Beatrice allegoria della Teologia e figura chiave dell'intera opera di Dante
Data: Domenica, 07 novembre 2010 ore 19:35:00 CET Argomento: Redazione
Plagiando il titolo di un’opera teologica di Bonaventura da Bagnoregio,
la Divina Commedia è soprattutto un Itinerarium mentis in Deum.
Nel primo canto che è introduttivo al poema dantesco (Inf. I, 121-123)
Virgilio allude a Beatrice implicitamente; esplicitamente lo spiega
nella narrazione del canto II dell’Inf. 52-142, quando fa sapere che -
per soccorrere lo smarrito Dante – si sono “scomodate” dal Paradiso tre
donne: la Madonna, Santa Lucia e Beatrice.
Questa è musa ispiratrice. Viene da Dante definita, nel sonetto "Tanto
gentile e tanto onesta pare", in un modo straordinario, cioè come una
"cosa venuta / di cielo in terra a miracol mostrare". "Cosa" è il
termine dell'indefinibile: una donna realmente vissuta? una
creatura celeste? o una allegoria? un riflesso dell'ansia di
ascesa spirituale e di purificazione del poeta?
Qualunque sia la risposta a questa querelle rimane certo che i grandi
scrittori attraverso la letteratura rendono immortali i loro personaggi
facendole diventare persone. Ha ragione Pirandello: è l’autore che crea
e dà la vita ai suoi sei personaggi, solo se lo vuole. La fantasia
letteraria supera la realtà. Don Abbondio, mai esistito, è più reale
del Cardinale Borromeo; Ulisse, frutto di racconti popolari,
sfida ancora le sirene dello stretto di Messina più dei traghetti.
In tutte le opere di Dante Alighieri, dalle rime giovanili alla Divina
Commedia, la figura di Beatrice occupa una posizione di netto rilievo.
La sua figura è ancora, in parte, avvolta nel mistero. Beatrice è per
Dante=uomo uno stimolo per l'introspezione spirituale e per Dante=poeta
fonte di ispirazione letteraria.
Beatrice è con Dante in un rapporto molto più intimo e profondo di
tutti gli altri personaggi della Divina Commedia, dello stesso
Virgilio. Per questo bisogna accostarsi a lei con molta delicatezza: la
sua identità è una delle più difficili da codificare, poiché appartiene
al mondo interiore, dove convivono conscio e subconscio, mente anima e
spirito. Beatrice apre e chiude tutto il cammino di Dante uomo e poeta,
fino ad essere la guida nel regno della beatitudine celeste. Non
solo donna angelo che conduce a Dio, ma strumento indispensabile per
raggiungere il traguardo dell’itinerario della Divina Commedia cioè la
Verità che è Dio stesso. “La verità vi farà liberi” (Gv (,3). Dante poi
sarà ammesso all’estasi mistica della Trinità per intercessione e la
preghiera di San Bernardo, teologo mariano, Vergine madre… (Ultimo
canto del Paradiso e della Commedia).
Essa, per Dante, non è solo la “tentazione” dolcestilnovistica,
l’incarnazione dell’amore angelicale della Vita nuova, ma apparendo nel
paradiso terrestre in uno splendore di gloria si sostituisce alla guida
razionale (Virgilio) perché la strada per il Paradiso ha bisogno della
Teologia, di cui Beatrice è figura e allegoria perfetta.
Beatrice nel vedere Dante (Purg. XXX, 54-144) si mostra nei suoi
confronti severa e premurosa come una madre nell’intento di condurre
definitivamente alla salvezza il suo protetto, ricordandogli i
trascorsi non proprio edificanti e il suo intervento salvifico.
Lei ricorda la sua discesa al Limbo (Anti-Inferno) per invitare
Virgilio a raggiungere Dante nella Selva oscura (Inf. I:
Vera introduzione a tutta la Commedia).
Quale significato ha la sparizione di Virgilio alla sommità del
Purgatorio, già paradiso terrestre, in coincidenza con l’apparizione di
Beatrice? Semplicemente la Ragione umana (Virgilio) che cede il passo
alla Teologia (Beatrice, che farà da Cicerone della terza cantica).
Virgilio è da tempo silenzioso e qui addirittura si licenza dal poema;
Dante vorrebbe parlare, ma la scoperta della sparizione del maestro lo
ammutolisce: parla invece Beatrice.
Il verso 55 di Purg. XXX inizia con “Dante”, un unicum in tutto il
poema. E’ Beatrice=Teologia che interpella il discepolo e lo invita ad
andare oltre gli insegnamenti di Virgilio=Ragione e non guardare più
indietro né piangere, ma puntare gli occhi in Lei. Il cammino verso Dio
ha bisogno di una “Trasumanazione”.
Dopo aver condotto Dante nell’Empireo, Beatrice torna al suo posto
nella candida rosa composta dalla moltitudine delle “bianche stole” dei
santi e dai loro corpi luminosi. Dante si volge verso Beatrice per
avere dei chiarimenti, ma al suo posto trova san Bernardo di
Chiaravalle, un mistico cantore del culto della Madonna, che aiuta
Dante a compiere l’ultimo tratto del suo viaggio, poiché per
contemplare pienamente Dio non basta più la scienza teologica, cioè
Beatrice, ma servono ardor e contemplativo e la grazia della Vergine Da
studiosi della teologia diventare “mistici”). San Bernardo mostrerà a
Dante la “sua” Beatrice, seduta tra i santi nella candida rosa.
La Filosofia è scienza che ricerca la verità sulla base della sola
ragione umana. La Teologia è scienza legata alla religione, e ricerca
la verità rivelata da Dio. La Teologia si basa sulla fede. Anche se
alcuni problemi da risolvere sono comuni il metodo, il cammino è assai
diverso. Dove Virgilio era guida sicura, Beatrice era assente. Quando
la ragione è impotente subentra Beatrice che incarna il sapere
teologico.
Tanti sono i lettori, i cultori, gli esegeti dell’Inferno dantesco.
Meno sono quelli che si inerpicano per la montagna del Purgatorio che
sa di ascesa monacale, di esercizi spirituali, di triduo pasquale. Per
affrontare il Paradiso dantesco poi è necessario un corso di Teologia
tomista e l’ascesi mistica tipica dei monaci orientali.
Per questo mancano le guide valide alla comprensione dell’Ultimo del
Paradiso.
Benigni riesce dove noi docenti non abbiamo voce. Ce ne fossero come
Roberto !
Giovanni Sicali giovannisicali@gmail.com
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