Nuovi prof a scuola. Indisciplinata una classe su due. L’80% non si sente stimato dai genitori
Data: Martedì, 23 novembre 2010 ore 14:15:00 CET Argomento: Rassegna stampa
Assunti,
finalmente. Con quel contratto a tempo indeterminato in tasca che li
salva dalla roulette delle supplenze e dall’ansia per le graduatorie.
Uno se li aspetterebbe carichi di entusiasmo, almeno fiduciosi, come
minimo sereni. E invece i nuovi insegnanti d’Italia giocano già in
difesa, avvertono un senso di isolamento, addirittura di arroccamento.
Al punto che la Fondazione Giovanni Agnelli ha scelto un titolo western
per lo studio che ne spiega le sensazioni: «Neoassunti a Fort Alamo».
È il terzo anno che la fondazione «interroga» gli insegnanti che
hanno appena terminato il primo anno in cattedra dopo l’immissione in
ruolo. Grazie alla collaborazione con gli uffici regionali, hanno
risposto in 7.700, dagli asili ai licei, il 96% in dodici regioni. Un
lavorone ma pagina dopo pagina non c’è nemmeno una risposta che indichi
un miglioramento.
Rispetto ai loro colleghi entrati in ruolo negli anni precedenti, i
neoassunti 2010 faticano di più a mantenere la disciplina: lo ammettono
i professori delle superiori (il 53,1% contro il 32,2% di due anni fa)
e anche quelli degli asili, raddoppiati in due anni e arrivati al
48,6%. Moltiplicati per due pure gli insegnanti che non riescono a
spingere i ragazzi a studiare: in due anni siamo passati alle
elementari dal 20,5 al 42,4%, alle medie dal 36,2 al 53,4%. Se poi si
chiede qual è la causa di questi guai, sembra di sentire una sola voce:
tre insegnanti su quattro dicono che la colpa è tutta dello scarso
interesse dei ragazzi per lo studio e dell’ancor più scarso valore che
le famiglie danno al successo scolastico. Sul ruolo dei genitori il
giudizio è davvero severissimo. Quattro insegnanti su cinque dicono che
è diminuita la stima e la fiducia dei genitori. E praticamente tutti,
si oscilla tra il 96 al 98% a seconda delle regioni, dicono che mamma e
papà sono più interessati a proteggere i figli piuttosto che a sapere
come vanno a scuola. «Chiedono di non farli lavorare troppo —
sintetizza il direttore della fondazione Agnelli, Andrea Gavosto —, di
non dare troppi compiti d’estate o nel fine settimana. Ma per il
resto...». Insomma, baby sitter e distributori di pezzi di carta più
che insegnanti. In queste condizioni non è certo facile trovare
l’entusiasmo necessario.
Anche perché quelli della scuola sono neoassunti molto particolari. Al
momento del passaggio di ruolo in media hanno già lavorato nelle scuole
per 10 anni. Naturalmente da precari, un percorso non sempre formativo
ed una vera tortura sul piano umano. C’è il rischio che in alcuni casi,
una volta assunto e finito il calvario, l’insegnante possa tirare i
remi in barca? «A volte succede» dice Laura Gianferrari, curatrice
della ricerca insieme a Stefano Molina e dirigente dell’ufficio
scolastico dell’Emilia Romagna. Secondo lei, però, il vero problema è
un altro: «Ormai i ragazzi apprendono seguendo le modalità del pensiero
veloce usato con il computer mentre gli insegnanti hanno sempre la
stessa cassetta degli attrezzi di una volta: spiegazione,
interrogazione, compito in classe...». Così i ragazzi smanettano con il
cellulare sotto il banco. E i professori si chiudono a Fort Alamo
(da Corriere della sera di Lorenzo Salvia)
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