Da dove viene la riforma “geLLLmini”: l’universita’ ai poteri forti
Data: Lunedì, 06 dicembre 2010 ore 13:06:25 CET Argomento: Rassegna stampa
Che questa legge non
l’avesse scritta il ministro GeLLLmini l’avevano malignato in molti.
C’è chi ha pensato al lavoro fantasioso di “fini” esperti del settore e
chi al prodotto della capillarizzazione tremontiana, che irrora
inevitabilmente tutti gli organi di governo. In realtà la parte più importante e meno
contestata della riforma è stata scritta anni fa e non è nient’altro
che un copia-incolla delle proposte dell’associazione “TreeLLLe”,
presieduta da Attilio Oliva (uomo di Confindustria ed ex-vicepresidente
della LUISS), che la ministra ha reso con scarsa originalità in forma
di d.d.l.
COS’E’ TREELLLE?
Andando sul sito di www.treellle.org leggiamo che “TreeLLLe è una
associazione non profit, rigidamente apartitica e agovernativa” che “ha
come obiettivo il miglioramento della qualità dell'education
(educazione, istruzione, formazione) nei vari settori e nelle fasi in
cui si articola”. L’associazione opera con “l’elaborazione dei Quaderni
attraverso un lavoro di gruppo; il coinvolgimento delle personalità del
Forum e degli Eminent Advisor attraverso la discussione e la raccolta
di pareri sulla prima elaborazione dei Quaderni; la diffusione delle
pubblicazioni mirata a informare decisori pubblici, partiti, forze
sociali, istituzioni educative; una lobby trasparente al fine di
diffondere dati, informazioni e proposte presso i decisori pubblici a
livello nazionale e regionale, i parlamentari, le forze politiche e
sociali, le istituzioni educative”. E, come analizzeremo dopo, i
decisori della cosa pubblica hanno fatto tesoro delle proposte
dell’associazione con il d.d.l GeLLLmini che fa dell’università
un’azienda con tanto di governance. Ora continuiamo dando un’occhiata
all’organigramma ed ai maggiori sostenitori di TreLLLe. Partiamo con
l’Assemblea dei soci fondatori e garanti, espressione del gotha
imprenditoriale italiano, dove troviamo Fedele Confalonieri (alter ego
di Berlusconi, presidente di Mediaset spa, Consigliere di
Amministrazione della Arnoldo Mondadori spa, Consigliere di
Amministrazione del quotidiano Il Giornale, membro del Consiglio
Direttivo e della Giunta di Confindustria e di Assolombarda, presidente
dell'Associazione Televisioni Nazionali, membro della Giunta Direttiva
di Assonime, nonché rinviato a giudizio dal gup di Milano con l'accusa
di frode fiscale e rinviato a giudizio per favoreggiamento nell'ambito
dell'inchiesta sulla bancarotta di Hdc), Gian Carlo Lombardi
(consigliere di amministrazione di molte società e delle università
Luiss e Cattolica, presidente del Collegio di Milano, membro della
Fondazione IRI, consigliere dell'ICE e del TCI, presidente del CFI,
direttore della rivista scout "RS-Servire" dell'AGESCI), Luigi
Maramotti (patron di Max Mara, rinviato a giudizio per aver evaso il
fisco per qualcosa come 10 milioni di euro, nel periodo che va dal 2004
al 2007), Pietro Marzotto (patron dell’omonimo gruppo e Pietro
Marzotto, imputato per strage ambientale a Praia a Mare in Calabria),
Attilio Oliva (vedi sopra), Marco Tronchetti Provera (Presidente di
Pirelli & C. S.p.A., presidente di Pirelli Tyre S.p.A e di Pirelli
& C. Real Estate S.p.A, vice-presidente di Mediobanca, membro
dell’Esecutivo di Confindustria e Consigliere di Amministrazione della
squadra di calcio F.C. Internazionale Milano S.p.A., consigliere
direttivo di Assonime, nell'International Advisory Board di Allianz,
nell'International Council della J.P. Morgan e nell'advisory committee
del consiglio del fondo sovrano libico, Libyan Investment Authority,
Presidente Italiano del Consiglio per le Relazioni fra Italia e Stati
Uniti e membro del Gruppo Italiano della Trilateral Commission, nonché
indagato per dossier aggio illegale praticato dalla «Security» di
Telecom): tolta qualche eccezione, un gruppo di galantuomini
disinteressati per intenderci… L’attività dell’associazione è
sponsorizzata dalla Compagnia di San Paolo di Torino, dalle fondazioni
Pietro Manodori di Reggio Emilia, dalla Cassa di Risparmio di Bologna,
dal Monte dei Paschi di Siena, dalla Cassa di Risparmio di Genova e
Imperia, dalla Fondazione Roma e dalla Fondazione Roma Terzo Settore.
QUESTA RIFORMA S’HA DA FARE
Oltre agli evidenti rapporti con i poteri forti del Belpaese,
procedendo nella lettura dell’organigramma dell’associazione, troviamo
tra gli eminent advisor di TreeLLLe anche il sen. futurista Giuseppe
Valditara, relatore (per caso?) nella camera di pertinenza del d.d.l.
GeLLLmini. Nonostante in un primo momento i finiani (Granata, Moroni e
Perina) hanno strumentalizzato la protesta studentesca con la salita
sul tetto della facoltà di Architettura della Sapienza, è notorio che
ci tengano molto all’approvazione di questa riforma universitaria.
Secondo l’Andu (associazione nazionale docenti universitari) "a dettare
la linea dei 'finiani' è Giuseppe Valditara, vice capogruppo vicario al
Senato di Futuro e Libertà e relatore al Senato del ddl", il quale
risponde che “Fli ha raggiunto un importante risultato ottenendo
l'assunzione di 4.500 vincitori di concorso a professore associato per
i tre anni successivi all'approvazione della riforma". Ribattono
all’Andu che Valditara "fa finta di non sapere che nessun ricercatore
in ruolo ha chiesto di barattare questi posti con l'approvazione del
ddl e non considera che questi posti non servono agli attuali oltre
50mila precari che saranno espulsi dall'Università". Sempre casualmente
caldeggia l’approvazione del d.d.l. anche la presidente di
Confindustria Emma Marcegallia che, rimproverando il rinvio della
discussione al Senato dopo il voto di s-fiducia, dichiara che “si
tratta di una riforma strutturale che va nella direzione giusta, premia
il merito e ha a che fare con la competitività del nostro paese”.
E SE POI CI METTIAMO LA LEGGE 133/2008
Inserendo in questo quadro quanto stabilito nell’art. 16 della legge
133/2008 ovvero la possibilità di trasformare gli Atenei in fondazioni
di diritto privato, il tutto diventa più chiaro: un incontestabile
tentativo di svendere l’università pubblica agli interessi privati e
alla logica del profitto, ponendo come metro valutativo della qualità
formativa la salute dei bilanci in luogo della produzione di cultura.
“Le fondazioni universitarie subentrano in tutti i rapporti attivi e
passivi della titolarità del patrimonio dell’Università” e ad esse “è
trasferita, con decreto dell’Agenzia del demanio, la proprietà dei beni
immobili già in uso alle Università”. Il tutto ovviamente esentasse. Mi
chiedo se sia ammissibile che con una legge dello Stato si possa
devolvere il patrimonio pubblico ad un ente privato? Inoltre è prevista
la possibilità di “ingresso nella fondazione universitaria di nuovi
soggetti pubblici o privati”. Ed ovviamente “le fondazioni
universitarie adottano un regolamento di Ateneo per l’amministrazione,
la finanza e la contabilità, anche in deroga alle norme
dell’ordinamento contabile delle Stato e degli enti pubblici”.
LE PROPOSTE DI TREELLLE SI FANNO LEGGE GELLLMINI
La governance (di sistema e di ateneo) alla base della riforma in
discussione sia come termine sia come organizzazione è ritrovabile nel
Quaderno n.3 delle pubblicazioni di TreLLLe. Ad esempio per quanto
attiene alla governance di sistema nel quaderno si propone di
“Realizzare una Agenzia nazionale di valutazione, autonoma e
indipendente, con funzioni di authority per la valutazione esterna
della ricerca, della didattica e degli atenei, mediante la
trasformazione, entro un tempo ragionevole, degli attuali organismi di
valutazione (Cnvsu e Civr)” e nel d.d.l. la proposta si configura
nell’Anvur ovvero nell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema
universitario e della ricerca. Al riguardo altre proposte recepite
nella legge sono quella di “Assumere la Conferenza dei Rettori (Crui)
quale referente per la consultazione, il confronto e la verifica del
consenso sulle più rilevanti scelte di governo del sistema: ciò in
quanto la Crui è espressione dei 42 responsabili della gestione degli
atenei e struttura istituzionalmente autonoma e indipendente rispetto
al Ministero” e quella di “Affidare al Consiglio Universitario
Nazionale (Cun) tutte le funzioni che attengono alla materia
dell’organizzazione dei saperi e ai settori scientifico-disciplinari:
funzioni che devono rimanere prerogativa specifica ed esclusiva della
comunità scientifica”Ma la parte che sconvolge maggiormente per la
somiglianza è quella che riguarda la governance di ateneo. Nel quaderno
si propone di “affidare al Rettore, eletto come da tradizione da un
largo corpo elettorale interno all’ateneo, tutti i compiti di
iniziativa e di ordinaria e straordinaria amministrazione, eccezion
fatta per le materie esplicitamente definite come compiti degli organi
accademici collegiali; affidare ad un Consiglio di Ateneo, presieduto
dal Rettore, le scelte gestionali (budget previsionale e conseguente
ripartizione delle risorse, bilancio consuntivo, piani strategici di
attività, scelte patrimoniali e contrattuali, decisione finale nelle
assunzioni di tutto il personale, criteri per l’accesso e l’eventuale
selezione degli studenti); prevedere alcune regole-quadro entro le
quali dovrà collocarsi la normativa statutaria degli atenei relativa
alla composizione e alla nomina del Consiglio di Ateneo. Tra queste: -
da dieci a quattordici membri oltre al Rettore, metà interni e metà
esterni all’ateneo, nominati dal Rettore (eccezion fatta per uno degli
esterni, nominato dal Ministro); - per le nomine esterne, intesa del
Rettore con le rappresentanze delle comunità territoriali e delle forze
imprenditoriali e sociali; - approvazione del complesso delle nomine da
parte del Senato Accademico, e facoltà per lo stesso di votare la
sfiducia, con maggioranza qualificata e non prima di metà mandato;
affidare al Senato Accademico, oltre al potere di fiducia e sfiducia
nei confronti del Consiglio di Ateneo, i poteri relativi allo statuto,
alla regolamentazione interna, alla garanzia dei diritti e delle
libertà accademiche dei docenti e dei diritti degli studenti; prevedere
alcune regole-quadro entro le quali dovrà collocarsi la normativa
statutaria degli atenei relativa alla composizione e all’elezione del
Senato Accademico. Tra queste: - massimo di trentadue membri,
ventiquattro docenti, sei studenti e due tecnici amministrativi (lo
statuto può ridurre, rispettando le proporzioni); - voto limitato, con
meccanismi che garantiscano per i docenti rappresentanze di aree
disciplinari e per gli studenti pluralismo tra liste; affidare a una
nuova figura di Direttore Generale o Segretario Generale la
responsabilità di gestire e controllare le risorse e l’organizzazione
dell’ateneo sulla base delle indicazioni strategiche del Rettore e del
Consiglio. Il Direttore Generale (un manager, non un professore) sarà
nominato dal Consiglio su proposta del Rettore e parteciperà con voto
consultivo sia alle sedute del Consiglio che quelle del Senato. Sarà
anche responsabile della selezione e gestione del personale
tecnico-amministrativo: per nuove assunzioni e per nomine dirigenziali
dovrà avere l’approvazione del Consiglio; riservare al Consiglio di
Ateneo le funzioni che richiedono unitarietà di impostazione per il
conseguimento degli obiettivi strategici dell’istituzione, segnatamente
la gestione dell’organico docente; delegificare la strutturazione
interna degli atenei (facoltà, corsi di studio, dipartimenti), la cui
definizione va affidata agli Statuti nel rispetto di alcuni criteri
generali; affidare quanto non è di pertinenza dell’intero ateneo alla
struttura più vicina ai docenti e agli studenti direttamente
interessati, a cominciare dall’incardinamento dei docenti nel
dipartimento dove si svolge la loro ricerca”. Praticamente a parte il
fatto che nella legge resta il nome Consiglio di Amministrazione in
luogo del Consiglio di Ateneo e che si ha qualche unità in più o in
meno riguardo la composizione quantitativa degli organi di Ateneo, per
la governance di ateneo la proposta di TreeLLLe e la riforma GeLLLmini
sono pressocchè praticamente sovrapponibili. Vieppiù con la
soppressione delle facoltà si recepisce a pieno l’incardinamento dei
docenti nei dipartimenti, che, tra l’altro, non prevederanno
rappresentanza di studenti entro l’organo di governo del dipartimento
medesimo. Desta anche perplessità il fatto che sia un organo
amministrativo come il CdA a dover stabilire le scelte didattiche come
“la competenza di deliberare l’attivazione o la soppressione di corsi e
delle sedi dove in cui essi saranno svolti”. L’organo che riceve il
ridimensionamento maggiore è il Senato Accademico che diviene
pressappoco una struttura consultiva, perdendo la sua valenza di
principale organo decisionale dell’ateneo. L’abnorme potere esercitato
dal CdA e la presenza di rappresentanti di interessi privati al suo
interno, la riduzione delle rappresentanze studentesche, la totale
esclusione delle rappresentanze dei ricercatori e del personale
tecnico-amministrativo nel CdA, l’estinzione delle facoltà (con annesso
Consiglio) a vantaggio dell’istituzione di dipartimenti
pluridisciplinari, renderanno le università simili ad aziende private,
che risponderanno più a logiche di mercato che a quelle della qualità
della formazione. Questa logica aberrante che prevede l’assimilabilità
dell’università ad un’azienda va combattuta con veemenza, perché mina
la funzione pubblica che l’università deve avere. La riforma di un
settore strategico come l’università non può e non deve essere
assoggettata a mere esigenze economiche o di profitto, ponendo come
criterio di valutazione il solo bilancio.
IL CASO E-CAMPUS E LA VENDITA DELLA CULTURA
Per concludere voglio ricordare tra i tanti obbrobri contenuti nella
riforma Gelmini la presenza di una norma che consente alle università
telematiche di diventare normali atenei non statali. Per esempio
l’E-Campus di Francesco Polidori potrebbe essere equiparato ad una
università non statale. “Mister Cepu”, grande amico e supporter del
premier, tanto da mettere il suo network a disposizione di Berlusconi
per raccogliere consenso, potrebbe trarre gran beneficio da questa
possibilità. A futura memoria riporto le dichiarazione di Francesco
Polidori a La Stampa “Noi vendiamo formazione, dai corsi di recupero,
all’inglese, all’università. Loro vendono politica. Ma in fondo il
metodo non cambia e per me è un’occasione di business come le altre”. E
proprio questo appare il triste ed ineluttabile destino dell’università
in Italia: un’occasione di business per amici dei potenti, grandi
investitori (industriali, banchieri …) e lobbies trasversali.
(da
http://percorsopergatti.blogspot.com/2010/12/da-dove-viene-la-riforma-gelllmini.html)
redazione@aetnanet.org
|
|