Lamento della collega innamorata ancora di una scuola ingrata.
Data: Venerdì, 03 dicembre 2010 ore 22:10:28 CET
Argomento: Opinioni


Mi piace pubblicare la lettera che la mia vecchia, ma  solo per antica amicizia, collega mi ha inviato in un momento speciale, com’è questo tempo di sciagurate scelte, della sua vita professionale. Sicuramente riflessioni simili faranno tanti altri insegnanti che pur amando la scuola e il loro lavoro non trovano l’attesa corrispondenza di stima e di riconoscimento.  p.a.

Ciao Mimmo, spero tu stia bene, io posso esprimerti solo la mia rabbia, perchè non riesco a condividere più nulla di quello che è la nostra realtà. Tu lo sai che io amo il mio lavoro e ritengo che essere insegnante sia il lavoro più bello del mondo. Certo, solo se ci credi ed in particolare se ami l'allievo che hai davanti. Già all'inizio quando lo conosci e comprendi le potenzialità, ti entusiasmi perchè cominci a lottare, anche contro l'alunno stesso, pur di fare emergere quel potenziale latente che c'è in lui. Alla fine, talvolta riesci benissimo, talvolta meno bene, ma l'opera è compiuta.
Questo è l'unico regalo, la nostra piccola opera, modesto contributo che abbiamo dato all'allievo e alla società. Spesso sentiamo la riconoscenza nell'allievo per il nostro operato, ma mai dalla società. Essa è ingrata verso tutti, infatti egoisticamente e presuntuosamente tutti pensiamo che ci siamo fatti da soli e sottovalutiamo il piccolo apporto di ogni insegnante, padre, madre, amica che senz'altro hanno contribuito alla nostra formazione.
Ma ciò che veramente fa male è sentire l'avversione della società e dello Stato che dovrebbero tutelarci, difendere, riconoscere la validità del nostro lavoro, anzichè desiderare il nostro totale annientamento perchè  “noi non produciamo ricchezza”.
Non hanno capito niente! Noi produciamo la reale ricchezza di uno stato, noi formiamo menti capaci di pensare ed agire ed anche di programmare l'evoluzione delle future generazioni.
Abbiamo dunque grandi responsabilità, almeno chi ci crede, che ovviamente non ci vengono riconosciute. Infatti si permettono illegittimamente di non fare rispettare, alle scuole di ogni ordine e grado, la continuità didattica, di “accozzare” un numero elevato di ragazzi, anche disabili, tanto ci sono le insegnanti di sostegno, solo per nove ore.
E poi come fai a spiegare le concezioni di Leopardi, se quel ragazzino con una programmazione differenziata è talmente insofferente che non riesce a stare nemmeno in classe?
Veramente la crisi esistenziale di Leopardi la provi sulla tua pelle e la leggi sui volti dei giovani che ti stanno davanti e ti chiedono impietosamente : “ma tutto questo a che serve, se non c'è programmato per noi giovani nessun domani? “
Ciao Mimmo, goditi la tua pensione, perchè per noi, anche questa speranza, sta diventando una chimera


Caterina Ciraulo
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