Proteste studenti, Wu Ming: “Senza una nuova narrazione ogni battaglia è persa”
Data: Lunedì, 29 novembre 2010 ore 10:00:00 CET Argomento: Rassegna stampa
Mercoledì 24
novembre gli studenti in lotta contro la riforma dell’Università hanno
assaltato la sede del Senato. Mentre in tutta Italia i ricercatori
salivano sui tetti, gli universitari preparavano l’occupazione dei
monumenti italiani, negli atenei dilagava la protesta; a Roma, contro i
portoni del Senato, gli studenti spingevano scudi di polistirolo con
sopra i titoli e gli autori di alcuni grandi classici della
letteratura: Elsa Morante, Petronio, Henry Miller, Cervantes, Platone,
Luther Blisset. Di tutti questi blasonati maestri del pensiero, gli
unici ancora viventi (e soprattutto ancora molto vitali) sono il
collettivo Wu Ming (che in cinese mandarino significa senza nome) che
nel 1999, con il vecchio pseudonimo collettivo Luther Blisset, aveva
scritto il romanzo storico “Q” (pubblicato da Einaudi e tradotto in ben
14 lingue).
“Our novel Q clashes with the Italian pollice”, “il nostro libro Q si è
scontrato con la polizia italiana”: questo il messaggio lanciato in
quelle ore su Twitter dagli autori.
I Wu Ming sono un gruppo di scrittori da sempre attenti ai movimenti
sociali e alla politica “dal basso”. A partire dalle proteste contro la
globalizzazione che ebbero il loro battesimo mondiale a Seattle nel
1999 e il loro parziale epilogo nei drammatici giorni del G 8 di Genova
nel 2001.
In questo colloquio i Wu Ming riflettono sulle le lotte che si sono
intensificate negli ultimi giorni, e dicono: “serve un nuovo racconto.
Senza le narrazioni da scambiarsi di sera intorno al fuoco, ogni
guerriglia nel deserto è destinata alla sconfitta”.
Gli studenti davanti al Senato si sono fatti fisicamente scudo con
alcuni mostri sacri della letteratura e con la Costituzione. I libri
contro i portoni delle istituzioni. Wu Ming come interpreta questi
simboli contrapposti?
E’ interessante vedere quali classici gli studenti abbiano scelto di
portare sugli scudi. Diamo un’occhiata alla testa del corteo.
Il
Decameron di Boccaccio, cioè: storie da raccontare in attesa che
termini la pestilenza.
Il sole nudo di Asimov, cioè la descrizione di
un mondo in cui non esiste più contatto umano.
Moby Dick di Melville,
cioè il racconto epico di un’ossessione.
Don Chisciotte di Cervantes,
la storia di un uomo dall’animo nobile e fiero, che però è condizionato
da un’ideologia ormai fuori corso, quella cavalleresca.
Il Satyricon
di Petronio, cioè la sapida descrizione del potere crapulone e
decadente.
Tropico del cancro di Miller, cioè l’autofiction, la
scandalosa commistione di invenzione e dato biografico.
Il Che fare?
di Lenin, cioè il problema dell’organizzazione.
Mille piani di Deleuze
e Guattari, cioè il tema del nomadismo, della macchina da guerra
nomade. Proviamo a riassumere?
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