AAA Dirigenti cercasi. Sono 3500 secondo gli ottimisti, 2871 secondo la ministra Gelmini, 145 secondo la Questura.
Data: Domenica, 07 novembre 2010 ore 08:40:38 CET
Argomento: Rassegna stampa


Si tratta dei posti messi a concorso con il regolamento del 2008 riguardanti i dirigenti scolastici.
Incredibile, ma vero, i dati sono tutti esatti. Ha ragione la Questura: quando il regolamento fu emanato i posti messi a concorso erano 145, poi i vecchi dirigenti andavano in pensione, venivano chiamati altrove, scappavano da una scuola che diventava sempre più burocratizzata, scappano ancora dall’autonomia da quando hanno capito che l’autonomia concessa alle scuole con la legge 59/97 e il Dpr 275/99 non era autonomia del dirigente, ma autonomia della scuola. Altro fattore di fuga è costituto dall’età dei dirigenti che avevano fatto il precedente concorso: al limite del morbo di Alzheimer.
Altro fattore ancora: le famose “reggenze” che fino a non molto tempo fa i dirigenti scolastici (direttori, perché il fenomeno ha riguardato e riguarda la scuola elementare) si disputavano perché ogni reggenza dava diritto a 700 euro al mese in più, non attirano più: troppi rischi, troppa poca fiducia nel vicario, troppa distanza. E così i posti- a due anni dall’emanazione del Regolamento che avrebbe dovuto precedere di pochi mesi il vero e proprio bando- sono lievitati e continuano a lievitare. La stessa ministra ha ammesso, qualche mese fa, che i posti sono 2871, non uno di più non uno di meno. Ma la scuola non è un treno che sta fermo, non è separata dalla vita. Panta rei. Tutto scorre. E i dirigenti continuano a migrare verso il luogo sicuro della pensione che li salva dai continui cambiamenti, dalle continue innovazioni che sono in realtà delle restaurazioni (che fine ha fatto il tutor? E il maestro prevalente? E la scuola delle tre I- impresa, inglese, informatica- ? e la scuola che deve preparare l’uomo e il cittadino in una prospettiva non solo europea, ma secondo quell’”identità terrestre” di cui parla Edgard Morin il più copiato dai pedagogisti nostrani?) che non hanno fatto fermare la scuola al palo, ma l’hanno rimandata ai tempi fascisti di Gentile che voleva dividere (e ci era riuscito) la classe dirigente da coloro che “erano nati alla zappa e alla vanga”.
Aveva cominciato la Moratti, di buona famiglia, forse pure interista per parte di cognato.Già perché il nome vero dell’ex ministra e attuale spada di Damocle dei milanesi, è Brachetto. Ma ve li immaginate una Riforma Brachetto? Nessuno l’avrebbe presa sul serio. Ma a dimostrazione che gli insegnanti sono migliori della scuola in cui sono costretti ad abitare, neppure la Moratti ebbe successo. Il sui tutor fu un flop: gli insegnanti milanesi per primi non sopportavano l’idea che uno di loro- il più gradito al dirigente e meno innovatore- fosse una sorta di primus inter pares che senza titoli comandasse a chi sapeva tenere una classe e faceva pure bene il proprio lavoro: fu inventito il “tutoraggio diffuso” e le funzioni attribuite al tutor si divisero equamente tra i pares, senza primus.
E vi ricordate la personalizzazione? La Moratti si mise nelle mani di Bertagna il quale- seppur allievo di Franco Frabboni- voleva superare il maestro. Mentre prima si parlava di individualizzazione dell’insegnamento, Frabboni mise in campo la PERSONALIZZAZIONE.
Chi scrive voleva sapere- durante un Convegno alla Rinnovata di Milano- in che cosa differisse dalla individualizzazione. E il Bertagna, pedagogista se non di stato, sicuramente governativo, rispose in un modo. Alle contestazioni del sottoscritto, Bertagna cambiò versione. E molte versioni avrebbe cambiato ancora e ancora, contribuendo a fare confusione laddove c’era bisogno di chiarezza, visto che le riforme della scuola nel nostro paese non si fanno né contro gli insegnanti né a loro favore: si fanno semplicemente SOPRA la le loro teste, dimenticando che poi a insegnare sono proprio gli insegnanti. Il ragionamento era molto semplice. Bertagna sosteneva che la personalizzazione teneva conto delle tendenze, attitudini, inclinazioni di ciascuna persona. La contestazione era altrettanto semplice: se per personalizzazione si intende una particolare attenzione all’integrità di un individuo che , oltre ad essere discente, è anche spirito, afflato più o meno mistico o spirituale si poteva essere d’accordo. Ma Bertagna rispondeva che non era questo, che tutti noi non avevamo capito. Era altra cosa. E allora la contestazione chi aveva vissuto “sul campo” assumeva la forma del self service, una metafora non gradita ai signori del potere abituati a mangiare in ristoranti slow food e che mai erano stati in una refezione scolastica. La personalizzazione doveva essere un self service dove ciascuno andava a servirsi da solo della pietanza desiderata. Sui tavoli del self service c’era di tutto: spaghetti all’amatriciana, pane e cipolla, ostriche e champagne. Moratti e Bertagna potevano star sicuri che il figlio del cassintegrato mai avrebbe scelto le ostriche e lo champagne: si sarebbe accontentato di quello che conosceva.
Così le classi inferiori mai avrebbero assaggiato un cibo che non conoscevano: sapevano- i riformisti- che gli operai non possono permettersi di scambiare la realtà con i propri desideri.
Da quando è arrivata la nuova ministra, la minestra non è cambiata. Stesso classismo, stessa mancata attenzione ai disabili, il mito craxiano del rampante è ritornato in auge: impresa, inglese, informatica: domani tutti confindustriali. Lo stesso dirigente deve essere un manager. Il manager di un’azienda che si chiama scuola. Ma si dimentica che se l’azienda ha un prezzo, la scuola ha un valore. All’azienda interessa il profitto, alla scuola il processo. Non è misurabile in termini monetari la qualità del processo che non è indifferente dal prodotto: se educo alla democrazia a suon di sberle e con stile autoritario, il prodotto è accettabile, il processo è inammissibile. Oltre al bando circola una bozza, giudicata molto attendibile. Precisa le modalità di reclutamento. Nel Regolamento all’art. 8 viene definita la prova concorsuale. Recita: “ Il concorso si articola in:
1. due prove scritta e una orale
2. valutazione dei titoli
3. approvazione delle graduatorie
4. svolgimento di un periodo obbligatorio di formazione e tirocinio.
Prova preselettiva: La procedura di preselezione prevede il superamento di una prova oggettiva a carattere culturale e professionale. La prova consiste in un congruo numero di quesiti (la bozza precisa: 100 di cui se ne devono “indovinare” almeno 80) diretti all’accertamento delle conoscenze di base per l’espletamento della funzione dirigenziale in relazione alle tematiche di cui all’art. 10, comma I (le due prove scritte accertano la preparazione del candidato sia sotto il profilo teorico sia sotto quello operativo, in relazione alla funzione di dirigente scolastico. La prima prova scritta consiste nello svolgimento di un elaborato su tematiche relative ai sistemi formativi e agli ordinamenti degli studi in Italia e nei paesi dell’UE, alle modalità di conduzione delle organizzazioni complesse, oltre che alle specifiche aree giurico-amministrativa-finanziaria, socio-psicopedagogica, organizzativa, relazionale e comunicativa. La seconda prova scritta consiste nella risoluzione di un caso relativo alla gestione dell’istituzione scolastica con particolare riferimento alle strategie di direzione in rapporto alle esigenze formative del territorio. La prova orale consiste in un colloquio interdisciplinare…Superano la prova orale coloro che ottengono un punteggio non inferiore a 21/30).
C’è del bello e c’è del nuovo: ma ciò che è bello non è nuovo e ciò che è nuovo non è bello.
A partire dai test. L’Italia, grazie anche ai preparatori delle prove e agli Istituti di ricerca- ricordate gli IRSACCHIOTTI (quelli, preparatissimi degli Irsae, tanto preparati e utili da essere soppressi, senza danno alcuno per i poveri orsacchiotti) è diventata un ricettacolo di rifiuti. La monnezza non è un problema solo di Napoli. E’ un problema generale visto che in Italia si cambia tutto per non cambiare niente. I saggi vicino al Ministero sono sempre gli stessi, a prescindere da chi presiede il Ministero della P. I. Si ha l’impressione che i test, rifiutati dagli Americani (che ora usano ben altri metodi di selezione) siano passati a noi. Il piano Marshal e i pacchi pieni di vestiti smessi dagli americani, li indossiamo noi. I test prove oggettive? Ma va! Qui va a finire che il concorso- ancora atteso malgrado l’urgenza- sarà oggetto di 20.000 ricorsi. Come il passato Concorso siciliano in cui il Tar ha dato ragione ai ricorrenti e i vincitori avrebbero dovuto rifare il concorso.
A qualcuno interessa l’articolo?
Ne riparleremo.
( di Vito Piazza da Flc-Cgil)

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