:
• Il “valore aggiunto” registrato nei livelli di apprendimento nel corso del triennio (prove Invalsi).
• Il contesto socio-economico e strutturale (domanda: come pesa?).
• Il giudizio sulla base di osservazione esterna (altra domanda: in base a quali parametri specifici).
Chi valuta: le scuole da premiare vengono individuate, sulla base degli indicatori scelti (i tre precedenti elementi per il giudizio), da una Commissione tecnica regionale che formula una graduatoria delle scuole.
A chi vanno i 70 mila euro: al 25% delle scuole che si collocheranno nella fascia più alta della graduatoria. Queste le destineranno agli insegnanti impegnati durante il periodo di sperimentazione (altro interrogativo: con quali criteri e modalità?).
Anche su questo secondo progetto, come può facilmente dimostrare una lettura un po’ attenta, pesano elementi di indeterminatezza che si aggiungono alle criticità prima richiamate. Probabilmente però il quadro è meno problematico rispetto a quello del primo progetto.
Conclusivamente
Conclusivamente, una precisazione per fugare eventuali dubbi rispetto ai ragionamenti qui svolti. Sono tra quelli che ritiene giusta e doverosa la valutazione del personale della scuola: per premiare il merito (l’impegno sulla crescita professionale e l’innovazione, l’orientamento al risultato, la disponibilità al miglioramento del funzionamento complessivo della scuola) e per richiamare a responsabilità precise chi non dimostra competenze adeguate e non è – e non vuole – essere all’altezza del proprio compito.
Anzi, ritengo che questa sia una questione, contestualmente a quella della carriera, urgente e importantissima.
Ma non si può partire col piede sbagliato e per giunta riempiendosi la bocca di parole importanti come “autovalutazione”, “riconoscimento del merito”, “misurazione delle performance” , “miglioramento dell’attività didattica”, che poco hanno a che fare con queste sperimentazioni.
Ben vengano – e rapidamente –sperimentazioni al riguardo, perché di sperimentazioni c’è bisogno. E di un coinvolgimento, nel merito, delle associazioni professionali, degli esperti e delle organizzazioni sindacali. Ma, per favore, meno fumo negli occhi e più sensatezza e solidità progettuale.
(di Antonio Valentino ScuolaOggi)

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