
Valutazione Invalsi: piace ai presidi la proposta della Gelmini
Data: Mercoledì, 27 ottobre 2010 ore 12:30:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Sì alla
diffusione massiccia nelle classi dei test di valutazione Invalsi e
alla pubblicazione dei risultati ottenuti dagli studenti, purché non si
espongano i singoli voti ma i miglioramenti progressivi ottenuti dalle
scuole. I presidi aprono alla proposta lanciata ieri dal ministro
Mariastella Gelmini dalle pagine del “Messaggero”. Nella scuola c’è
voglia di valutazione e di confronto. «Sono anni che aspettiamo
provvedimenti di questo tipo- sottolinea Mario Rusconi, dirigente del
liceo Newton di Roma, nonché vice presidente dell’Anp, l’associazione
nazionale di categoria-. La scuole vogliono potersi confrontare, anche
perché spesso un otto preso in un istituto non è uguale a quello preso
in un altro. Così è anche per i cento della maturità. Vogliamo poter
contare su criteri standard di valutazione anche per mettere fine al
caos dei giudizi dei singoli docenti che non sempre sono confrontabili
fra loro».
Anche da un altro storico liceo romano, il Giulio Cesare, arriva
l’appoggio alle proposte del ministro, ma con qualche avvertimento.
«L’idea mi trova d’accordo- conferma la preside Micaela Ricciardi-. Ma
la competizione che si deve creare fra le scuole deve essere virtuosa e
non sfrenata». Secondo la dirigente «la valutazione esterna deve
servire anche per avvalorare quella interna fatta dai docenti e per
rafforzarla, ma il rischio è che se non si parte con regole certe e una
buona comunicazione dei nuovi sistemi si arrivi ad una valutazione
fiscale. La diffusione dei test- continua la dirigente- dovrà servire
soprattutto per spingere le scuole ad auto-valutarsi e a migliorare. La
loro pubblicazione, invece, non dovrà servire a penalizzare le scuole
più in difficoltà, ma, semmai, ad aiutarle. E comunque andranno
pubblicati i risultati di ‘sistema’, quelli di istituto, e non dei
singoli alunni o classi perché quello non aiuterebbe nessuno, anzi si
direzionerebbe in modo violento l’utenza negli istituti e nelle classi
che apparentemente fanno meglio».
Anche più a Sud, a Brindisi, Salvatore Giuliano, il preside
dell’istituto Majorana, quello dove i professori scrivono i libri per
gli studenti, invoca la valutazione: «Sarebbe ora- dice-. Io voglio che
mi dicano se lavoro bene o male. E dico di più: chi lavora male
dovrebbe essere cacciato, preside o professore che sia». Anche il
potenziamento del corpo degli ispettori prospettato dal ministro che
ieri, alla Camera dei deputati, ha parlato di un concorso «per
assumerne 140», raccoglie il sì dei dirigenti.
Ma su queste novità si spaccano gli esperti. Per il pedagogista
Benedetto Vertecchi «sono anni che si lanciano slogan senza arrivare
mai ad un punto anche perché c’è un dato di fondo che rende impossibile
realizzare, ad oggi, certi progetti: la mancanza di risorse. L’Invalsi,
l’istituto che fa la valutazione, è debole: ha poco personale e ha
carenza di fondi. E per rendere obiettivi dei risultati di valutazione
bisogna lavorare sui grandi numeri. E comunque i test sono solo un
pezzo della valutazione, bisogna fare anche molta ricerca».
Più ottimista Luisa Ribolzi, professore di sociologia dell’educazione
all’università di Genova: «Bisogna cominciare ad identificare le scuole
che hanno più successo- dice- e quelle che necessitano di aiuto, che
sono più deboli. I test possono servire anche per far emergere queste
necessità e a venire incontro ha chi è in difficoltà. Quanto alla loro
pubblicazione, è necessaria, ma va comunicata bene ai docenti perché se
le classifiche piacciono tanto ai genitori i professori le temono».(di
Alessandra Migliozzi da Il Messaggero)
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